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Abbandonare l’università? Il ruolo delle borse di studio e la variabile geografica
L’autrice di questo post è Valeria Benedetto, laureata in Economia e Commercio e Master student in Economia, Organizzazione e Management presso l’Università degli Studi di Torino. Fa parte del Comitato del premio letterario Italo Calvino –
Politica valutata: concessione di borse di studio sulla base del DSU-Diritto allo Studio Universitario.
Obiettivo: incentivazione e razionalizzazione della frequenza universitaria
Effetto: positivo, diminuzione del tasso di abbandono universitario nel primo anno di studi
Il sistema universitario italiano è penalizzato da un alto livello di dispersione, sia in termini di irregolarità negli studi che in abbandono degli stessi. Nel primo caso, si tratta del fenomeno dei “fuoricorso”, in Italia presenti in misura maggiore rispetto alla media europea (1). Dati simili (2) riguardano il mancato completamento del percorso di studi: l’abbandono avviene prevalentemente nel corso del primo anno (3). Oltre ad aspetti più soggettivi, come motivazione personale e background socioculturale, la condizione economica rappresenta un vincolo stringente per molti studenti e per le loro famiglie.
La riflessione su questo problema ha avviato diverse linee di sviluppo di ricerca dedicate alle strategie più efficaci per prevenire e contrastate l’abbandono precoce, tra le quali si possono inserire i sistemi di aiuto alla contribuzione studentesca, in Italia erogati attraverso il programma DSU-Diritto allo Studio Universitario (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, Aprile 9, 2001). Stando al sito del Miur, il DSU “promuove la possibilità di proseguire gli studi fino ai livelli più alti presso l’Università, anche a chi ha una condizione economica svantaggiata, arrivando a garantire, a chi risulta idoneo ai benefici, la gratuità dell’iscrizione, insieme a un sostegno economico a studentesse e studenti per affrontare le spese di questo percorso.”
Il principale, anche se non l’unico, beneficio di questo decreto consiste nelle borse di studio, erogate dalle Regioni, che danno il diritto all’esonero totale dalle tasse universitarie e, nel caso di studenti fuori sede, anche di posto letto in una residenza ad una tariffa calmierata. L’assegnazione delle borse, nel primo anno di iscrizione, è assoggettata al solo soddisfacimento dei requisiti economici attraverso l’attestazione ISEE, mentre negli anni successivi sono necessari anche requisiti di merito per poter continuare a godere delle agevolazioni.
Ma questo sistema impatta davvero sul fenomeno dell’abbandono universitario?
Per avere una risposta è opportuno citare il recente studio di Modena, Rettore e Tanzi per Banca d’Italia: “The effect of grants on university drop-out rates: evidence on the Italian case” . Analizzando i dati empirici relativi al decennio 2003-2013, si sono confrontati, per ogni università, due gruppi di studenti dal contesto familiare simile: i beneficiari delle borse di studio e coloro che, pur essendo idonei, non le hanno ottenute. Rispetto ad altri studi simili, il working paper della Banca d’Italia si caratterizza per Ia copertura totale dei dati, prelevati dell’ANS, Anagrafe Nazionale Studenti, riguardanti la totalità degli studenti italiani tra i 18 e 20 anni.
L’analisi è stata svolta per il solo anno d’immatricolazione, per evitare bias dovuti all’assegnazione per merito negli anni successivi al primo. È interessante notare come l’impatto delle borse non differisca tra studenti e studentesse mentre è influenzato dall’area geografica di provenienza: in assenza di DSU, l’abbandono aumenterebbe del 67% al Sud, contro il 17% di Nord e Centro. La ragione è dovuta alla maggiore povertà delle famiglie nel Mezzogiorno, oltretutto in aumento nell’ultimo biennio (4).
In generale si è constatato come le borse di studio evitino il fenomeno dell’abbandono universitario da parte degli studenti appartenenti a fasce basse di reddito. Infatti, l’effetto medio è considerevole: è stata stimata una riduzione del 2.7% del tasso di abbandono per gli studenti beneficiari della borsa di studio. All’opposto, come conseguenza della mancata assegnazione della borsa, il tasso sarebbe passato dal 7% al 10%. Ma non solo. Le agevolazioni finanziarie concesse nel primo anno di studi hanno anche un impatto positivo negli anni successivi: coloro che beneficiano delle borse di studio hanno più probabilità di laurearsi nei tempi legali dei corsi scelti, a beneficio non solo personale ma anche di performance accademica delle Università italiane.
Il DSU, dunque, come sistema di incentivi, agisce sui costi opportunità dell’istruzione, evitando che vincoli di natura economica limitino la carriera scolastica e, di riflesso, lavorativa degli studenti a basso reddito. 
NOTE
1. 40% sul totale iscritti in Italia contro il 30% media dei paesi europei (ANVUR, 2013; OCSE, 2014). 
2. In Italia il tasso di abbandono si aggira al 40% mentre nei paesi dell’Europa occidentale oscilla tra il 21% e il 28% (OCSE, 2013; Quinn, 2013). 
3. Tra il 2003 e il 2014, in media, circa il 15% delle matricole universitarie non si sono iscritte al secondo anno,; ANVUR (2016); De Angelis et al. (2016) 
4. L’incidenza della povertà assoluta per le famiglie è aumenta nel Mezzogiorno da 8,5% del 2016 al 10,3% del 2017. ISTAT