Tre cose non trascurabili di cui Greta Thunberg non parla

scritto da il 03 Ottobre 2019

L’autore di questo post è Massimo Famularo, investment manager esperto in crediti in sofferenza (Npl) –

Il movimento ambientalista promosso da Greta Thunberg e la serie di manifestazioni note come Fridays for Future hanno stimolato accese discussioni sui mass media e sui social network anche italiani. Come sovente accade nel nostro paese, si è assistito ad una polarizzazione del dibattito, tra sostenitori della giovane attivista, che avrebbe il merito di aver attirato l’attenzione sul problema del riscaldamento globale, e detrattori, secondo i quali la strategia emozionale di Greta peccherebbe di superficialità nelle analisi e scarso senso pratico.

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Al fine di rendere la discussione meno faziosa e più produttiva possiamo provare a trasferirla sul terreno delle analisi costi benefici e concentrarci su alcuni aspetti di dettaglio che al momento appaiono trascurati:

1. Qualunque ipotesi di strategia contro il riscaldamento globale è essenzialmente un problema di coordinamento

2. La maggioranza delle attività che producono CO2 sono difficilmente modificabili nel breve termine senza sopportare costi molto elevati

3. Le modalità di ripartizione dei costi immediati sono parte fondamentale di qualunque accordo di cooperazione

Greta ha commosso milioni di persone dicendo che qualcuno le ha rubato il futuro, che siamo sull’orlo di un’estinzione di massa e che occorre fare qualcosa subito.

Proviamo a descrivere la situazione con una similitudine diversa e immaginiamo che ci sia un treno su cui viaggiamo tutti, avendo ciascuno a disposizione un comando, che può far aumentare o diminuire la velocità di crociera. A causa della condotta passata e presente di chi si trova a bordo, il treno ha raggiunto una velocità, che molti ritengono pericolosa e continuare ad accelerare ci porterà sicuramente a deragliare, anche se non siamo in grado di prevedere con esattezza quando e a che velocità questo evento si verificherà.

È chiaro che non esiste una generazione passata di persone cattive che, con il loro comportamento irresponsabile hanno rubato il futuro ai giovani e che, men che meno, il furto sia stato perpetrato in maniera deliberata: l’accelerazione del treno è stata e viene ancora causata dal contributo, singolarmente marginale, di un grandissimo numero di agenti.

Ne consegue che non c’è neanche una classe adulta, fatta di poche persone che possono sedersi a un tavolo e decidere di dimezzare il livello di emissioni di gas serra sotto l’occhio vigile di ragazzi.

Come spesso accade quando ci si sposta dalle campagne emozionali alle valutazioni concrete su come affrontare i problemi, la questione si complica.

Venendo ai 3 punti di cui non si parla, partiamo dal profilo più spinoso: il coordinamento. Posto che non esiste un dittatore mondiale che può imporre a miliardi di individui di modificare la propria condotta (soprattutto se le modifiche richieste mettono a repentaglio la sopravvivenza individuale immediata a fronte di un beneficio collettivo futuro) l’unica strada efficace consiste nella promozione di una cultura della sostenibilità, che induca le persone a modificare i propri comportamenti individuali e fare pressione sui governi per ottenere normative ambientali, che incentivino la riduzione dei gas serra – su questo il movimento di Greta è a metà strada, poiché riesce a dare visibilità al problema, ma sembra lasciare intendere che sia responsabilità di qualcun altro risolverlo: per esempio una campagna che impegni i giovani a tenere comportamenti virtuosi che comportino un sacrificio immediato visibile (esempio: sostituire gli scooter con le bici), sarebbe probabilmente più utile degli scioperi e avrebbe una valenza segnaletica ben maggiore.

Il secondo punto ha a che vedere con le tempistiche di implementazione delle strategie di intervento. Sono poche le azioni che hanno un effetto immediato: se ogni mattina invece di prendere l’auto come al solito, uso i mezzi elimino di sicuro delle emissioni nocive, ma si tratta di un contributo marginale. La maggioranza delle strategie volte a ridurre le emissioni ha bisogno di tempo per produrre risultati.

