categoria: Draghi e gnomi
Soldi dall’elicottero sì o no? Ecco perché i tempi non sono ancora maturi
La pandemia in atto rappresenta quello che gli economisti sono soliti chiamare “shock esogeno” e che riguarda due diversi fronti: quello dell’offerta, poiché le imprese non producono, e quello della domanda, per via del calo dei consumi.
Come fatto notare da Mario Draghi sul Financial Times, l’eccezionalità della situazione impone all’Europa una risposta tanto forte e decisa quanto celere. In altre parole, alla necessità di immissione di liquidità per sostenere le misure varate dai singoli stati, si affianca quella della velocità nel mettere in campo gli strumenti a disposizione. Tale celerità garantirebbe infatti una maggiore efficacia alle misure adottate. Quanto agli strumenti, invece, il dibattito è tutt’altro che chiuso.
Come spesso accade in periodi di crisi, specie in uno scenario già caratterizzato da tassi di interesse bassi e stock di debito talvolta elevati, a farsi strada da più parti è l’ipotesi del cosiddetto “helicopter drop”. Si tratta di una politica non convenzionale che consiste in trasferimenti all’economia reale da parte delle banche centrali o in via diretta attraverso accrediti sui conti correnti o in via indiretta attraverso sussidi e riduzioni di tasse applicate dai governi centrali. A rendere tanto appetibile tale misura è infatti la possibilità di veicolare nel modo più diretto e rapido possibile liquidità a cittadini e imprese, cercando così di stimolare la domanda nominale aggregata ed evitare i rischi di una trappola della liquidità (A.Turner). Inoltre, come fatto notare da Galì, un money-financed helicopter drop, differentemente dalle politiche fiscali finanziate a debito, permetterebbe agli stati di immettere liquidità nel sistema senza doversi basare su futuri aumenti delle tasse o emissione di ulteriore debito, che ridurrebbero il valore netto dell’espansione fiscale. Tuttavia, occorre specificare che un’operazione di helicopter drop comporta alcuni effetti collaterali che vanno presi in considerazione.
Il primo ostacolo è il rischio di inflazione. Se il ricorso ai soldi dall’elicottero fosse sistematico, la misura provocherebbe un aumento nominale di prezzi e salari. Nessun effetto reale sui valori della produzione, degli investimenti e del consumo. Imprese e famiglie andrebbero a incorporare nelle proprie aspettative l’utilizzo di questa misura non convenzionale, vanificando i tentativi effettuati dalle banche centrali per stabilizzare le aspettative degli agenti economici intorno a tasso vicino ma inferiore al 2%. Tuttavia, questo problema potrebbe essere sorvolato se le istituzioni monetarie facessero ricorso all’helictopter drop soltanto una tantum: l’unicità eviterebbe che l’ineluttabile spinta inflazionistica ne neutralizzi l’impatto. Le banche centrali godono, infatti, di un sufficiente capitale di credibilità per convincere il mercato che la tale politica non convenzionale sia limitata alle circostanze eccezionali cui l’economia è sottoposta, e non sarà prorogata oltre (credible commitment).
Un secondo motivo di scetticismo ha sempre a che fare con le aspettative. L’economista Raghuram Rajan ipotizza che imprese e famiglie potrebbero leggere la misura estrema come un’ammissione di impotenza delle banche centrali: un all-in che potrebbe spaventare, anziché rassicurare gli operatori economici, i quali non spenderebbero i soldi ricevuti ma, al contrario, potrebbero tesaurizzarli a fronte dell’incertezza. D’altra parte, un helicopter drop selettivo, ovvero indirizzato a chi ne ha davvero bisogno, non dovrebbe alimentare sfiducia. Al contrario. Le PMI che devono far fronte a costi fissi non congelerebbero affatto i contributi delle autorità pubbliche. Sarebbe necessario strutturare degli interventi mirati con giudizio per evitare fallimenti ed insolvenze ove possibile, senza mettere in crisi chi contava sul rimborso dei propri crediti. Si tratterebbe quindi di iniettare liquidità nei posti giusti, proprio come farebbe un’assicurazione. In tal modo, la liquidità aggiuntiva andrebbe nelle tasche di coloro i quali hanno un’elevata propensione a spendere ogni quantità di moneta aggiuntiva.
