Ma quali investimenti pubblici, nella Legge di Bilancio se ne vedono ben pochi

scritto da il 21 Ottobre 2018

Dopo tanto penare, il governo è riuscito a partorire la Legge di Bilancio. C’erano molte attese. E molte paure. I timori erano correttamente riposti perché dal giorno della pubblicazione del contratto di governo (metà maggio), i mercati hanno iniziato a fare il loro lavoro, dare un prezzo alla credibilità del nostro Paese, ai titoli di Stato e alle azioni quotate. Il rischio Paese è cresciuto continuamente, i rendimenti dei titoli di Stato sono saliti sia sulla parte breve che sulla parte lunga della curva. Lo spread con Spagna e Portogallo è salito a livelli mai visti (per lungo tempo siamo stati percepiti molto meno rischiosi degli altri Paesi del sud Europa ).

Il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha il suo bel daffare per mitigare gli effetti del duo Salvini-Di Maio, ma anche la sua credibilità è perduta. Non ci si può presentare un giorno all’Ecofin con dei numeri e poche settimane dopo smentirli e presentare un deficit strutturale profondamente diverso.

La Commissione Europea ha bocciato la manovra, l’Italia deve rispondere entro le 12 di lunedì 22. Il Commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici ha fatto presente che sono da rivedere il deficit strutturale, il debito e la crescita. È chiaro a tutti che la stima di crescita del Pil del 2019 pari all’1,5% non sarà mai raggiunta. La Banca d’Italia prudentemente ha scritto +0,9%. In presenza di forte incertezza, chiunque parli con gli imprenditori sente sfiducia e programmi di investimento rimandati. Sono già molte le società che hanno rinunciato a quotarsi in Borsa. Il decreto “Dignità” (sic!) ha indotto al mancato rinnovo dei contratti a termine. Un risultato formidabile per un ministro del Lavoro.

Il ministro degli Affari Europei Paolo Savona ha evocato un nuovo miracolo economico, con una crescita nei prossimi anni al 2-3% in presenza di forti investimenti privati e pubblici. I primi sono un sogno, visto il clima erratico, i tassi in salita e l’accesso al credito sempre più difficile (è cresciuto sensibilmente il costo della raccolta per le banche italiane, e al contempo il patrimonio si è indebolito via prezzi in calo dei Btp in portafoglio). In relazione agli investimenti pubblici, ci sarebbe piaciuto vederli nel DEF, ma se ne sono perse le tracce.

schermata-2018-10-20-alle-22-37-01

La storia non è maestra di vita, ma aiuta a capire, per cui permettetemi questo viaggio nel tempo. Marzo 1927. Alcide De Gasperi viene bloccato dalla polizia fascista e arrestato con la moglie mentre è in treno a Firenze diretto a Trieste. Perquisito, non gli trovano in tasca volantini antifascisti, ma l’Imitazione di Cristo, di Tommaso da Kempis; dopo la Bibbia, il testo religioso più diffuso di tutta la letteratura cristiana occidentale.

Il laico governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi riprenderà nelle Considerazioni finali per il 1977 un passaggio dell’Imitazione di Cristo: «Perché non ci tornino in cagion di condanna le cose sentite, e non operate; credute, e non osservate». Per Baffi «La conoscenza è sterile, se non scatta la volontà che la trasformi in azione». Si fa un gran parlare dei moltiplicatori degli investimenti, ma se le risorse si destinano alla spesa corrente, quali effetti avremo se non un moltiplicarsi dell’assistenzialismo, del keynesismo all’italiana evocato dal compianto Marcello de Cecco?

Poco dopo, nello stesso testo letto il 31 maggio 1978, Baffi sensibilizza il governo sulla necessità di tagliare la spesa corrente: «Se si è convinti che la spesa pubblica corrente ha raggiunto valori insostenibili, che essa non risponde in modo appropriato alle esigenze sociali e che per di più ha in sé fattori di ulteriore deterioramento quantitativo e qualitativo, occorre intervenire senza ulteriori indugi e senza mezze misure». Quanta nettezza da parte del governatore della Vigilanza: «Senza mezze misure». Predica inutile.

Bene, in questa manovra di Bilancio, su 36,5 miliardi di spesa aggiuntiva, solo 3,5 sono destinati agli investimenti, e sappiamo bene quanto sia lenta la macchina pubblica, per cui sono risorse che verranno impiegate se va bene nel 2020.

Se come viene ipotizzato in queste ore, il governo sta pensando di ridurre il deficit previsto nel 2019 al 2,1%, speriamo se non altro che quel poco di investimenti pubblici rimangano al loro posto. Se la spesa corrente continuerà a spiazzare gli investimenti, sarà inutile lamentarsi della crescita apatica dell’economia italiana.

Twitter @beniapiccone