categoria: Draghi e gnomi
Banche e credito, dal Covid-19 una selezione darwiniana
Post di Luke Jonathan Brucato, sales and markets director presso Prelios, e Marco Giannantonio, senior vice president di Prelios [1] –
“Anche nel settore dell’intermediazione finanziaria la crisi sanitaria e le misure di contenimento hanno reso ancora più tangibili i vantaggi delle soluzioni digitali. Non potrà che derivarne un’accelerazione degli investimenti in nuove tecnologie”. Tale virgolettato non è del fondatore di una Fintech bensì del Governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco [2]. Ancora più esplicita il vice DG Alessandra Perrazzelli in una recente intervista: “Nel comparto si muovono soggetti diversi per propensione a investimento, prodotti, servizi. Emerge una polarizzazione di investimenti in Fintech su un numero limitato di soggetti e si nota una certa timidezza nell’affrontare la sfida”.
Del connubio fra settore bancario e tecnologia se ne parla da alcuni anni tuttavia il COVID-19 è stato un autentico tsunami che ha reindirizzato le priorità strategiche delle banche verso l’innovazione digitale, costringendole a concentrare in pochi mesi cambiamenti che, ancorché pianificati, sarebbero stati attuati in anni. Difficilmente poteva andare in modo diverso: le restrizioni del lockdown abbinate all’essenzialità dei servizi bancari (DPCM del 22/3, All. 1), hanno accelerato il passaggio delle banche dalla modalità analogica a quella digitale. In altri termini, il COVID 19 ha dato una significativa spinta all’evoluzione tecnologica della clientela che ha ridotto fortemente le visite agli sportelli e operato sempre più da remoto (e.g., internet banking, canali telefonici o video) per la quasi totalità dell’offerta. E visto lo scarso posizionamento dell’Italia in ambito digitale, ciò è solo un bene.
La tecnologia ha permesso alle banche di reggere l’urto e garantire continuità operativa nell’erogazione alla clientela di prodotti e servizi e nella gestione dell’organico mediante smart working diffuso. Nel post COVID-19 sarà caratterizzante accelerare sul fronte dell’innovazione tecnologica vista la portata dei mutamenti in atto che avranno impatti ben oltre l’emergenza, quali il social distancing nei rapporto interpersonali o le nuove esigenze immobiliari, ben spiegate da Giacomo Morri. Con un Paese fortemente bancocentrico, la transizione verso l’adozione di strumenti digitali anche nel mondo bancario non può che partire dal credito – cosiddetto digital lending – al fine di conseguire il più alto grado di automazione possibile, gestire la relazione con la clientela a distanza e assicurare la scalabilità operativa dei volumi. Sull’imprescindibilità di questo ultimo aspetto, basta considerare la sfida intrapresa nelle ultime settimane dal sistema bancario per la crescita esponenziale di moratorie e prestiti garantiti, come evidenziato nei giorni da Paolo Angelini di Banca d’Italia. I punti di intervento nel ciclo di vita del credito bancario sono molteplici tuttavia ad avviso di chi scrive due sono le direttrici strategiche per sfruttare al meglio le tecnologie digitali:
a) Riduzione manualità (e complessità) nei processi organizzativi: è fondamentale cercare un punto di equilibrio fra gestione tecnologica ed umana e di focalizzare la forza lavoro sulle attività ad alto valore aggiunto (in primis, gestione della clientela). Come fare ciò? Liberandolo da attività routinarie, automatizzabili e ad alto rischio di errore. Di seguito, alcuni spunti di riflessione in differenti fasi del processo: i) in sede di istruttoria, analisi e validazione della documentazione fornita dalla clientela tramite software intelligente – la cosiddetta Robotic Process Automation – , liberando le persone da attività fortemente manuali quali data collection e data entry; ii) in sede di delibera, motori che analizzino e deliberino in modo automatizzato le pratiche a basso rischio sfruttando intelligenza artificiale, big data e aggregatori (in tempi brevissimi) di dati da fonti diverse; iii) nell’ambito del monitoraggio dei collateral, controllo costante del valore delle garanzie immobiliari a mitigazione del rischio di credito sfruttando i nuovi modelli di valutazione automatizzata (c.d. Automated Valuation Model, AVM) permettendo al top management – CLO e CRO in primis – il pieno governo delle garanzie immobiliari sottostanti una primaria forma tecnica quale i mutui ipotecari.
