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Artigiani e innovazione, anatomia di un matrimonio ancora difficile
L’autrice di questo post è Maria Elena Viggiano. Giornalista, segue progetti di internazionalizzazione per le Pmi e di innovazione –
Il calo dei consumi, l’aumento dei costi degli affitti, la burocrazia, le tasse, la mancanza di giovani, l’avanzare delle nuove tecnologie, la sfida dei mercati internazionali. L’elenco delle motivazioni che hanno portato alla chiusura delle botteghe artigiane e dei piccoli negozi è molto lungo ma il risultato finale è drammatico: meno 160.000 negli ultimi dieci anni. Un dato che ha avuto delle ricadute anche in termini occupazionali con circa 400.000 persone che hanno perso il posto di lavoro. Eppure si tratta delle principali realtà che costituiscono il tessuto imprenditoriale dell’Italia, su 4.338.766 imprese circa 1,4 milioni sono aziende artigiane. Non si tratta solo di numeri, anche se dimostrano in modo esplicito l’impatto economico sul territorio, ma la chiusura di queste attività comporta la scomparsa di un patrimonio culturale che difficilmente potrà essere rigenerato. Tessitori, calzolai, orefici, argentieri, ricamatori, sarti sono antichi mestieri ed arti trasmesse di generazione in generazione che hanno creato valore per il territorio e benessere per le persone impiegate.
Gli anni della crisi economica hanno causato una selezione delle piccole e medie imprese, hanno resistito quelle in grado di rimanere competitive sul mercato e al passo con i tempi puntando soprattutto su innovazione ed internazionalizzazione. Secondo il recente rapporto “Digital economy e piccole imprese. Analisi di alcune evidenze statistiche” pubblicato dall’Ufficio Studi di Confartigianato, gli artigiani che si sono lanciati nella web economy sono quasi 11.000 con un aumento del 3,5% negli ultimi tre anni. I principali fattori di impulso alla digitalizzazione sono stati determinati da agevolazioni, finanziamenti ed incentivi fiscali, dalle infrastrutture e dalla banda larga, dallo sviluppo di nuove competenze digitali del personale. Nonostante le imprese connesse raggiungano il 27%, in realtà questo dato dimostra un gap marcato con l’Unione europea (40%) con la diretta conseguenza di difficoltà nell’e-commerce: solo il 9,4% di piccoli imprenditori vende online.
Le altre voci dello studio indicano che 9.500 imprenditori utilizzano i robot nelle fasi di produzione, il 5,8% analizza i big data e il 7% utilizza la stampa 3D. A questo bisogna aggiungere la necessità di introdurre competenze specifiche per cui il 14% delle Pmi ha realizzato corsi di formazione per i propri dipendenti ma la maggior parte evidenzia difficoltà nel trovare manodopera specializzata nelle tecnologie 4.0. L’innovazione è un indiscutibile driver per essere competitivi ma qual è davvero la situazione reale? Alcuni artigiani cercano di rimanere aggiornati introducendo le tecnologie nelle loro attività ma la maggior parte rimane isolata nelle proprie botteghe in una continua corsa alla produzione e alla sopravvivenza perdendo importanti opportunità.
“Pochissimi artigiani riescono ad essere innovativi – racconta Paolo Amato di Leu Locati, storica azienda milanese di pelletteria – perché devono correre tutti i giorni con il principale obiettivo di produrre, è necessario avere un minimo di organizzazione e di struttura mentre molte imprese sono di micro o piccole dimensioni. Ciò non garantisce forza contrattuale negli acquisti con i fornitori. Quindi, avendo utili bassi, come è possibile poi investire in macchinari che costano migliaia di euro? Oltretutto chi fa proposte di innovazione non conosce le imprese del settore manifatturiero ma si rivolge ad aziende di servizi. Per noi invece è importante l’ottimizzazione dei processi di lavoro per automatizzare delle operazioni ed impiegare gli apprendisti nella parte creativa insegnandogli come si realizza una borsa o si scelgono i materiali”.
Proprio sui materiali si è concentrata la ricerca di E. Marinella, noto brand partenopeo di cravatte. “Quest’anno festeggiamo 105 anni – racconta Maurizio Marinella – e ancora oggi ci divertiamo a fare nuove scoperte senza dimenticare la nostra storia. Stiamo puntando sull’innovazione dei materiali con l’introduzione di Orange Fiber, un tessuto come la seta, dai colori brillanti e sostenibile. Noi però siamo e rimaniamo artigiani per cui non utilizziamo l’e-commerce che potrebbe crearci problemi di produzione, prendiamo ancora gli ordini telefonicamente perché il contatto diretto con i clienti è importante”.
“L’artigianato è sinonimo di tradizione ma oggi bisogna innovare per fare un salto di qualità, in realtà l’artigiano ha in sé la spinta alla crescita costante solo che a volte non ha tempo e risorse”, dichiara Elena Agrizzi, fondatrice di Live the Magic, a Venezia. Si tratta di una giovane azienda artigiana, che ha cercato di unire tradizione ed innovazione trasformando il vetro di Murano in un accessorio. “Abbiamo creato e brevettato una fibbia per cinture in vetro con una particolare lavorazione delle murrine – spiega Agrizzi – e realizzato una borsa interamente in vetro cucita con fili di argento dal nome Cinderella 2.0. Ma per portare innovazione ci vuole coraggio e visione”.
Twitter @mariaelenaviggi