Liberismo e catastrofi: come fare soldi sulle sciagure altrui

scritto da il 07 Ottobre 2018

Amici liberisti e amiche liberiste volete fare soldi con le catastrofi ma non sapete come? Adesso vi do un paio di dritte.

I romani (gente saggia!) erano soliti dire “morte tua vita mia”; la loro frase è, a mio avviso, ancora estremamente attuale. Addirittura Tertulliano, un abitante di Cartagine del secondo secolo (anno più anno meno), sosteneva che “in realtà pestilenze, carestie, guerre, terremoti devono essere considerati come dei rimedi per le nazioni, come mezzi per mondare la lussuria della razza umana”. Cinico ma come vedremo in seguito imitato nel suo pensiero da politici e affaristi.

Ai tempi di Roma non ci andavano leggeri con le parole. Sono passati alcuni millenni e le tragedie umane o, ancor di più quelle naturali, sono divenute un ottimo strumento per fare soldi. Sia che l’evento catastrofico abbia luogo, sia che non abbia luogo, ci sono metodi, più o meno sofisticati, da utilizzare e soldi da guadagnare.

Finanza sofisticata

Il mondo della finanza, negli ultimi decenni, ha scoperto un modo estremamente efficiente di speculare sulle tragedie naturali. I catastrophe bond (in gergo cat bond) sono uno strumento ideale per investire in catastrofi. Il sistema è piuttosto semplice. Un ente o azienda (di solito gruppi assicurativi) emettono un bond. L’investitore lo compra (di fatto prestando i suoi soldi alla realtà emettitrice dell’obbligazione) e ne ottiene un interesse annuo fino a maturità del bond. In seguito otterrà indietro anche i suoi soldi. I cat bond, tanto per dare un’idea del fenomeno, emessi ad agosto 2018 hanno tranquillamente superato gli 11 miliardi di dollari, su un totale di mercato (tracciato) di oltre 36 miliardi di dollari.

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Certo si potrebbe suggerire che speculare sulle sfortune altrui sia cinico e non etico. Da che mondo e mondo il concetto di etica e finanza non vanno (sempre) a braccetto. Torniamo al tema guadagni: la logica spingerebbe a credere che questi bond siano costosi e rischiosi. Dopotutto il “gioco” funziona se non ci sono catastrofi. Quando si verifica una catastrofe (tifoni, incendi, terremoti etc.) l’ente assicurativo che ha emesso il bond deve intervenire e quindi gli investitori saltano. Una percezione corretta ma l’arte della finanza è sottile. Prima di tutto osserviamo le rendite.

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In continua crescita, ma come è possibile?

Dopo tutto qualche tifone o terremoto, che ha “shampato” (termine tecnico, cinico e irrispettoso) cittadini e edifici, lo abbiamo avuto nel mondo, negli ultimi anni. Il trucco, se così si può dire, è presto spiegato. Il rischio del bond di solito è legato a specifiche assicurazioni. Quindi non si parla di un bond legato (per esempio) a qualunque catastrofe naturale avente luogo in (poniamo) America, emesso da un assicurazione americana. I bond supportano specifiche polizze o sezioni di esse.

Per semplificare facciamo un esempio.

Consideriamo gli USA. Una delle ultime realtà ad aver approfittato di questa soluzione è la FEMA (Federal Emergency Management Agency americana) grosso modo l’equivalente, come funzioni e discrezionalità, della nostra Protezione civile.

Quando il rischio di una catastrofe naturale diventa reale e colpisce il sopra menzionato bond della Fema, la cosa diventa interessante (anche un po’ tragica potremmo dire). Dal link possiamo osservare che le caratteristiche di questo bond sono molto specifiche e circoscritte. A rischio di sbagliarmi (il mio inglese potrebbe non essere madrelingua) cito il passaggio che spiega che “il cat bond di Fema non implica una copertura (perdita in caso di evento) sull’intero concetto di allagamento, ma specifica allagamenti causati da tempeste (quindi per esempio tempeste tropicali e uragani)”. La transazione di Fema copre le perdite di Fema causate da eventi di allagamento che sono direttamente o indirettamente causati da una specifica tempesta che colpisce gli Stati Uniti, Puerto Rico e il DC.

