categoria: Vendere e comprare
Così l’e-commerce entra anche in farmacia e può parlare (utilmente) di noi
L’evoluzione della distribuzione al dettaglio è ormai un fatto assodato. Il concetto di Phygital, per esempio, è un elemento di innovazione che sta radicandosi in tutta la filiera. La base del Phygital è, semplificando molto, semplice: si “prende” una struttura di distribuzione al dettaglio (singolo negozio, centro commerciale etc.) e la si avvolge e compenetra di una serie di soluzioni, fisiche e digitali (software e hardware a supporto).
Detto così sembra semplice, tuttavia ogni singolo settore ha delle normative e, specie in Italia, sino a quando il sistema normativo non si adegua (alcuni direbbero non si ammoderna) c’è poco da fare.
Uno dei settori che, da poco più di due anni, sta vivendo una rivoluzione phygital è quello sanitario farmaceutico. Il mondo del Medtech, o se preferiamo il mondo dei Big Data applicato alla salute, è un universo che, fino a pochi anni fa, era ancora tutto analogico.
Per quanto la figura qui sopra sembra racchiudere tutti i settori, ogni giorno nascono nuove realtà o sottoclassi che racchiudono nuove aziende.
In questo scenario il settore delle farmacie offre una potenziale miniera d’oro. Da un lato i dati prodotti dagli acquisti dei pazienti possono generare previsioni che incidono sull’intera filiera dell’industria farmaceutica. Dall’altro lato gli stessi dati, opportunamente elaborati, possono essere open source (disponibili pubblicamente) per enti pubblici governativi che hanno necessità di comprendere lo stato della salute dei propri cittadini.
Negli Stati Uniti, per esempio, ci sono casi come Digital Pharmacy che hanno raccolto milioni di dollari offrendo una serie di servizi digitali per semplificare la vita ai clienti. Il numero di startup americane focalizzate sul settore sono in crescita veloce.
Con uno scenario in veloce mutamento, gli Usa guidano il settore. Tuttavia il settore medicale ha delle “barriere di ingresso” che permettono anche a realtà occidentali nazionali di crearsi una loro nicchia.
Per comprendere come le farmacie italiane stiano diventando digitali ho pensato di dialogare con qualcuno che, di questa innovazione, ha un esperienza diretta.
“Per quanto riguarda i farmaci etici di classe A e C, la farmacia è il distributore unico”, mi spiega Maurizio Chirieleison, general manager Consumer Healthcare di Angelini. “Per i farmaci di automedicazione senza obbligo di prescrizione la farmacia copre circa il 92% delle vendite in valore. Seguono le parafarmacie con il 5%, mentre i corner all’interno delle grandi strutture commerciali contano per un restante 3% (Fonte: IQVIA; Dati: ultimi 12 mesi, agosto 2018). Limitatamente ai prodotti di auto cura non prescritti dal medico e agli integratori (OTC), la vendita attraverso e-commerce è di circa 41 mln €/anno, si tratta prevalentemente di integratori, pari ad uno 0.7% del mercato medesimo nel canale “farmacia convenzionale” (Fonte: IQVIA; Dati: stima su dati FY 2017).”
Magari 41 milioni non sembrano tanto, ma è bene ricordare che il trend è in crescita. Uno scenario di “amazonizzazione” è quello prospettato anche da IQVIA . Il termine sembra richiamare un futuro in cui si potranno comprare farmaci e integratori sulla famosa piattaforma di commercio elettronico.
Se parliamo di OTC “stiamo ponendo sicura attenzione a questa nuova dimensione distributiva che sta rapidamente assumendo in alcune realtà aspetti estremamente rilevanti, basti pensare alle recenti espansioni delle e-commerce companies nel mercato farmaceutico”, continua Chirieleison.
“Riteniamo che l’approccio più idoneo sia quello di considerare l’e-commerce alla stregua degli altri canali distributivi , tuttavia consapevoli di differenze e peculiarità che vanno gestite con grande attenzione nell’interesse dell’end-customer.”