Prendiamo ad esempio gli impianti di riscaldamento e raffreddamento; renderli più efficienti e meno inquinanti richiede ovviamente dei costi, ma necessita anche di tempi che possono includere l’attesa del passaggio della stagione in cui vengono utilizzati maggiormente.

A livello individuale, se rinuncio a un volo aereo, quel volo partirà anche senza di me, così come se smetto di mangiare carne, questo alimento continuerà ad essere venduto. Per ottenere degli effetti è necessario che la domanda per consumi con impatto ambientale negativo si riduca in una misura tale da indurre i produttori a modificare anche l’offerta.

Chiarito che le soluzioni veloci e poco costose sono poche e marginali, come decidiamo come procedere nel medio termine? Secondo un celebre articolo del 2017 la strategia di gran lunga più efficace per ridurre l’impatto ambientale dell’uomo consiste nel limitare la crescita della popolazione.

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Questo ci porta inevitabilmente al terzo punto: oltre a coordinare un numero molto elevato di persone e stabilire programmi che sviluppino in archi temporali non brevi, è necessario conciliare esigenze differenti e spesso in contrasto.

I paesi ricchi possono guardare alla riduzione dell’inquinamento come a una scelta responsabile, che richiede costi e sacrifici, ma che in linea di massima non mette in discussione le proprie esigenze di base. I paesi in via di sviluppo, che peraltro presentano tassi di fertilità elevata e oggi presentano un impatto negativo ambientale maggiore, hanno la “necessità di inquinare” talvolta per sopravvivere e per migliorare la qualità del proprio stile di vita, ad oggi molto peggiore rispetto a quella dei paesi sviluppati.

Questo dilemma si può affrontare solo con programmi di intervento finanziati e diretti dai paesi sviluppati, per supportare i paesi in via di sviluppo in un percorso di riduzione dei gas serra che non comprometta eccessivamente il benessere delle persone.

Per concludere, Greta Thunberg ha sicuramente il merito di aver portato all’attenzione del pubblico i rischi connessi con il riscaldamento globale del pianeta.

Agire in modo concreto per contrastare questo fenomeno, costituisce un problema di coordinamento fuori dalla portata di qualunque singola istituzione umana: un percorso che presenta realistiche possibilità di successo consiste nella promozione di una cultura che sensibilizzi il maggior numero di individui nella direzione di

1. modificare i propri comportamenti in modo da ridurre le conseguenze negative per l’ambiente in modo ragionevolmente compatibile con le possibilità di ognuno

2. fare pressione sui governi e le istituzioni sovranazionali per il varo di programmi di cooperazione, che consentano ai paesi meno sviluppati di ridurre l’inquinamento senza sacrificare in modo eccessivo il benessere di propri cittadini

3. finanziare iniziative volte a ricercare soluzioni tecnologiche innovative per ridurre le emissioni di gas serra

Di certo i “conti della serva” declinati secondo un’analisi costi benefici risultano meno entusiasmanti di una giovane attivista che solca gli oceani in barca a vela per fustigare governanti inadempienti, tuttavia sono il presupposto fondamentale affinché misure concrete possano seguire alle manifestazioni di piazza e che gli scioperi del venerdì non siano già dimenticati al sabato.

Twitter @MassimoFamularo

RIFERIMENTI

Greta Thunberg su Wikipedia

Greta Thunberg fa danno all’ambiente (video)

Lettera aperta a Greta Thunberg

What’s really warming the world?

IPCC special report on climate change

Earth climate identification vs. anthropic global warming attribution

Di Greta Thunberg, voli aerei e concerti in Central Park

The best way to reduce your carbon footprint is one the government isn’t telling you about

The climate mitigation gap: education and government recommendations miss the most effective individual actions

Perché le ramanzine di Greta Thunberg danno una mano a Donald Trump

Perché Greta Thunberg è una foglia di fico e l’ideologia ha la meglio sulla realtà

Cambiamento climatico, abbiamo davvero un debito con il pianeta?

The rethorical limitations of the #FridaysForFuture movement

The hard truths of climate change – by the numbers

EDGAR’s Global Fossil CO2 Emissions from 1990 to 2016