Non è infrequente che l’andamento dei diversi indicatori economici dia la sensazione di essere piuttosto ondivago. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, lo scorso giugno aveva descritto il fenomeno in termini di “dati soggetti a quella fluttuazione che caratterizza una fase in cui la ripresa economica comincia a manifestarsi”. In quell’occasione il tasso di disoccupazione era risalito, anche se in maniera quasi impercettibile (+0,1%). Ecco perché le cifre sui senza lavoro a luglio (dato provvisorio Istat) con il calo di mezzo punto al 12%, sono state salutate come un segnale molto positivo dalla titolazione di molti quotidiani (“il livello più basso da due anni”), ma con più prudenza da altri osservatori. In fondo non è saggio inseguire le fluttuazioni, come ricordato giustamente dal ministro.

Meglio affidarsi alle serie storiche, che ci raccontano qualcosa in più e ampliano l’orizzonte. Quindi, mettendo momentaneamente da parte elementi di valutazione anche affatto secondari, come l’aumento degli inattivi, sempre a luglio, dello 0,7% (+99 mila, prevalentemente donne); o il segno positivo per gli occupati nel secondo trimestre, pur con il traino degli over 50 (fatto già sottolineato da Econopoly in un post di giugno); o l’incremento dei contratti a tempo indeterminato, mi sono limitato a registrare i dati Istat trimestrali destagionalizzati sul totale dei disoccupati e sul tasso di disoccupazione. I numeri riguardano sia il quadro nazionale che un confronto fra Nord, Centro e Sud. Il periodo va dalle fasi iniziali della grande crisi al secondo trimestre 2015.

Ecco i grafici.

Disoccupati, dati trimestrali destagionalizzati (in migliaia, fonte Istat)

Tasso % di disoccupazione Italia, Nord, Centro e Mezzogiorno (fonte: Istat)

Tasso % di disoccupazione Italia per classe di età (fonte: Istat)

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