Perché i crediti deteriorati minacciano ancora l’Unione Bancaria Europea

scritto da il 12 Aprile 2019

Post tradotto da una nota sul blog della London School of Economics. Traduzione a cura di Corrado Macchiarelli e Renato Giacon – 

Corrado Macchiarelli è Docente di Economia e Finanza presso la Brunel University e Visiting Fellow in Politica Economica Europea presso la London School of Economics.

Renato Giacon è Consigliere Principale per gli Affari Europei, Vice Presidenza per Policy and Partnerships, presso la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo.

Con l’avvicinarsi della scadenza di giugno, quando si terrà l’European Summit sul progetto di Unione Bancaria Europea, riemerge il nodo non ancora sciolto del terzo pilastro, quello del Sistema europeo di assicurazione dei depositi, o European Deposit Insurance Scheme (EDIS). A rendere critica l’architettura finanziaria europea è ancora una volta il problema dei crediti deteriorati, o Non Performing Loans (NPL), non solo tra i paesi della Periferia Sud dell’Unione Europea, ma anche tra i paesi della periferia orientale. Più di recente, in paesi come l’Italia, il Portogallo, la Spagna e la Romania si è assistito ad una loro drastica riduzione. Tuttavia non bisogna trarre velocemente la conclusione che questo sia un problema ormai superato. Vi sono diversi motivi per dover prestare particolare attenzione alla gestione delle politiche NPL e gli sviluppi giuridici in materia di NPL e sia a livello di UE sia a livello degli attuali Stati membri e dei potenziali futuri membri nella periferia sud-orientale.

La valutazione del rischio di credito è una parte importante dell’analisi macroprudenziale. In particolare l’aggregato dei crediti deteriorati (NPLs) rappresenta una misura della probabilità di inadempimento del settore bancario rispetto all’esposizione ai prestiti totali. L’elevato rapporto NPL-prestiti complessivi incide sui bilanci e sulla redditività delle banche, rallentando complessivamente la crescita economica. Pertanto i fattori che spiegano il rapporto tra crediti deteriorati ed il totale dei crediti in diversi paesi dell’UE ha destato un grande interesse negli ultimi anni. Il rapporto tra crediti deteriorati e il totale dei prestiti in paesi come l’Italia, Portogallo, Romania e Spagna ha iniziato una traiettoria di sostanziale riduzione. Nell’Unione europea, la riduzione dello stock dei crediti deteriorati è visto, in particolare dalla Germania, come un passo essenziale prima che possano essere fatte ulteriori concessioni circa la condivisione dei rischi, compresa la mutualizzazione, nel quadro dell’Unione Bancaria Europea.

In tal senso, pochi progressi sono stati realizzati dall’accordo sul Comitato di Risoluzione Unico (SRB), dal momento che gli ostacoli al raggiungimento di un accordo per un Sistema Europeo dei Depositi rimangono numerosi. I timori che frenano la sua realizzazione sono legati soprattutto al sistema bancario europeo in particolare quello della periferia dell’UEM, come evidenziato dalla persistenza del cosiddetto “home bias”, ovvero la tendenza delle banche ad acquistare titoli di Stato domestici, e da una distribuzione molto irregolare dei crediti deteriorati stessi. Quest’ultimo è attualmente considerato il principale ostacolo al consolidamento di un meccanismo di assicurazione dei depositi che limiterebbe i rischi di liquidità e di solvibilità delle banche. L’aspetto positivo è che il processo di riduzione dell’indebitamento del sistema bancario della periferia del sud Europa è in corso, principalmente attraverso un intervento istituzionale e governativo (ad esempio, in Italia con l’aiuto della Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze (GACS) (si veda la nota per il Parlamento Europeo, 2018). Tuttavia, la ricerca di rendimenti in un contesto di tassi di interesse bassi e di scarsa crescita, spinge le banche ad investire in titoli di Stato, aumentando cosi la fragilità del sistema bancario nella periferia del sud della zona euro, il che mette il sistema bancario a rischio di un futuro aumento di crediti deteriorati. Questo rischio può concretizzarsi soprattutto nel momento in cui la BCE dovrà, prima o poi, staccare la spina allo stimolo monetario non convenzionale.