Il concetto di raccolta dati, nell’ambito farmaceutico non è nuovo. Tuttavia, come ben insegna la sopracitata Amazon (per il mercato in generale), i dati sono fondamentali e permettono di definire e decostruire un’intera filiera.
“Qualsiasi forma di raccolta digitale del dato e dell’informazione, nell’assoluto rispetto delle regole, può sicuramente contribuire a rendere il sistema più efficace ed efficiente. Questo non vale solamente per l’e-commerce in sé, ma anche per tutte quelle attività che sempre di più caratterizzano la farmacia del futuro”, conclude Chirieleison.
Se lo scenario macro è chiaro ora resta da comprendere se in Italia qualcosa si muove. La professione del farmacista ha una lunga storia alle spalle, ma è solo dal 2015 che in Italia è stata introdotta una legislazione per regolare la vendita online di farmaci: in questo contesto è stata fondata Farmakom, società che ha sviluppato una piattaforma digitale per una gestione dell’e-Commerce, scelta da oltre 30 farmacie italiane.
“Farmakom è nata nel 2016 – mi spiega Massimiliano Misseri, co-founder – ha saputo cogliere l’opportunità di una domanda latente sviluppando una soluzione concreta per i farmacisti interessati ad ampliare il loro bacino d’utenza con gli acquisti online: una piattaforma a misura di farmacia che si integra automaticamente con i più diffusi gestionali per farmacia e banche dati del farmaco online, e fornisce tutte le referenze dei prodotti da banco in commercio, completi di descrizione e di immagini, evitando così al farmacista perdite di tempo nell’inserimento dati”.
L’e-commerce di farmacie in Italia ha segnato nel 2017 un aumento del 17% per un totale di 96 milioni di euro e che tutta Europa crescerà del 9,3% entro il 2021 per un totale di 13 miliardi di euro. La multi-canalità ha avviato un cambio di marketing da prodotto-centrico, a customer-oriented, a value-driven e sembra ora abilitare un cambio di approccio strategico: dal CRM (Customer Relationship Mangement) al CMR (Customer Management of Relationship), conferendo al cliente maggiore potere e controllo. In questo senso vanno le posizioni di Baldessin (Coo di LSWR) che, citando la ricerca condotta da LSWR e rivolta a 15 delle 20 maggiori industrie farmaceutiche italiane, analizza il decennio 2008-2018.
Nel complesso, il confronto tra i dati 2008 e quelli 2018 mostra una maturazione lenta del multichannel e una persistente difficoltà a integrare questa prassi con la strategia dell’azienda. Nella recente conferenza di luglio di Aism (Il Marketing Farmaceutico al tempo del Multichannel) è emerso che, nonostante l’uso del digitale e dei new media siano in forte crescita, le aziende incontrano difficoltà a stare al passo con i continui cambiamenti in atto, sia per difficoltà di adattare i modelli organizzativi all’evoluzione del digitale, sia per la scarsa adeguatezza di alcuni investimenti. La mancanza di modelli organizzativi efficienti causa talvolta l’inutilizzo o il sotto-utilizzo di determinati canali. Ciò porta da un lato a non sfruttare al meglio rilevanti opportunità di comunicazione con gli stakeholder – i medici, in primis – e dall’altro a non capitalizzare e accumulare esperienza. Nonostante queste difficoltà, appare chiaro come, nella definizione di una strategia di marketing multicanale, sia importante la profilazione (segmentazione) dei destinatari, al fine di adattare i contenuti e i canali alle reali esigenze dei destinatari di ciascuna iniziativa. Le aziende farmaceutiche hanno oggi l’opportunità di valutare, attraverso opportune survey, quali canali sono maggiormente apprezzati da ciascuna categoria di medici, monitorando le iniziative sulle varie piattaforme e ottimizzando il media-mix. È opportuno che il multichannel superi la dicotomia tra canali tradizionali e digitali, dal momento che la distinzione è sempre più anacronistica e che non tenere in considerazione ogni mezzo a disposizione potrebbe portare a una perdita di opportunità.