Questa soluzione, ampiamente applicata a tutto il settore, è un vantaggio per ogni gruppo interessato nella transazione. Per i sottoscrittori questa specificità dei bond riduce il rischio che i loro soldi vengano bruciati. Per gli assicuratori (che emettono i bond) i cat bond non sono ovviamente l’unica soluzione per supportare e diversificare il danno, il debito emesso è solo un altro sistema per compensare eventi di scala devastante. L’interesse medio che pagano ai sottoscrittori è di solito inferiore al 5%, ottimo e stabile. Non è quindi una sorpresa che le banche, che ci tengono ad essere sempre avanti, come Goldman Sachs, si siano gettate a capofitto. Consideriamo le parole di Michael Millette, ex manager di GS per la finanza strutturata che ha aiutato a creare il mercato dei cat bond, parlando del 2017 diceva che “l’evoluzione del mercato dei cat bond ha ecceduto le mie aspettative”.

Un altro aspetto positivo da non dimenticar dei cat bond è il completo disancoramento da eventi umani. Crisi economiche, guerre etc. non influiscono (se non in minima parte, per quel che concerne i sistemi di prevenzione e protezione, vedi Katrina e le dighe di contenimento di Bush) sugli eventi climatici. Tradotto in parole semplici icat bond sono un ottimo strumento per speculare sulle sfortune altrui diversificando, all’interno di un portafoglio strutturato. C’è da ammettere che non tutti possono speculare con icat bond. È necessaria una discreta conoscenza del mercato. I più investono in pacchetti che includono anche icat bond, di fatto maggior riduzione del rischio di esposizione ma nel contempo anche del guadagno.

Vi sono, comunque, alternative per far soldi con le catastrofi, giocando con la semplice Borsa.

Finanza Spicciola

Dove non arrivano i prodotti sofisticati arrivano le normalissime azioni (o opzioni) di aziende che fanno soldi grazie alle catastrofi. La cosa bella di una catastrofe è che quando “shampa via” (termine volutamente cinico, critico e politicamente scorretto) uomini, animali e edifici (sia grazie a un terremoto, tsunami o semplice tempesta tropicale) c’è tanto da ricostruire. In un mondo ideale le grandi agenzie ONU insieme ad altre realtà nazionali si impegnano a far sì che i soldi da esse raccolte finiscano in buone mani. La domanda è… le buone mani di chi? Vi sono casuali coincidenze, in numerosi eventi, dove un numero ristretto di aziende (sempre le stesse oppure un giro comunque circoscritto) vincono appalti, magari senza bandi (sono aziende molto fortunate), per “sistemare le cose”. Sviluppatori immobiliari, costruttori, grandi appaltatori per opere pubbliche, compagnie energetiche: dopo una catastrofe naturale c’è ciccia per tutti.

Facciamo alcuni esempi per dare un’idea. Quando il terremoto, nel gennaio 2010, colpì Haiti poveri e ricchi vennero interessati in egual modo. Milioni di dollari piovvero sull’isola caraibica (che ancora un po’ rischiava pure di affogare sotto ‘sta pioggia incessante di dollari di aiuti). Tuttavia, come riporta il Center for Economic Policy and Research (il cui blog su Haiti, continuamente aggiornato, suggerisco di leggere, in quanto molto illuminante), “di 1500 progetti di ricostruzione di Haiti solo 23 furono assegnati a aziende haitiane, in totale solo il 2,5% circa dei 195 milioni di dollari (stando alle cifre ufficiali del tempo) finirono nelle mani dei locali. Tutti gli altri (che sorpresa) furono assegnati ad aziende basate nell’area di Washington (famoso distretto di Haiti immagino?). Molto spesso questi soldi vennero assegnati senza veri bandi, diciamo in amicizia.

