categoria: Distruzione creativa
Intelligenza artificiale e finanza, qual è il limite tra realtà e finzione?
Sono due anni che ci lavoriamo in segreto. Circa 10 ore al giorno e con quattro ingegneri indiani, cinque italiani e due iraniani. Ora lo posso dire. Abbiamo acquistato circa 1000 piccoli droni che si connettono tra di loro e rilasciano delle informazioni ai nostri server. Ogni drone segue – fin dove la legge lo consente – le persone più rilevanti delle più grandi multinazionali. Le azioni di queste aziende vengono “tradate” automaticamente sul fondo.
Ma andiamo con ordine.
L’Intelligenza Artificiale abbinata alla Computer Vision legge le emozioni, i movimenti e i messaggi del corpo dei grandi manager e prende delle decisioni. Studia anche dal passato e ogni gesto, ogni labiale, un tic all’occhio e via dicendo da un segnale. Segnale dopo segnale abbinato al Machine Learning da vita a delle operazioni di trading.
Non solo droni…
La Computer Vision ha studiato lo storico delle conferenze stampa delle banche centrali. E l’Intelligenza Artificiale è riuscita a studiare tutti i micropattern del movimento azionario correlati al linguaggio del corpo di Powell della Fed e di Draghi della Bce.
No. Non è facile. Sembra fantascienza. Eppure funziona.
La psicologia viene completamente sintetizzata in numeri e la psicologia umana è ancora facilmente riconoscibile e, dunque, prevedibile.
Ci siamo trasformati dunque da una società che usa l’intelligenza artificiale in maniera puntuale, dicasi, analisi quantitativa ad una come dire creativa.
Ecco. Una cosa del genere volevo scriverla il 1 aprile. E l’ho fatto.
Perché?
Si sente parlare di Intelligenza Artificiale ovunque. E si. Per davvero l’AI può essere integrata quasi dappertutto ma qual è il limite tra realtà e finzione? Tra aspettative e pura realtà?
Mi viene da pensare a Two Sigma, uno degli hedge fund più famosi e profittevoli al mondo che si occupano di trading esclusivamente usando machine learning e una grande quantità di dati.
In un’intervista dicono di usare le immagini satellitari anche per vedere quante autovetture vengono vendute ogni giorno e così via in modo tale da avere informazioni pulite, chiare e in anticipo rispetto agli altri. Poi spetterebbe alle macchine prendere le decisioni di trading.
A Two Sigma gli credo – ovviamente – anche se nonostante ciò lo scorso anno non hanno performato bene quanto gli anni precedenti (2% circa).
Ci sono tanti fondi invece che oramai dichiarano di tutto per rendersi appetibili.
Analisi semantica sui social network, uso delle immagini satellitari per osservare il comportamento degli esseri umani, previsioni del tempo più accurate e cosí via.
Eppure… Lo scorso anno tanti di questi hanno chiuso con perdite di oltre il 10%. E ancora. Perché?
È mero marketing il più delle volte.
Ma non contavano solo i numeri nell’industria finanziaria?
Se un fondo percepisce un tot di commissioni all’ingresso da parte di un cliente deve essere capace di venderglielo e, spesso, in questo caso i numeri non bastano, anzi, a volte sono davvero marginali.
Fatevi una domanda.
Di chi si fida il cliente?
Di chi gli propone il fondo, di come glielo racconta. E soprattutto della reputazione. E perché è più facile che una persona lasci i soldi in una banca piuttosto che in un piccolo fondo?
Ecco.
Ovviamente non tutti i gestori la pensano così e ci sono menti brillanti che si arrovellano il cervello di continuo per provare a studiare in migliaia di modi diversi – forse – la cosa più difficile del mondo. Anticipare l’andamento del mercato azionario.
Ma mai come in questo periodo il mercato sembra essere tanto confuso. I gestori umani sembrano non riuscire più a competere con gli algoritmi. E gli stessi algoritmi iniziano a competere l’uno contro l’altro.
A fine 2018 i mercati sono crollati molto velocemente e quasi con la stessa intensità sono risaliti… Sembrano quasi scontare un accordo tra Cina e gli Usa.