Vi è molta incertezza riguardo all’attuale stock di NPLs, in quanto la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) ha introdotto solo pochi anni fa un quadro per l’armonizzazione dei crediti deteriorati. Sebbene sussistano delle discrepanze circa il livello effettivo dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche europee, i dati della BRI e del Fondo Monetario Internazionale (FMI) sono comunque d’accordo circa l’andamento generale. La letteratura sui crediti deteriorati in Europa identifica in genere diverse determinanti, compresi fattori specifici delle banche, nonché fattori macroeconomici quali crescita del PIL reale. Non emerge, invece, alcuna differenza quando l’analisi è svolta guardando alle diverse determinanti tra centro e periferia dell’euro zona.

Per avere un quadro più chiaro circa l’entità dell’accumulo e la distribuzione dei crediti deteriorati nell’UE, sono state costruite serie trimestrali partendo dagli indicatori di Stabilità Finanziaria del FMI dal primo trimestre 2007 al terzo trimestre 2018, attraverso il controllo incrociato con i dati della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) e i dati annuali del FMI/Banca Mondiale.

Confrontando la zona euro con i paesi dell’UE non appartenenti all’area dell’euro, la qualità del credito ha continuato a migliorare in molti paesi, con diversi punti di svolta nell’accumulo di NPL (tabella 1). Tali punti di svolta sui dati trimestrali devono essere intesi come il punto di svolta dopo il quale è iniziato il processo di ristrutturazione e riduzione dei crediti deteriorati.

Tra questi, si possono identificare tre gruppi di paesi (cfr. anche il Parlamento europeo): un primo gruppo (gruppo 1) con nessun accumulo significativo negli NPL durante l’ultimo decennio (Belgio, Germania, Danimarca, Finlandia, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svezia, Regno Unito), un secondo gruppo (gruppo 2) in cui bassi livelli di NPL iniziali sono stati accompagnati da aumenti moderatamente elevati durante la crisi (Austria, Repubblica Ceca, Estonia, Spagna, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia, Slovacchia) e, infine, un terzo gruppo (gruppo 3) in cui i livelli elevati di NPL sono stati osservati dalle prime fasi della crisi e sono rimasti alti fin da allora (Bulgaria, Cipro, Grecia, Croazia, Irlanda, Italia, Malta, Portogallo, Romania, Slovenia).

Come si può vedere dalla tabella 1, i paesi storicamente con NPL bassi hanno continuato ad accumularli – per ultimi, Lussemburgo e Finlandia – con minime variazioni marginali sui rapporti NPL/prestiti totali (gruppo 1, in verde). I paesi che hanno subito aumenti moderati, tuttavia, hanno iniziato il deleveraging abbastanza presto, con la Repubblica Ceca a chiudere (gruppo 2, in giallo). Tra il terzo gruppo, i paesi che hanno iniziato la riduzione dei crediti deteriorati tardi rimangono i più problematici: questi paesi sono concentrati nella seconda metà del campione. Ora che la ristrutturazione degli NPL è iniziata, in particolare con diminuzioni molto sostenute in paesi come Italia, Portogallo, Romania e Spagna, si sente meno il bisogno di discutere di queste esperienze, e in particolare di quali lezioni si possono apprendere dai paesi dell’Europa Orientale. Tuttavia, nonostante il miglioramento generale (e in alcuni casi tardivo), i crediti deteriorati restano molto persistenti soprattutto in alcuni paesi dell’UE.

Tabella 1: Punti di svolta nell’accumulo del rapporto NPL (ordinati per trimestre)

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Nota: I picchi sono stati ottenuti utilizzando l’Algoritmo Bry-Boschan modificato da Harding e Pagan per i dati trimestrali.

