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L’ascensore sociale è lento al Nord e bloccato al Sud. I dati e una proposta
L’autore del post è Demetrio Guzzardi, laureato in economia presso la Paris School of Economics e Pantheon Sorbonne Paris 1 –
La mobilità intergenerazionale, definita come la facilità o la probabilità con cui si riesce a scendere o salire la scala dei redditi indipendentemente dalle condizioni economiche della famiglia di origine, è un tema strettamente legato alla questione delle disuguaglianze. Nel linguaggio ricorrente, infatti, si crede che alti livelli di disuguaglianze siano giustificati quando nel paese è presente un’elevata mobilità, e per questo è molto importante studiare se, effettivamente e con il dovuto impegno, è possibile riuscire a guadagnare abbastanza da rientrare tra i più ricchi del paese. Studiando la mobilità intergenerazionale, quindi, è possibile valutare quanto c’è di meritocratico nella distribuzione dei redditi e quanto invece è frutto dei diversi “punti di partenza”.
I REDDITI DEI PADRI DETERMINANO I REDDITI DEI FIGLI
I metodi più comuni per studiare la mobilità intergenerazionale sono sostanzialmente 3. Uno prevedere l’uso di indagini campionarie (questionari) a cui vengono sottoposti genitori e figli quando hanno più o meno la stessa età così da poter valutare le differenze di reddito durante archi temporali simili. Un altro metodo è quello di intervistare nello stesso momento sia figli che i genitori chiedendo però a questi ultimi quanto fossero i loro guadagni quando avevano un’età simile a quella dei figli. Ovviamente questo è il metodo più approssimato in quanto ci si affida interamente alla buona memoria degli intervistati. Un ultimo metodo, più complesso ma forse il più preciso è quello di utilizzare le dichiarazioni fiscali di genitori e figli e collegarle nel corso del tempo per misurare la variabilità dei guadagni.
Nel caso specifico dell’Italia, un recente rapporto dell’OCSE (1) calcola il tempo necessario per far sì che una persona proveniente da una famiglia povera, salga nella scala dei redditi fino al raggiungimento del reddito medio. Così come negli Stati Uniti, ma peggio di Francia e Germania, sono necessarie cinque generazioni per riuscire a raggiungere redditi medi (Figura 1). Inoltre, lo studio mostra una forte persistenza della ricchezza anche per chi proviene da una famiglia ricca; infatti nel nostro paese, il 40% delle persone appartenenti ai 15milioni di italiani più ricchi, dichiara di provenire da una famiglia già ricca mentre solo il 17% dichiara di provenire da una famiglia povera (Figura 2).
ESISTONO DELLE DIFFERENZE TRA NORD E SUD?
Come tutti sanno, il nostro paese è caratterizzato da un’ampia variabilità tra Nord e Sud ed anche in questo caso le differenze non mancano. Infatti, uno studio non ancora pubblicato dai ricercatori Acciari, Polo, Violante (2), utilizza i dati fiscali per ricostruire la mobilità nel nostro paese svelando una forte divergenza tra le diverse provincie.
Usando i guadagni ottenuti sia dai genitori che dai figli quando avevano tra i 35 e i 55 anni, gli autori calcolano, per ogni provincia italiana, la probabilità di guadagnare quanto il 20% degli italiani più ricchi provenendo però da una famiglia con guadagni modesti appartenente 20% degli italiani più poveri. Usando una scala di riferimento dei giorni nostri sarebbe come dire: “qual è la probabilità di guadagnare almeno 37.500 euro lordi l’anno se si proviene da una famiglia con reddito complessivo intorno ai 16.000 euro l’anno” (3).
Innanzitutto, c’è una marcata differenza tra uomo e donna. A livello nazionale i ragazzi provenienti da famiglie a basso reddito hanno il doppio della probabilità di diventare “classe ricca” rispetto alle ragazze. Il divario più significativo è però quello che c’è tra il Nord e il Sud per cui, anche tenendo conto del diverso costo della vita, la mobilità intergenerazionale è sostanzialmente più elevata al Nord.
In termini nominali, cioè senza correggere i dati per il costo della vita, le provincie della Calabria, Puglia, Basilicata, Molise, Campania, Sicilia e Sardegna, sono quelle che registrano la minore mobilità intergenerazionale. Nascere e crescere in queste provincie significa sostanzialmente vedere le proprie possibilità di successo ridursi drasticamente se non si è già in una famiglia altolocata. In media in queste provincie, se si nasce in una famiglia povera si ha solo il 6% delle possibilità di guadagnare 37.500 euro lordi annui. Mentre al Nord, in provincie come quella di Milano, Padova, Bologna o Treviso la probabilità cresce oltre il 20%. La variabilità da provincia a provincia è comunque elevata, e nel grafico in figura 3 è possibile farsi un’idea dell’alta variabilità con la provincia di Bolzano che registra una probabilità di passare dal quintile più povero a quello più ricco (Q1Q5) del 37% a Carbonia-Iglesias (Sardegna) che invece ha una probabilità Q1Q5 di solo il 4.4%.
Tuttavia, se si correggono i dati tenendo conto del diverso costo della vita nelle provincie, la situazione cambia (Figura 4). Il Sud sembra guadagnarci in mobilità e la maggior parte delle provincie vede la propria probabilità Q1Q5 salire fino a circa il 10%, il centro invece mostra una più scarsa mobilità intergenerazionale in cui la probabilità media Q1Q5 scende intorno all’8.5%. Le provincie del Nord rimangono quelle con la più alta mobilità, specialmente nelle provincie del Nord-Est in cui la probabilità di far parte del quintile più ricco venendo da una famiglia del quintile più povero arriva fino al 27% in provincia di Modena.