Ma un accordo senza sanzioni potrebbe davvero portare la Cina a surclassare gli Usa. D’altro conto un non accordo rischierebbe di riportarci ad una nuova forte recessione.
Si. Sono riflessioni puramente personali e che non hanno nulla a che fare con gli algoritmi.
Anzi. A dire il vero. Ci sono alcuni studiosi brillanti che stanno cercando di creare modelli guidati da AI per prevedere anche i rischi geopolitici purtroppo ancora senza risultati soddisfacenti.
Ve lo immaginate un giorno i servizi segreti di un Paese gestiti quasi interamente dall’AI. Ecco qua torniamo alle utopie…Forse…
Ma ritornando al concetto di prima. Dell’hype che da diversi anni ci sta sobbissando non posso non dimenticare un professore di Roma.
Qualche anno fa mi disse che aveva trovato una serie di formule legate al concetto di “Complexity” che studiavano gli andamenti macroeconomici dei Paesi.
Stava cercando circa 50 milioni per partire con un fondo ed era straconvinto che la Cina sarebbe ancora cresciuta in maniera esponenziale. E invece? Non studiava la psicologia del mercato ma tantissimi dati del passato di “analisi fondamentale”.
Ma è tutto così aleatorio?
No. Renaissance il fondo creato da James Simons da circa 30 anni continua a rendere ai clienti percentuali da capogiro ogni anno. Sono stati i primi a usare modelli quantitativi e di AI. Sembra che nel 2008 abbiano guadagnato circa il 90%.
E Buffett?
Buffett è un investitore di lungo termine e non tutti ricordano che nel 2008, invece, il suo fondo Berkshire Hathaway ha subito un drawdown – una massima perdita – del 53%.
Riuscireste a sopportarla una perdita del genere? Ecco. Se siete nel fondo di Buffett magari si. E sì. Proprio perché ha una storia…
Tutto questo per dire cosa?
L’industria finanziaria tradizionale nel 2018 ha avuto delle difficoltà enormi. E se dovesse arrivare una nuova crisi ne avrà di ben peggiori. Cambierà veste.
Oramai il mercato è per la maggior parte fatto da algoritmi che prendono decisioni in maniera quasi automatica.
Ma non tutti gli algoritmi sono uguali. E ce ne sono tra tanti quei pochi che riescono davvero a comprendere qualcosa che alla maggior parte delle persone sfugge.
Qualche giorno fa ho letto un articolo di Riccardo Luna dal titolo: “Il fallimento dell’intelligenza artificiale”. Non sono d’accordo. L’intelligenza artificiale non è tutta uguale. Non è bianco e nero. Ma un insieme. Insiemi ed insiemi di sfumature… Nell’articolo si propone un nuovo paradigma sintetizzato nella frase in inglese: “Less Artificial, more Intelligent”.
Ma chi lo dice che non siano la stessa cosa o che possano viaggiare insieme?
Perché la stessa intelligenza artificiale, le basi dell’AI sono state create dagli uomini e non mi sembra il caso di dire che quegli uomini non siano stati intelligenti…
Il problema più che altro è del breve termine. Il saper distinguere un prodotto di valore oppure no. Vero o falso. È un problema di breve perché nel medio o lungo termine il mercato seleziona i migliori e i peggiori.
Per come la mettiamo è sempre il mercato ad avere ragione che sia una macchina, un’intelligenza artificiale o un essere umano.
Qualcuno può controbattere dicendo che i soldi si pesano. Ed è vero. Che bastano anche pochi individui con tantissima liquidità che si mettono d’accordo e manipolano il mercato. Ma se fosse vero non sarebbero umani. Non ci sarebbero neppure guerre.
Perché il problema di noi esseri umani è che siamo pieni zeppi di desideri. Soprattutto di avidità e di potere. E lottiamo quasi continuamente per questo. Difficile che ci accontentiamo di un compromesso ma non è detto che sia sempre un male.
Rispetto a prima le guerre diventano sempre più “intellettuali” e virtuali. Il mercato è il campo di battaglia e solo chi ha la tecnologia migliore riesce a sopravvivere. Nessuna finzione.
Ah. Dimenticavo. E il Pesce d’aprile?
Sì. Ci siete cascati in tanti.
Twitter @simeoneantonio1