Ma non fermiamoci alle Americhe, ci son soldi da fare anche in Asia. Quando un ciclone colpì il Myanmar nel 2008, pianti i morti e raccolti soldi dalle agenzie internazionali, il governo locale (famoso allora come oggi, per l’elevata trasparenza e civiltà, persecuzione dei Rohynga docet) pensò ad una soluzione illuminata per gestire i terreni appena resi liberi dalla tragedia. Tecnicamente non erano liberi ma molti dei proprietari delle aree costiere erano morti quindi, mors tua vita mea (il famoso motto romano, estremamente noto anche in Myanmar). Le organizzazione internazionali ovviamente lamentarono, ancora nel 2010, che il governo locale se ne sbatteva (termine volutamente cinico ma vero) dei suoi cittadini. Le scelte del governo, a seguito dell’evento furono molto interessanti. In un modo del tutto legale (o meglio, velocemente legalizzabile) il governo espropriò gli agricoltori e i pescatori delle aree colpite (insomma quelli sopravvissuti). Il sistema fu la creazione del Vacant, Fallow and Virgin Lands Management Act, che interessava tutte le aree colpite dalla tragedia (inclusa la Irrawaddy Delta). Una soluzione dalla fragranza vagamente liberista (curioso considerando che un governo nazionalista fosse così innamorato di una soluzione così liberista). Non sorprende che negli ultimi anni il governo del Myanmar, possessore di molte aree esteticamente attraenti per gli investimenti turistici (e rese libere dalla catastrofe), sia in giro a batter cassa per raccogliere investimenti stranieri per rilanciare il turismo nazionale (un’analisi interessante sul tema la trovate qui).

Ma torniamo nelle Americhe, patria del liberismo passionale ed eterno (Friedman è nato qui!). Un altro grande affare fu creato dal famoso uragano Katrina che colpì nel 2005 Louisiana, Mississippi e Alabama. Soldi per tutti e grandi strette di mano. I 10 casi tragici del post Katrina sono stati ben evidenziati da questa analisi di Politico, da cui si evince che anche il governo aveva le sue colpe (certamente non nello scatenare l’uragano ma con situazioni e infrastrutture la cui gestione era stata un poco allegra).

Dopo oltre 10 anni le cose sono migliorate (per chi vuole speculare si intende!) a New Orleans. Innanzitutto un po’ di poveri si sono rilocalizzati (leggasi non ci sono più). I poveri hanno la deprecabile abitudine di non comprare o affittare immobili di lusso, quindi se volontariamente se ne vanno, lasciano “spazio vitale” (parafrasando un decaduto politico tedesco) per costruire edifici più edificanti (leggasi per classi medie o medio alte che han soldi da spendere). Le entrate medie annuali dei possessori di casa afroamericani sono del 54% più basse dei loro equivalenti vicini bianchi. Anche in questo caso un potenziale vantaggio per gli speculatori edilizi: se i poveri se ne vanno ci saranno altre case libere (di poveri) da abbattere per fare condo’s per ricchi o benestanti. Oltre 1/3 degli affittuari spendono oltre la metà delle loro entrate in affitti  (leggasi “se siete poveri perché non ve ne andate, vi stiamo pure gentilmente alzando gli affitti per farvelo capire!”). Il sistema scolastico ampiamente privatizzato post Katrina (privatizzato chissà perché? Un grande successo del compianto padre indiscusso del liberismo sfrenato Friedman) ha raggiunto molti dei suoi obbiettivi di qualificazioni nei test scolastici (un parametro importante nelle statistiche nazionali e statali in Usa) escludendo gli studenti appartenenti alla classi economiche più disagiate (leggasi poveri. Come dire “adesso non vi ammettiamo nemmeno i vostri figli poveri, quando lo capirete che dovete andarvene”).

