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I turisti sono pochi, ma ancora non li contiamo bene
L’autore di questo post è Luca Martucci, consulente ed esperto di marketing di destinazione –
In questi mesi ci siamo abituati alle previsioni più disparate da parte di uffici studi, associazioni di categoria, agenzie specializzate ed istituzioni varie. Difficile orientarsi tra sondaggi, spesso carenti di note metodologiche, analisi del sentiment o fritti misti basati sul disinvolto uso incrociato dei dati storici delle due statistiche ufficiali.
Più la previsione è castastrofica, e più trova il suo risalto mediatico. Non accade altrettanto per la pubblicazione dei consuntivi, seppure datati ed ancora provvisori, che questa volta hanno un motivo in più, e non da poco, per essere analizzati nel dettaglio.
Banca d’ Italia adesso usa i “Big Data”
L’ Istituto di Via Nazionale, puntuale come sempre, ha pubblicato qualche giorno fa i dati provvisori del primo semestre dell’anno orribile del turismo. L’ Italia avrebbe perso 18,1 milioni di turisti (-64% ) e 12,5 miliardi di euro (-67%), dei quali solo 3,6 nel mese di giugno. Il calo delle presenze è pari a 104 milioni ( -63%), dei quali 30 a giugno ( -71%).
Qualcuno si limita a dire “era già tutto previsto”, altri, forse, stanno facendo un confronto con le loro previsioni. Più che il drammatico risultato, che era scontato, la speranza era quella di vedere una discontinuità con il passato grazie ad un’importante novità.
A causa della pandemia è stata sospesa la ventennale indagine campionaria basata su interviste e conteggi alle frontiere. Banca d’ Italia già qualche mese aveva annunciato che “le stime relative a marzo e ai mesi successivi si basano su fonti alternative, principalmente dati di telefonia mobile”.
Nella breve guida alle statistiche pubblicata insieme ad Istat a giugno, lettura raccomandata non solo ai giovani studenti, ma anche a quei giornalisti che confondono arrivi con presenze, ci si limita però a dire che “sono stati attivati nuovi canali informativi, basati principalmente sui dati di telefonia mobile e, in minor misura, sulle transazioni con carte di credito e di debito”.
Di uso dei big data nel turismo se ne parla da almeno dieci anni, ma questa novità sembra ancora ignorata dal mainstream con l’eccezione di un articolo del Sole24Ore dall’eloquente titolo Come si misura il turismo nella Fase 2? dove però viene soltanto citata la guida e si auspica una pronta ripresa delle interviste alle frontiere.
Nel novembre scorso in questa nostra analisi dei dati di spesa degli stranieri in base alla motivazione del viaggio, ci chiedevamo cosa aspettasse ancora l’Italia per adottare nuovi canali e possibilmente sopperire così alle lacune della indagine campionaria, che costa a Banca d’ Italia quasi 5 milioni di euro per l’affidamento quadriennale a ditte specializzate.
Insomma quello che altre destinazioni fanno da tempo non per sostituire, ma per integrare le interviste campionarie , e che è stato sperimentato anche da alcune regioni italiane, è diventato realtà non per una scelta precisa, ma solo in conseguenza della pandemia.
La speranza di vedere un up-grading dell’output statistico, con particolare riferimento alla spesa dei turisti stranieri, al momento sembra del tutto disattesa. I dati sono ancora nel vecchio formato, e l’unica novità di rilievo è lo sdoganamento della Brexit con l’inclusione del Regno Unito tra i paesi non EU, che determina un sensibile impatto sui rispettivi pesi delle macro-aree di provenienza sul totale.
L’ Istituto di Via Nazionale aveva avvisato : “I dati diffusi non contengono tutti gli usuali dettagli informativi e potrebbero essere oggetto di revisioni, anche significative”. In effetti mancano le tradizionali informazioni, come motivo del viaggio o scelta della struttura ricettiva, ma anche i dati dei principali mercati di provenienza come in passato sono solo a livello trimestrale.
Sarebbe stato interessante vedere da dove sono arrivati questi quasi 2 milioni di turisti nel mese di giugno, il primo mese dell’alta stagione, nonché quello in cui sono state riaperte le frontiere. Considerate le differenze in termini di accessibilità, era ipotizzabile a rigor di logica una nuova composizione degli arrivi con un crollo più consistente dai mercati intercontinentali, rispetto a quello dai bacini europei di prossimità.