L’esperienza della “Periferia del Sud” dell’UE
Per alcuni paesi dell’Europa meridionale dell’area dell’euro, il rapporto NPL-prestiti complessivi è ancora lontano dalla media UE: per esempio, nel terzo trimestre del 2018 l’Italia aveva un rapporto di 9.45% (11.1% alla fine del 2017), la Grecia del 43.4%, e il Portogallo del 12% secondo la relazione di valutazione del rischio da parte dell’Autorità Bancaria Europea (EBA) dello scorso Dicembre. Tra i paesi della periferia meridionale, la Spagna in particolare ha iniziato la riduzione degli NPL dopo aver raggiunto un picco del 13,6% nel Dicembre 2013. Il rapporto NPL spagnolo è arrivato a circa 4.1% nel terzo trimestre del 2018, da 4.5% alla fine del 2017. La ragione del calo recente è dovuta principalmente dalla vendita di distressed debt.

Nel terzo trimestre del 2018, il rapporto NPL-prestiti totali in Europa era al 3.4%, o 714.3 miliardi euro, rispetto al 4.1%, ovvero 814.5 miliardi euro, nel quarto trimestre del 2017. Tale rapporto NPL-prestiti totali è divenuto nuovamente il più basso dal 2014 quando il volume totale era di 1,17 miliardi di euro, equivalente ad rapporto NPL del 6,5%, secondo la Relazione sulla valutazione dei rischi della EBA del Dicembre 2018.
Nonostante i recenti progressi nell’UE, il rapporto NPL rimane elevato rispetto ad altre economie sviluppate come il Giappone (1,2%) e gli Stati Uniti (1,1%), seppur l’attesa è che lo smaltimento dei crediti deteriorati nell’UE continui (Figura 1).

Oltre alla cessione sul mercato dei crediti deteriorati, un altro canale attraverso il quale i paesi dell’Europa meridionale hanno diminuito il loro rapporto NPL-prestiti complessivi è stata la ristrutturazione del settore bancario, come nei casi di Spagna, Cipro e Grecia (in quest’ultimo caso, 12 banche sono state liquidate) .

Figura 1:

a) Rapporti NPL al valore massimo prima della ristrutturazione

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b) Rapporti NPL nel 2018

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Nota: Calcoli degli autori sulla base dei risultati della tabella 1 e dei dati trimestrali del FMI

Su un mercato complessivo per le cessioni dei crediti deteriorati di 205,1 miliardi euro in valore contabile lordo e 142 operazioni nel 2018 – un anno record rispetto ai 144 miliardi di euro nel 2017 e 107 miliardi euro nel 2016 – l’Italia è stata la capolista con 64 operazioni di vendite di NPL per un controvalore di 103,6 miliardi di euro. In Italia, quasi la metà di queste operazioni è stata realizzata tramite cartolarizzazioni garantite dalla Garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze (GACS). La Spagna segue con cessioni per 43,2 miliardi di euro in NPLs attraverso 27 deals ; di seguito, la Grecia con 8 cessioni di NPLs per un volume totale di 13,9 miliardi di euro, poi il Portogallo con 16 deals pari complessivamente a circa 8 miliardi euro, e, infine, Cipro con 2 vendite dal valore di 2,9 miliardi di euro. In Spagna, in particolare, si è fatto ricorso ad una “bad bank” (SAREB), sul modello dell’Irlandese NAMA.

L’esperienza della “Periferia dell’Est” dell’UE
L’esperienza della periferia dell’Est dell’UE è stata solo in parte simile ai paesi del sud Europa , con Bulgaria, Romania Croazia e Slovenia che si trovano nello stesso gruppo di paesi dell’UE con livelli elevati di NPL pre-crisi e post-crisi. La maggior parte dei paesi della periferia dell’Est dell’UE si trova nel gruppo con bassi livelli di NPL iniziali (Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia).