b) Raccolta (e valorizzazione) dei dati gestiti: in un contesto di crescente “datification” dell’economia, aziende come Google o Amazon hanno avuto la lungimiranza di raccogliere in modo sistematico le informazioni connesse alle loro piattaforme. Da qui alla data monetization il passaggio è stato breve (con tutti i problemi del caso) e le quotazioni di borsa di tali data driven company – uscite indenni anzi rafforzate dal lockdown – ne sono la riprova. Per caratteristiche intrinseche dei processi creditizi, le banche raccolgono un’infinità di dati ma ciò spesso viene fatto in modo destrutturato o su fascicoli cartacei. La completa dematerializzazione della componente amministrativa del credito è condizione essenziale per passare dalla logica del dato alla logica dell’informazione ed estrarne valore tramite strumenti di data analytics e modelli predittivi. E il vero ed unico modo per attuare ciò è un radicale cambiamento culturale nell’organico (e nella dirigenza).
Per conseguire interventi mirati occorrono investimenti organizzativi e informatici (oltre che energie manageriali) e, visti i tempi che si preannunciano, il sentiero è molto stretto. Qualcosa di concreto inizia a vedersi. Recentemente, Intesa Sanpaolo ha formalizzato un memorandum d’intesa con partner del calibro di con TIM e Google nell’ottica di accelerare il percorso digitale della banca e – più in generale – del Paese sul fronte cloud e gestione dei dati. Un altro interessante esempio riguarda HSBC, il primo lender nel Regno Unito per attivi, che già dal 2017 ha azzerato per i suoi mutuatari i costi di perizia immobiliare grazie ai modelli automatizzati di valutazione (c.d. AVM); quest’anno, nonostante il lock-down, HSBC ha dichiarato di essere riuscita a garantire piena operatività dell’area mutui ipotecari grazie agli AVM, estendendo tale approccio per rapporti di Loan to Value superiori all’80%. Quest’ultimo esempio è paradigmatico di come la tecnologia, oltre a proteggere la redditività bancaria, possa contribuire anche all’abbassamento dei costi per il cliente.
Come ci insegna Milton Friedman, non esistono pasti gratis in economia. Ed il settore bancario non fa eccezione: il COVID 19 provocherà una selezione darwiniana, con vincitori e vinti. Un assaggio degli effetti della pandemia si è già visto nel primo trimestre e la pressione è destinata a salire nel corso dell’anno. In che misura? Una stima quantitativa ce la fornisce la società di consulenza Kearney in un recente studio: possibile calo dei ricavi sino al 20% e contrazione dei margini sino al 60%, il tutto in una situazione di partenza ben distante dal pre-Lehman Brothers (figura in basso). Allargando lo sguardo, la politica monetaria non aiuta e la compressione dei tassi di interesse sarà una costante con cui convivere, come spiegato da Maurizio Sgroi.
Pertanto, la tecnologia in banca non è più un tema secondario o rimandabile, ma un driver importante per la redditività e, prima ancora, per la sopravvivenza nel lungo periodo. E se ciò valeva sino a 5-6 mesi fa – con le challenger bank quali nuovi ed agguerriti competitor –, figurarsi oggi che ci stiamo affacciando in un mondo nuovo. Nelle parole di Visco: “Con il dissiparsi della pandemia potremo ritrovarci in un mondo diverso. (…) È molto difficile prefigurare quali saranno i nuovi “equilibri” o la nuova “normalità” che si andranno determinando, posto che sia possibile parlare di equilibri e normalità”. Del resto, sul settore bancario grava da oltre 20 anni una profezia alquanto sinistra di Bill Gates: “Banking is necessary, banks are not”. Chissà se proprio la digitalizzazione delle banche sarà la chiave per smentire il profeta digitale?
Twitter @LukeBrucato
NOTE
[1] L’articolo riflette le opinioni esclusivamente personali degli autori e non impegna o comporta la responsabilità per le aziende di appartenenza. 
[2] Fonte: Considerazioni finali del Governatore (pag. 20), Relazione annuale, 29 Maggio 2020