Non è così, visto che la stima trimestrale degli arrivi, dove quest’anno giugno rappresenta il 55% del totale (meno di 40 % il dato storico), mostra un calo degli arrivi maggiore dalla Germania o dall’Austria rispetto a quello dei turisti provenienti dall’Asia.
La sensazione è che non sia cambiato nulla e che architettura ed output delle statistiche siano ancora basati su conteggi e medie ponderate dei dati storici, più che sull’utilizzo di nuove fonti.
Anche il turismo degli italiani all’estero nel mese di giugno avrebbe subito la stessa flessione di quello incoming mantenendo lo stesso peso dello scorso anno sul totale dei flussi. In Italia si parla quasi esclusivamente di turismo in arrivo, mentre anche quello outgoing è importante, visto che l‘Italia è al decimo posto del ranking spesa UNWTO. ed ha altrettanto bisogno di essere sostenuto e rilanciato .
Non resta che sperare che Banca d’ Italia riveli maggiori informazioni a riguardo , quanto mai opportune non solo per gli obbiettivi in oggetto, ma anche in considerazione del contesto più generale e dei nuovi scenari per reti, banda larga, 5G e sistemi di pagamento alternativi.
Un cielo nuvoloso anche per l’ altra statistica ufficiale
Per ora i dati provvisori di ISTAT sono fermi a maggio. Nei primi cinque mesi le perdite sono pari a 73 milioni di presenze (-63 %) dei quali 43 dall’estero (-70 % ) e 30 dall’Italia (-56%).
Anche le statistiche ISTAT dovranno essere aggiornate, e non sarà facile. Come si legge nella guida sarà “necessario avviare un’indagine ad hoc per identificare le strutture ricettive non rispondenti, quelle chiuse nonché quelle operative ma per funzioni diverse dall’accoglimento dei turisti“.
Il fatto che i mesi di aprile e maggio mostrino un sensibile aumento della permanenza media, com rispettivamente 16 e 13 notti, è probabilmente imputabile proprio alle strutture operative ma non per turisti.
Oggi purtroppo sono pochi i turisti da contare, ma proprio per questo dovrebbe essere più facile farne una precisa radiografia. Sarebbe necessario più che mai uno sforzo coeso da parte di decisori politici ed istituzioni perché le statistiche, anche nel dramma dei risultati, fossero sempre più attendibili e soprattutto strumentali alle azioni da intraprendere per la migliore ripresa del settore.
Pare assurdo che ISTAT in una memoria di giugno per la proposta di legge sull’istituzione del Ministero del Turismo lamenti che “nonostante i ripetuti tentativi iniziati a partire dal 2015, ancora non riesce ad ottenere dal Ministero dell’Interno i dati delle comunicazioni giornaliere sugli alloggiati che le strutture ricettive devono obbligatoriamente trasmettere alle questure.
Nonostante i tanti buoni propositi enunciati in piani e convegni sembra ancora in salita la strada per comprendere meglio dinamiche e qualità dei flussi, ma anche per combattere l’abusivismo, regolare nuovi fenomeni come Airbnb o mettere ordine in classificazioni vetuste e poco rispondenti alla realtà sia per le strutture ricettive, che per le località.
Non si parla più del famoso nuovo software annunciato tre anni fa anche nel piano strategico nazionale, né del codice unico identificativo per gli esercizi ricettivi . Il Ministero insiste sul turismo domestico e sul Bonus Vacanze, senza prendere atto del suo acclarato e preannunciato fallimento. Si lanciano concorsi e premi per progetti creativi e visionari finalizzati allo sviluppo del turismo lento e dei borghi, che quest’anno sono andati bene grazie alle gite fuori porta, invece di preoccuparsi del turismo urbano (o delle città d’arte) che continua in grave sofferenza.
Più che occuparsi di cose noiose come statistiche o big data e risultati, sembra che al Collegio Romano preferiscano giocare con iniziative di comunicazione della serie “famolo strano“, come quella accompagnata dall’hashtag #1c0d1c1d3llab3ll3zza.