In termini assoluti, la quota delle filiali bancarie nella periferia orientale che indica un aumento degli NPL nel 2017, è scesa al di sotto del 10% rispetto al 60% nel 2013, anno in cui paesi tra cui la Romania, la Slovenia e la Bulgaria avevano registrato crediti deteriorati superiori al 20% del totale. Al contrario, in Ungheria e Croazia i numeri dei crediti deteriorati sono rimasti alti, seppur al di sotto del 20%. Tuttavia, la lotta contro gli NPL rimane una priorità anche in questa zona dell’UE. Le notevoli riduzioni degli stock negli ultimi quattro anni hanno comportato una variazione significativa all’interno della regione. La maggior parte dei paesi ha raggiunto un basso rapporto NPLs; e l’unico mercato in cui i rapporti NPL sono rimasti a due cifre nel 2018 era Croazia (circa l’11%).

Tali riduzioni dei crediti deteriorati sono state rese possibili grazie a modifiche legislative e regolamentari (come nel caso della Romania), all’aumento delle cancellazioni e allo smaltimento dei crediti deteriorati, nonché alla crescente propensione al mercato per gli impaired assets. Inoltre, le vendite di crediti deteriorati nei mercati secondari hanno avuto luogo in paesi come l’Ungheria principalmente nel settore ipotecario, la Croazia (UniCredit ha venduto un portafoglio di 448 milioni euro di NPLs croati allo Specialista Ceco APS Holding), e la Romania (un consorzio di Banca, AnaCap e APS ha acquistato un portafoglio di 360 milioni euro NPL da Alpha Bank Romania).

Un altro motivo dietro al miglioramento della performance dei crediti deteriorati nella periferia orientale dell’UE è attribuibile in parte all’Iniziativa di Vienna, attualmente alla sua seconda versione, la quale recentemente ha celebrato il suo Decimo Anniversario e rappresenta un progetto comune tra la BERS (Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo), membro fondatore, la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e altre istituzioni finanziarie internazionali.

L’obiettivo dell’iniziativa era quello di sostenere la stabilità finanziaria nell’Europa dell’Est, incluso l’aiuto alla risoluzione e alla vendita dei crediti deteriorati – quest’ultimo introdotto con l’Iniziativa di Vienna II voluta per evitare il rischio di minaccia alla stabilità finanziaria della periferia orientale dell’Est. A minacciare la stabilità finanziaria della periferia dell’Est sono diversi fattori quali (i) la struttura proprietaria delle banche dell’Europa dell’Est con una forte presenza estera, (II) un numero esiguo di operatori bancari e (III) una struttura basata su finanziamenti all’ingrosso a breve termine. Più nel dettaglio, alcuni contributi recenti hanno evidenziato che per la periferia orientale dell’UE è la dipendenza del sistema bancario sui mercati all’ingrosso, piuttosto che la dipendenza da grandi gruppi stranieri, a determinare la stabilità bancaria della regione.

Nonostante il successo dell’Iniziativa di Vienna, il ritmo delle cessioni di crediti deteriorati nella periferia orientale ha recentemente rallentato con i volumi che sono diminuiti da un record di 7 miliardi di euro registrato nel 2017 a circa 3,3 miliardi euro nel 2018. Una parte del rallentamento del calo dello smaltimento dei crediti deteriorati nella periferia orientale dell’UE è dovuta ai fattori sul lato della domanda, in quanto gli operatori internazionali si sono concentrati sui Paesi della periferia nel Sud dell’UE (il valore degli stock di NPL in Grecia e Cipro, pari a 124 miliardi euro, ammontano a oltre il doppio della totalità di NPLs nella periferia orientale, circa 46 miliardi euro), e in parte a fattori sul lato dell’offerta, in quanto i crediti deteriorati si sono generalmente ridotti nella regione.