Occorre sottolineare un’altra questione. Da un punto di vista economico, un’operazione di helicopter drop è equivalente alla combinazione di politiche fiscali e monetarie espansive. Infatti, tale intervento si potrebbe classificare come un finanziamento monetario di un’espansione fiscale. Ma in realtà la questione è più complessa. Se l’intervento di helicopter drop è sottoscritto indirettamente (con obbligazioni emesse dal governo per finanziare i trasferimenti, quindi con acquisto della banca centrale), il debito risultante apparirebbe come debito del governo centrale nei confronti della banca centrale. La banca centrale registrerebbe un aumento sia delle sue passività (aumento dell’offerta di moneta) sia delle sue attività (titoli di Stato), senza alcun cambiamento nella sua posizione patrimoniale netta.
Se, invece, l’intervento è sottoscritto direttamente (con la banca centrale che trasferisce direttamente denaro alle famiglie), il debito del governo centrale rimane invariato. La banca centrale, tuttavia, vede un aumento delle sue passività (l’aumento dell’offerta di moneta) senza un aumento delle sue attività, registrando una diminuzione della sua posizione patrimoniale netta. La differenza tra i due scenari è irrilevante da un punto di vista puramente economico. Ciò che conta per il sistema economico è dato dal cambiamento nel bilancio consolidato del governo e tale variazione sarebbe la stessa in entrambi i casi.
Tuttavia, la questione potrebbe essere di rilevanza politica: i banchieri centrali temono che una diminuzione della posizione patrimoniale netta della banca centrale (specialmente se la posizione netta diventa negativa) possa far sembrare la banca centrale mal gestita, con un conseguente indebolimento del suo potere politico e i governi nazionali potrebbero sfruttare l’occasione per sfidare l’indipendenza della banca centrale stessa.
Da ciò che abbiamo scritto, è evidente che gli interventi fiscali money-financed sono uno strumento che i decisori politici dovrebbero adottare solo in situazioni di emergenza. La pandemia ha apportato un profondo shock economico internazionale e quindi è lecito dibattere dell’efficacia o meno di un’operazione di helicopter drop. Tuttavia, prima di adottare una tale misura di extrema-ratio, riteniamo che potrebbero esser effettuate altre tipologie di intervento (meno invasive e più costruttive) a livello europeo per assicurare liquidità al sistema in un periodo di emergenza e crisi.
Ad esempio, seguendo la proposta M. Brunnermeier et al. (2020), al fine di iniettare la liquidità necessaria al settore delle imprese si potrebbe creare un meccanismo a livello europeo in cui la Banca europea per gli investimenti (Bei) prenda a prestito le risorse necessarie dalla Bce e le presti alle imprese a corto di liquidità. Per recuperare il prestito, le autorità fiscali nazionali incasserebbero le rate di rimborso durante gli anni successivi e le userebbero per ripagare la Bei. La Bei finanzia l’attività di credito collocando obbligazioni investment grade presso la Bce, la quale fornisce la liquidità necessaria (ciò risulta esser in linea con quanto definito nel nuovo programma Pepp della Bce). Attraverso la Bei, la Bce evita di effettuare l’allocazione di fondi tra gli Stati membri, il che potrebbe essere problematico dal punto di vista politico. Si tratta di un processo piuttosto snello, poiché in tal modo si eviterebbe l’intermediazione da parte delle banche, garantendo che il denaro affluisca direttamente alle imprese in tutti gli Stati membri dell’Ue.
In conclusione, riteniamo che per evitare il collasso economico occorre dare subito liquidità alle aziende, altrimenti si rischia di cercare di far partire a spinta un’auto che è senza benzina. Tuttavia, non serve inventare strumenti nuovi, per i quali sarebbero necessarie modifiche ai trattati che richiederebbero tempi lunghi. Prima di parlare di helicopter drop, occorrerebbe efficientare tutti i canali per il trasferimento di liquidità disponibili. L’iter di accesso ai finanziamenti per le PMI dovrebbe esser snellito. Moratorie sui debiti, rinegoziazioni del debito, rimborsi del debito a sconto e garanzie sui prestiti andrebbero aumentate e rafforzate, strutturando adeguate soluzioni a livello europeo per compensare il crescente rischio di credito. Allo stesso tempo, la tassazione sui rendimenti dei prestiti alle imprese andrebbe azzerata.
L’Europa fatica a trovare un accordo sull’emissione di eurobond poiché a fronte di uno shock simmetrico si avverte la forte mancanza di un’unione fiscale europea. Allo stesso modo, tali difficoltà si andrebbero ad incontrare se si chiedesse alla Bce di distribuire direttamente denaro sui conti correnti in veste di autorità fiscale e non solo monetaria. Forse i tempi non sono ancora maturi per una tale extrema ratio.
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