Sul tema piattaforme e multichannel, torna Misseri, “la piattaforma è nata dopo mesi d’interviste e ricerche, per capire non solo le esigenze di mercato, ma anche per studiare un modello di business che fosse il più scalabile possibile. Abbiamo creato Farmakom perché fosse un e-commerce totalmente integrato e pronto all’uso. Il nostro software SaaS (Software as a Service, il concetto base di molti gruppi di software house moderni), infatti, ci permette di estendere automaticamente, a tutto il network delle farmacie aderenti alla piattaforma Farmakon le nuove funzionalità sviluppate in risposta a feedback e novità tecnologiche, rendendo così l’attività digitale del farmacista sempre più efficace e sempre più competitiva”.
Se la conferenza di Aism e Angelini hanno evidenziato uno scenario promettente resta da capire i numeri. Al netto di tutto, giusto per evitare di discutere di grandi visioni e poi perdersi in un bicchiere d’acqua, è bene comprendere se in Italia, detto in modo brutale, c’è “ciccia”.
“I numeri di Farmakom sono basati sui due anni di attività: 2,5 milioni di visite, 250.000 ordini, 160.000 clienti e più di 15 milioni di euro di transato tra tutti gli e-commerce attivi nei primi due anni. Partendo da un investimento sostenuto direttamente dai suoi soci, Farmakom ha raggiunto il break-even in meno di un anno dalla sua fondazione e ha iniziato a generare utili con una proiezione di fatturato di 1,5 milioni di euro entro la fine del 2019″, conclude Misseri.
In un’era digitale in cui l’online influenza gli acquisti di milioni di italiani, capire i comportamenti degli utenti è fondamentale: chi visita un e-commerce lascia dati su di sé, sui propri gusti, sulle proprie preferenze, sulle proprie abitudini d’acquisto; questi dati vengono raccolti ed elaborati tramite strumenti di Data Analysis, che li condensano in informazioni di facile fruizione, utili non solo al miglioramento della piattaforma tecnologica, ma anche a dare al farmacista indicazioni su come muoversi digitalmente per migliorare vendite e servizi.
Vantaggi per la popolazione e il governo ne abbiamo?
L’immagine sopra è una delle tante infografiche che il software di Farmakom può fornire. Quali possono essere i vantaggi di infografiche simili? Consideriamo, per esempio, la sezione integratori e alimenti: come si nota è una fetta importante degli acquisti (quanto meno sui dati delle farmacie che lavorano con Farmakom). Cosa succede se un governo regionale o nazionale, utilizzando questi dati, osservasse una crescente domanda di integratori alimentari? La deduzione più logica che si potrebbe fare è che esiste una carenza nell’alimentazione di una parte della popolazione. Detto così sembra cosa da poco, ma una carenza alimentare che spinge le persone a compensare con integratori (anche se si tratta di banali vitamine), è sintomo che qualcosa non funziona.
Consideriamo, sempre per fare un esempio, che vi sia una crescente domanda tra gli anziani di vitamina C. Il conseguente acquisto potrebbe essere sintomo che una parte della popolazione non ha possibilità (forse economica) di approvvigionarsi di frutta e verdura, di qui la necessità di acquistare l’equivalente dose di vitamina C in pastiglie. Ricordiamo che una carenza di vitamina C può, mi corregga un medico se sbaglio, come lo scorbuto.
Ovviamente questo esempio è estremo, ma consideriamo l’importanza che ricopre, in seno ad un amministrazione pubblica, l’avere accesso a forme di trasmissione di dati in tempo reale. Uno dei vantaggi che i big data in ambito medico o sanitario possono offrire alla cittadinanza è proprio quello di avere una visione in tempo reale, prevenendo ogni scenario negativo che può manifestarsi.
Dopo tutto, un antico “adagio” parafarmaceutico dice “prevenire è meglio che curare”.
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