categoria: Vendere e comprare
Siamo sicuri che esista il panic selling?
L’autore di questo post è Giovanni Pesce, esperto di mercati finanziari e di valutazione degli strumenti finanziari –
Talvolta, dopo una chiusura in negativo di Wall Street e una chiusura (che qualcuno ritiene conseguente) altrettanto negativa di Milano, si risente parlare di panic selling.
Ma cosa è il panic selling? Personalmente lavoro sui mercati da quarant’anni, e in tutto questo periodo credo di aver vissuto forse tre episodi di questo genere. Assistiamo a un fenomeno di panic selling solo quando decine di titoli chiamati al listino non fanno prezzo, o quando domanda e offerta non si incrociano lasciando invendute centinaia di proposte originate da chi “fa lettera”, cioè dagli operatori che cercano di vendere titoli propri o della clientela.
Contrapposto al panic selling possiamo immaginare un altro fenomeno, altrettanto raro, che chiameremo enthusiastic buy, i cui in una seduta di Borsa nessuno vende e tutti vogliono comprare (vai alla voce bolla dot-com).
Tuttavia, non ho mai condiviso l’opinione che una o più giornate negative di borsa indichino una prevalenza dei venditori rispetto ai compratori. Se un titolo chiude le contrattazioni e “fa prezzo”, come si dice in gergo, i venditori e i compratori pareggiano il conto.
Esiste poi un altro equivoco, di cui ogni tanto si sente parlare, quello di una Borsa dominata dalle vendite. Questa definizione potrebbe valere se i venditori non trovassero compratori. Solo in quel caso si si potrebbe, giustamente, parlare di panic selling.
A questo punto mi sentirei di coniare, se mai non fosse già stato fatto, un nuovo termine per giustificare ex post l’andamento dei mercati in fasi di volatilità come queste: risk selling o risk buy, in cui chi vende alleggerisce il suo rischio per rientrare in una tolleranza migliore e chi acquista ritiene quel titolo a quel prezzo perfettamente allineato con la sua propensione al rischio. È la stessa bistrattata MIFID a chiedere che la propensione al rischio di ogni singolo investitore o di un operatore sia perfettamente definita.
Mi piacerebbe che questa nuova terminologia fosse adottata da chi racconta ciò che accade sui mercati, anche per rispetto nei confronti delle centinaia di persone che sui mercati ci lavorano, gestendo, consigliando o producendo finanza, usando la propria intelligenza, il proprio spirito analitico e imprenditoriale, e assumendosi le responsabilità delle proprie scelte e del proprio agire. Che il mercato sia composto da un manipolo di bravi trader, il cui comportamento istintivo può modificarne nevroticamente l’andamento, risulta davvero difficile da credere.
Il mercato, infatti, è prevalentemente composto da investitori istituzionali, che gestiscono masse importanti di investimenti azionari e obbligazionari. Gli investitori istituzionali si muovono solo dopo avere realizzato, con le tecniche più evolute, analisi tecniche, fondamentali e di scenario, in seguito alle quali, accanto alla capacità di gestione dei rischi, decidono di vendere o comprare.
È solo grazie a queste due antitesi che i mercati vanno avanti.