Al fine di rilanciare l’interesse dei mercati nell’Europa centro-orientale, così come nel Sud-Est Europa, Grecia, Cipro e Turchia, la BERS ha approvato nel 2017 un piano da 300 milioni di euro di finanziamenti per coinvestire in progetti per lo smaltimento degli NPL – sotto forma di un quadro di Risoluzione degli NPL – prevedendo, in particolare, partecipazioni dirette fino al 15% nella gestione di crediti deteriorati, investimenti azionari in portafogli NPL in partenariato con il settore privato, e una struttura di acquisizione degli NPL. I primi due investimenti co-partecipati dalla BERS si sono per ora concentrati sulla Grecia.

Cosa attendersi?
Per la maggior parte dei paesi dell’UE (partecipanti e non all’Unione Bancaria), l’accumulo di crediti deteriorati è iniziato tra gli ultimi trimestri del 2009 e il primo trimestre del 2010 principalmente a causa di pesanti vincoli fiscali in paesi con disavanzi di bilancio. L’alto debito pubblico ha alimentato un feedback negativo tra il debito sovrano e quello delle banche al punto che, nel caso della Spagna, è diventato necessario ricorrere a un supporto europeo. Da allora, il quadro europeo si è spostato nella direzione del bail-in e di maggiori garanzie reciproche.

Guardando in prospettiva, i responsabili politici nazionali e dell’UE non hanno riconosciuto tempestivamente le ricadute e il peso dei crediti deteriorati sui prestiti e sull’economia in generale. Così, la situazione ha continuato a peggiorare in diversi paesi appartenenti principalmente alla periferia del Sud Europa , dove la riduzione dell’indebitamento è iniziato tardi. Fortunatamente, i mercati hanno trovato una soluzione (cfr. il quadro di valutazione sugli aiuti di stato della Commissione europea).

I governi nazionali hanno inoltre intensificato i loro sforzi, anche attraverso obiettivi quantitativi sulla risoluzione dei crediti deteriorati (come nel caso dell’Irlanda), l’adozione di codici di condotta tra banche e clienti indebitati (Grecia e Cipro), una revisione della gestione da parte delle banche degli NPL (che ha portato, tra le altre cose, alla creazione di unità di ristrutturazione interna in tutte le grandi banche greche), nonché a riforme volte a garantire un funzionamento più agevole dei mercati per collaterali (meccanismi d’asta) e la creazione di procedure extragiudiziali (come nel caso di Italia e Grecia).

A livello europeo, l’approccio normativo relativo al trattamento degli NPL si è certamente evoluto negli ultimi anni. Ad esempio, nell’area dell’euro, il meccanismo di vigilanza unico (SSM) mira a garantire che le banche dispongano di risorse adeguate per la gestione dei loro crediti deteriorati.

Anche se, in linea di principio, si è registrato un auspicato cambiamento di politica nella direzione della creazione di un quadro giuridico e istituzionale per la gestione a lungo termine dei crediti deteriorati a livello dell’UE, con un ampio coinvolgimento delle istituzioni, delle agenzie Europee e delle banche, gli Stati membri, sono rimasti in primo luogo responsabili della riduzione dei crediti deteriorati e della prevenzione di futuri build-up.

Attualmente, lo sviluppo di una politica a livello dell’UE per il trattamento dei crediti deteriorati rientra in un piano d’azione più ampio per completare l’Unione Bancaria e creare l’Unione dei Mercati dei Capitali. La vigilanza bancaria, compresa la revisione dei requisiti esistenti in materia di adeguatezza patrimoniale, la creazione di mercati secondari per i crediti deteriorati, la riforma del diritto fallimentare e del recupero del debito e la ristrutturazione del settore bancario sono al centro dei lavori della Commissione Europea. Queste operazioni stanno avvenendo molto spesso in sinergia con altre istituzioni e agenzie dell’UE, gli Stati membri e le autorità nazionali competenti.