Mappa interattiva e dati per provincia Figura 3: https://public.tableau.com/views/mobility/Q1Q5
Mappa interattiva e dati per provincia Figura 4: https://public.tableau.com/views/mobility/Q1Q5PPP
MA QUALI SONO I PROBLEMI ASSOCIATI AD UNA SCARSA MOBILITÀ?
Fin qui è chiaro che siamo davanti ad un problema di disuguaglianza di opportunità. I figli dei ricchi rimangono ricchi e chi è nato in famiglie con un basso reddito, indipendentemente dal proprio lavoro o titolo di studio (anch’essi strettamente correlati al background della famiglia [4]) ha comunque scarse chance di salire la scala dei redditi ed entrare nel 20% più ricco. In sostanza, il nostro reddito sembra essere, per una gran parte, predeterminato dal reddito della famiglia di provenienza, e questo è ancor più vero se si nasce al Sud invece che al Nord.
Purtroppo, questi non sono gli unici effetti collegati ad una scarsa mobilità intergenerazionale. Uno studio del 2018 di Güell, Pellizzari, Pica e Mora (5) trova un forte collegamento tra la mobilità intergenerazionale e varie performance socio-economiche.
Ad esempio, una bassa mobilità risulta essere correlata ad un più basso livello di istruzione, un maggior abbandono scolastico ed una minore partecipazione alla vita politica (misurata attraverso l’affluenza al voto). Per quanto riguarda i risultati più strettamente legati all’economia, avere livelli di mobilità generazionale più alta risulta essere collegato a tassi di disoccupazione più bassi, quindi maggiori tassi di occupazione, più esportazioni e un maggiore valore-aggiunto per abitante.
È quindi chiaro che una scarsa mobilità intergenerazionale risulta essere un tema caldo non solo perché indice di più forti disuguaglianze ma anche perché è direttamente correlato a risultati economici negativi. Una maggiore attenzione da parte delle politiche pubbliche potrebbe avere il doppio risultato di migliorare sia problemi di equità sociale che problemi di efficienza economica.
QUINDI COSA OCCORRE FARE PER AUMENTARE LA MOBILITÀ?
Come nel caso della riduzione delle disuguaglianze, ci sono diversi metodi che affrontano il problema da diversi punti di vista. Nel rapporto OCSE “A Broken Social Elevator?”, vengono descritti molti metodi, ad esempio fare politiche che assicurarono un’educazione di qualità e cura dei bambini già nella primissima infanzia specialmente per i figli delle famiglie più svantaggiate. In questo modo l’intento è di colmare il divario sociale che si crea già prima dell’inizio delle scuole elementari. È fondamentale anche rafforzare il rapporto tra scuola e famiglia per aiutare i giovani meno privilegiati ad acquisire, attraverso un valido sistema di mentoring, quelle abilità sociali, emozionali, relazionali e anche accademiche, che non riescono ad acquisire a casa.
L’OCSE sottolinea che, anche se gli studenti provenienti da famiglie più povere ottengono eccellenti risultati scolastici, hanno più difficoltà nel trovare lavori ben pagati. Questo è dovuto alla non conoscenza di determinati codici di comportamento, ad un insufficiente rete di conoscenze professionali, alla mancanza di adeguate esperienze di lavoro o anche all’impossibilità di entrare in alcune professioni per le insufficienti disponibilità economiche. Migliorare quindi la transizione tra scuola e lavoro è fondamentale per ridurre queste disuguaglianze di opportunità, ad esempio attraverso servizi di “mentoring sulle carriere” così da informare i ragazzi sui passi da compiere per intraprendere un certo tipo di carriera e aiutarli nel processo di ricerca di un lavoro e compensare chi non può essere aiutato dalla famiglia.
In linea con queste raccomandazioni è anche il Forum Disuguaglianze e Diversità, di cui fanno parte ricercatori universitari, membri della società civile e associazioni, che con 15 proposte concrete mira all’aumento della giustizia sociale in Italia. Riguardo la mobilità generazionale, il Forum ha una proposta tanto semplice quanto efficace: un’eredità universale di 15mila euro da versare ad ogni ragazzo al compimento della maggiore età. Tale misura, scrivono, potrebbe essere finanziata attraverso una tassa sulle successioni oltre i 500mila euro interessando così solo gli ultra-ricchi e cioè solo il 2,5% di chi riceve donazioni in eredità.
Questa proposta avrebbe come obiettivo quello di livellare le disuguaglianze di partenza dando a tutti i giovani, a prescindere dalla disponibilità della famiglia, una risorsa economica con cui avviare una propria attività, studiare in una città diversa da quella dei propri genitori, comprare una macchina per poter lavorare nella città vicina o anche solo risparmiare per investimenti futuri.
NOTE
1. OECD 2018 “A Broken Social Elevator? How to Promote Social Mobility” https://doi.org/10.1787/9789264301085-en
2. Acciari, P., Polo, A., & Violante, G. (2019). ‘And Yet, it Moves’: Intergenerational Mobility in Italy. https://www.econstor.eu/bitstream/10419/196771/1/dp12273.pdf
3. Dati https://wid.world/ per l’Italia anno 2016: reddito lordo minimo per essere nel top 20% è 37.500 euro; reddito lordo medio del bottom 20% è 8.000 euro, se entrambi i genitori sono nel bottom 20% avremo un reddito medio familiare di circa 16.000 euro
4. A Broken Social Elevator? How to Promote Social Mobility https://doi.org/10.1787/9789264301085-en
5. Güell, M., Pellizzari, M., Pica, G., & Rodríguez Mora, J. V. (2018). Correlating social mobility and economic outcomes. The Economic Journal, 128(612), F353-F403