categoria: Draghi e gnomi
Banche e fintech, alleanze strategiche e ricadute sul private banking
Post di Cristiano Busnardo, amministratore delegato di ClubDealOnline –
Il settore bancario sta affrontando una fase di profonda trasformazione, dovuta sia alle modifiche regolamentari (introduzione della direttiva PSD2) che al mutamento del contesto competitivo per via dell’ingresso di nuovi player non bancari, della nascita di ecosistemi alternativi al mondo bancario (criptovalute e blockchain) e dell’affermarsi delle fintech, che stanno ponendo le banche di fronte a nuove sfide strategiche riguardo ai servizi offerti e alle modalità di approccio ai clienti.
Le aziende fintech, grazie a tecnologie a supporto dell’innovazione finanziaria in grado di creare nuovi modelli di business, prodotti o processi, offrono servizi alternativi rispetto a quelli tradizionalmente proposti dalle banche e rispondono a una crescente domanda di servizi digitali da parte dei clienti, generando effetti disruptive su mercati e operatori – e catturando nuovi e consistenti flussi di redditività dal settore bancario.
In Italia operano oltre 3.000 player fintech che agiscono sia come fornitori sia come veri e propri competitor delle banche tradizionali, proponendo servizi legati soprattutto alla gestione dei conti correnti, ai pagamenti digitali, agli investimenti e alle soluzioni assicurative. Queste società stanno via via assumendo un ruolo sempre maggiore di sperimentatori di tecnologie che migliorano l’efficienza dei processi produttivi, la soddisfazione dei clienti e contribuiscono all’innovazione dell’intero sistema finanziario.
L’affermazione del fintech si inserisce nel generale processo di “unbundling”, ovvero di disintermediazione del settore bancario, favorito dall’entrata di nuovi operatori che stanno attaccando i servizi finanziari di base, e costituisce una sfida significativa per le banche tradizionali che si vedono costrette a ripensare completamente il proprio business model.
In questo contesto, se da un lato le banche mantengono un vantaggio competitivo in termini di competenze, conoscenza del mercato e rapporto fiduciario con i clienti, dall’altro possono trarre beneficio dalla flessibilità organizzativa e dell’agilità delle fintech, riducendo il time-to-market e i costi di rilascio con un conseguente incremento della redditività. Per competere con la rapidità di crescita dei nuovi player, le banche tradizionali devono pertanto guardare al modello di business delle fintech per accogliere e promuovere l’innovazione attraverso alleanze strategiche e per esplorare le opportunità offerte dalle tecnologie digitali.
A livello nazionale, dal 2012 a oggi, si contano già oltre 400 accordi tra le maggiori banche e operatori fintech, realizzati con differenti modalità: investimenti, partnership, acquisizioni strategiche, creazione di acceleratori e incubatori.
Le opportunità offerte da questa tipologia di alleanze strategiche si possono estendere anche al Private Banking, settore che sta affrontando due grosse sfide. Da un lato, alla crescente domanda di servizi digitali da parte dei clienti non corrisponde un’adeguata risposta degli operatori; dall’altro la riduzione dei margini di intermediazione per depositi e prodotti di investimento sta portando gli operatori a riconfigurare i propri modelli operativi e di servizio, offrendo servizi esclusivi a più alto valore aggiunto e marginalità, come club deal e private equity.
Per questo settore sarebbe vitale cogliere ora l’opportunità di integrare allo stesso tempo le innumerevoli possibilità offerte dalle fintech e maggiori competenze in ambito private markets, allo scopo di variare la propria offerta e recuperare efficienza e marginalità.