categoria: Vicolo corto
Ilva, secondo voi viene prima la salute o la politica industriale?
L’autore di questo post è Eraclito, pseudonimo che un “umile servitore dello Stato”, esperto di economia e finanza, soprattutto in ambito internazionale, ha scelto per scrivere con maggior libertà –
Conosco bene i miei compatrioti della Magna Grecia e so bene che non sono né bravi fabbri né bravi spadaccini; in altre parole, il ferro e la siderurgia non sono il loro mestiere.
Dunque, il consiglio di un filosofo di Efeso della Grecia antica ai propri compatrioti è questo: non lasciatevi ingannare dalle sirene della politica italiana; ascoltate quelle sirene ma, come Ulisse, fatevi legare all’albero della nave non già perché rischiate di farvi ammaliare come Ulisse ma perché rischiate di “mettergli le mani addosso”, passando dalla parte del torto.
Prendiamo le mosse ricapitolando il concetto di contratto sociale, già da me menzionato qualche settimana fa commentando quella frase “infelice” del professor Padoa Schioppa sul fatto che le tasse siano bellissime. Orbene, il contratto sociale è quell’accordo implicito o esplicito che si instaura in una comunità per assicurare una buona e civile convivenza. Secondo il mio illustre amico filosofo Adam Smith, nel campo economico, il contratto sociale tipo dovrebbe essere abbastanza chiaro: lasciar agire la “mano invisibile”, facendo in modo che l’interesse pubblico sia perseguito attraverso l’azione di ciascuno individuo che per proprio tornaconto agisce in concorrenza con gli altri.
Ahimè, la concorrenza perfetta alla base di quel paradigma non esiste nel mondo reale, almeno non nella moderna economia globale. Pertanto, il ruolo dello Stato nell’economia non è venuto meno ed è un gran bene che sia così. L’intervento dello Stato, al contrario del laissez-faire, è essenziale per correggere quelli che gli Scienziati delle Finanze chiamano “fallimenti del mercato”, quali ad esempio le esternalità negative (eg. quella tipica come l’inquinamento) o positive (eg. quella tipica come l’istruzione e la formazione professionale), i cartelli e i monopoli che minano la concorrenza perfetta, la scarsa o nulla produzione dei cd. beni pubblici (eg. come quelli tipici quali la difesa e la salvaguardia dell’ambiente).
Nel caso di specie, la Magna Grecia alle prese con la siderurgia e l’abbandono degli impianti dell’ex Ilva di Taranto da parte della multinazionale Arcelor-Mittal, il messaggio di un Adam Smith moderno dovrebbe essere chiaro: lo Stato stabilisca le regole del gioco anche e soprattutto al fine di tutelare alcuni fondamentali beni pubblici (la salute e l’ambiente sopra ogni altra cosa), ma poi ognuno sia libero di agire liberamente nel rispetto di quelle regole. Dunque, il mio appello su queste colonne non è né: “si chiedano i danni ad Arcelor Mittal”, né tantomeno “ridiscutiamo lo scudo penale con e per Arcelor Mittal”.
Piuttosto, il mio appello va ai miei una volta saggi compatrioti della Magna Grecia ed è questo: riprendete in mano le vostre sorti! È già tanto tempo che attendete e ora basta così. Come disse una volta un grande presidente degli Stati Uniti, non chiedetevi cosa lo Stato può fare per voi ma chiedetevi cosa voi potete fare per lo Stato e, soprattutto, per la vostra comunità, ossia per voi stessi!
Da parte mia, la risposta da buon cittadino della Magna Grecia me la sono già data: liberiamoci del ferro e degli impianti siderurgici (non sono più competitivi e non abbiamo bisogno di cattedrali in riva al mare); bonifichiamo quelle aree perché lo dobbiamo innanzitutto a coloro che rischiano la salute (o l’hanno già compromessa) bevendo acqua impregnata di sostanze cancerogene oppure respirando aria satura di polveri sottili; infine, fatta tabula rasa, costruiamo qualcosa in quelle aree che sia in sintonia con i valori e le tradizioni della grande civiltà della Magna Grecia e, soprattutto, che sia portatrice di benessere materiale oltre che culturale per gli abitanti di quel luogo.
L’ex Ilva di Taranto
Un progetto imprenditoriale di questo genere esiste (o meglio potrebbe essere facilmente formulato); è sufficiente superare la fuorviante e stucchevole dialettica politica del “salviamo l’ex Ilva a tutti i costi”, come dicono alcuni, oppure del “salvaguardiamo lo stabilimento industriale ma senza piegarci ai diktat di una multinazionale anglo-indiana”. Il dibattito politico in corso merita di essere stigmatizzato come fuorviante perché fa credere all’opinione pubblica che l’opzione “tabula rasa” non sia all’ordine del giorno e non sia un’opzione percorribile.
Primo ministro Conte, sappia che non è così! Esiste almeno un progetto imprenditoriale promettente di raggiungere il break-even in pochi anni bonificando l’area. Magari ne esistono anche altri ma la creatività dell’imprenditore che conosco ne ha formulato per il momento solo uno. Magari altri imprenditori potranno avere altro in mente.
Dunque, primo ministro Conte, poiché so che lei ha scritto una lettera ai suoi ministri sollecitando proposte concrete, se fosse disposto a firmare un cd. Non Disclosure Agreement (NDA), posso farvi raccontare di che progetto imprenditoriale si tratta quello cui facevo riferimento sopra.
Se poi è anche ben disposto all’opzione di aprire una gara aperta e competitiva per raccogliere altre idee in un arco di tempo ragionevole, sappiate che questo sarebbe un metodo ottimo e, peraltro, in linea con l’impostazione sua e del Movimento che ha indicato il suo nome come primo ministro. Si tratta infatti di un metodo eccellente, a patto però di essere adottato con una mente aperta (come un paracadute) e un approccio competitivo (come un’asta pubblica), senza lasciar presagire una soluzione pre-costituita ex ante.
Rammenti che la sua prima responsabilità, ai sensi della nostra Costituzione, ha a che vedere con la salute delle comunità che vivono a Taranto; dopo di che, viene il benessere di quelle stesse comunità che hanno diritto alla dignità di un lavoro (l’Italia è pur sempre una Repubblica fondata sul lavoro) e, da ultimo ma non meno importante, viene la responsabilità verso il contribuente medio italiano (come me ad esempio che sono un umile dipendente pubblico) che ha il diritto di sapere come i propri denari vengono impiegati e per quali fini, conducendo a risultati concreti senza sprechi.
La politica industriale è l’ultima cosa! O almeno, a mio modesto avviso, l’Italia non ha (più) bisogno di impianti siderurgici in riva al mare come l’ex Ilva per sviluppare la propria economia, bensì di un modello di sviluppo sostenibile, in linea con i propri valori e le proprie tradizioni e amico dell’ambiente.
Con la massima cordialità
Vostro Eraclito