Ma cosa si potrebbe fare una volta rimossi i cadaveri dei poveri, le loro case da poveri, e cacciati quelli che non sono annegati (ma che restano poveri)? Beh, uno dei grandi palazzinari americani (anche là hanno i palazzinari) una mezza idea di cosa fare di quei terreni fangosi e di quei ruderi (poveri!) l’aveva. Poco dopo l’evento catastrofico Joseph Canizaro disse che la “shampata” (lui usò il termine più politicamente corretto “pulizia”) data da Katrina avrebbe rappresentato una grande opportunità. Un’altra persona (particolarmente sensibile si direbbe) della locale sezione repubblicana di Baton Rouge, Mr Baker, disse che “abbiamo finalmente ripulito New Orleans dalle case di edilizia pubblica. Noi non potevamo farlo, lo ha fatto Dio” (un Dio liberista palazzinaro? Non ho letto nulla in merito sulla Bibbia, salvo forse la grande alluvione di Noé).

Un piano per sviluppare di nuovo New Orleans, BNOB (Bring New Orleans Back), fu creato e nel panel di advisor ci finì (per caso, si potrebbe pensare) lo stesso Canizaro. Nel piano ci si focalizzò su riattivare le aree dei ricchi mentre quelle dei poveri subirono molti ritardi (tanto che come scritto sopra i poveri non ci rimisero piede). Quali aziende presero molti soldi per dare una mano nella ricostruzione? Una tra tutte Halliburton, che si portò a casa contratti per milioni tramite la sua controllata KBR (a quanto pare, senza bando pubblico). Un’altra azienda, la Blackwater (sì, proprio i mercenari usati nelle guerre dell’era Bush), vinse un super appalto da oltre 70 milioni per difendere i lavoratori della FEMA durante le operazioni post Katrina. Si penserà, forse bastavano le forze della polizia o dell’esercito (per la precisione la guardia nazionale), ma vabbè vuoi mettere un simpatico mercenario, armato come Rambo, che fresco di Afghanistan e Iraq (dove aiutava l’esercito Usa a pacificare i poveri locali) si rende disponibile, portando i suoi gentili metodi di persuasione, nei confronti dei poveri di New Orleans, forse (magari giustamente) un poco nervosi?

L’ho fatta lunga ma la sostanza è: se non sapete come comprare i cat bond comprate le azioni o le opzioni delle aziende implicate nelle ricostruzioni. Sarà un caso ma dopo le news di Halliburton (datate intorno al 5 settembre 2005, che riportavanol il nuovo contratto a New Orleans) le azioni della compagnia ebbero un bel balzo in su.hally7

Ovviamente queste sono solo due soluzioni con cui potete fare i soldi, o amici liberisti, grazie alle catastrofi naturali altrui. Se preferite sporcarvi le mani (nel senso vero del termine) potreste sempre imbracciare un fucile: lo stipendio medio dei mercenari della Blackwater durante Katrina era molto interessante, tanto che molti ex militari americani vi parteciparono, felici di difendere i ricchi di New Orleans. Dopo tutto tra prendersi un proiettile in Afghanistan o, per una paga più alta, difendere le zone ricche di New Orleans da quattro barboni poveri, era decisamente preferibile la seconda opzione.blackwater_ad

Vi lascio con un famoso proverbio. Ogni giorno, dopo una catastrofe, un povero si alza e sa che dovrà correre più veloce di un liberista, se vorrà sopravvivere. Ogni giorno, dopo una catastrofe, un liberista si alza e sa che dovrà correr più veloce del povero se vorrà sopravvivere. Ogni giorno, dopo una catastrofe, non è importante che tu sia un povero o un liberista: se vuoi sopravvivere comincia a correre perché la finanza è veloce.

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