Vi sono inoltre iniziative pertinenti per la creazione di società di gestione patrimoniale e misure volte a migliorare la trasparenza dei crediti deteriorati in Europa. Tutte queste misure indicano un approccio al trattamento dei crediti deteriorati che mira ad essere sia proattivo che reattivo. Non solo tali misure mirano a ridurre gli NPL, ma anche a prevenire il loro accumulo futuro ed evitarne le vendite massicce. Tuttavia, nonostante la spinta legislativa e regolamentare, l’attuazione (e il costo) di tali misure è rimasta per lo più a livello nazionale.

Nell’area dell’euro, la mancanza di garanzie reciproche e la volontà di fornirle solamente ai paesi che hanno raggiunto bassi livelli di NPL non rappresenta un buon segnale per i paesi che fanno parte dell’Unione Bancaria, e ancor meno per gli aspiranti membri, la cui ristrutturazione di NPL è passata attraverso la politica di sostegno delle istituzioni finanziarie internazionali sotto forma dell’iniziativa di Vienna II. È interessante notare che tale sostegno internazionale si sia anche tradotto in uno strumento diverso, un esplicito “Quadro di risoluzione degli NPL”.

Come parte di questa iniziativa, la BERS ha effettuato un primo investimento in un portafoglio di prestiti non-performing di Alpha Bank, una banca greca, con un contributo di 25 milioni di euro. Un investimento minore (15 milioni) è stato recentemente approvato in favore di un’altra banca greca, Pireus, ed esistono attualmente piani per estendere tale quadro di risoluzione anche per Cipro.

Queste transazioni sono le prime nel quadro più ampio di una strategia che prevede 300 milioni di euro per sostenere gli sforzi nazionali allo scopo di risolvere gli elevati livelli di NPL in molti dei paesi di operazione della BERS; incluse Cipro e Grecia. Dal punto di vista dei mercati, sembra dunque opportuno disporre di un quadro di risoluzione sovranazionale in materia di NPL, dato che le banche greche, insieme a quelle di Cipro, hanno i più alti rapporti di esposizione ai crediti deteriorati in Europa (Figura 1).

In altre parole, mentre i mercati e il settore bancario si sono adattati, la politica dell’UE non lo ha fatto completamente. Questo ritardo non è un buon segnale per l’Unione bancaria stessa. La futura espansione dell’area dell’euro attraverso l’apertura a nuovi membri è ancora considerata economicamente e politicamente auspicabile, un trattamento degli NPL così miope potrebbe dunque rappresentare un ostacolo. Anche se molto dipenderà dalle future dinamiche tra il nuovo presidente della BCE e il Consiglio direttivo dei 23 membri dell’UE, assistiamo a due tendenze politiche. Da un lato, l’Unione bancaria è considerata necessaria per prevenire accumuli futuri di NPL; quindi un suo ruolo “preventivo”.

Dall’altro lato, una Risoluzione europea e un accordo sull’assicurazione comune dei depositi europei sono rallentati dalla mancanza di forza di volontà di alcuni Stati membri nel fornire garanzie reciproche a priori. In altre parole, all’Unione bancaria non viene riconosciuto alcun ruolo “correttivo” (seguendo l’esempio di ciò che il quadro di risoluzione NPL concordato per la Grecia dalla BERS sta facendo, per esempio). In altre parole, raggiungere e mantenere bassi livelli di rischio di credito è ritenuto un passaggio necessario per la mutualizzazione delle risorse a livello dell’ Unione Bancaria.

Dato il noto legame tra crediti deteriorati e crescita, ridurre e per lo più mantenere gli NPL bassi sarà impegnativo per quei paesi UE che attualmente sperimentano tassi di crescita inferiori alla media europea, tra le incertezze della Brexit, la guerra commerciale USA-Cina, nonché i bassi tassi di interesse. Tali incertezze rischiano di rallentare nuovamente il completamento dell’Unione Bancaria Europea. Nell’assenza di una volontà degli stati membri di procedere verso un ruolo “correttivo” dell’Unione Bancaria, la questione riguardante i crediti deteriorati rimane quindi per lo più politica e più urgente che mai.

Twitter @CMacchiarelli @GiaconRenato