categoria: Vicolo corto
Cosa succede davvero in un colloquio di lavoro
Il colloquio è uno degli strumenti con cui vengono scelte le persone da parte delle aziende, il più importante. È uno strumento di tipo teatrale (viene messo in scena una rappresentazione, con un copione e una comunicazione di superficie che lascia più o meno vedere cosa c’è sotto). Ed è una situazione dove sapere esattamente cosa sta succedendo fa la differenza per entrambe le parti. Quindi in questo articolo lasceremo da parte ogni political correctness e andremo al sodo, a quello che veramente accade nei colloqui, al di là di ogni retorica
In generale chi seleziona ha dentro di sé queste domande (non sono necessariamente quelle che esplicitamente fa):
1-Perché sei qui?
2-Cosa puoi fare per noi?
3-Che tipo di persona sei?
4-Che cosa ti distingue dalle altre persone che potrebbero occupare questa posizione?
5-Possiamo pagarti quanto vuoi?
Chi seleziona, inoltre, è molto più attento a tutti i segnali negativi che a quelli positivi. Ovvero i colloqui, nel concreto, sono un processo di eliminazione più che di selezione positiva. Ogni cultura aziendale e ogni specifico meccanismo di selezione ha obiettivi diversi in termini di ciò che “non” vuole. Ma ognuno ne ha una lista che usa sistematicamente per evitare il rischio di assumere una persona sbagliata.
Chi fa il colloquio è attento ai fatti, molto meno alle auto-dichiarazioni su ciò che una persona è o non è. I fatti devono raccontare cosa una persona ha fatto in passato e cosa esattamente è successo.
L’altro focus di attenzione per chi deve scegliere sono le motivazioni. Di solito si desumono le strutture di motivazione future da quelle passate. Ovvero, se una persona dimostra di avere condotto una vita priva di reale motivazione nel passato chi intervista inevitabilmente non crederà a nessuna dichiarazione di cambiamento sul futuro.
Nel valutare i rischi si usano vari “carotaggi” sul passato della persona. Se nel curriculum c’è scritto “English fluent” e si inizia a parlare in inglese e il candidato denota debolezza in tal senso immediatamente ogni cosa scritta nel curriculum appare non credibile. Altro esempio: se una persona ha lasciato un lavoro solitamente chi intervista vuole capire perché: qualsiasi mancanza di trasparenza da parte del candidato sarà immediatamente tradotta in mancanza di trasparenza in generale.
L’analisi linguistica e logica aiuta a capire abbastanza bene la struttura intellettuale del candidato. Quali parole usa e che ragionamenti fa per costruire le risposte sono strumenti per capire come interagirà in un futuro lavoro dentro all’azienda. Non è molto importante che abbia nozioni specifiche (a meno di ruoli fortemente tecnici ovviamente) ma è rilevante come si pone davanti a domande a cui non ha mai pensato (la maggior parte delle domande che si troverà ad affrontare nel lavoro).
La strada percorsa fino a quel momento nella sua vita, in particolare le scelte in cui si è messo/a in contesti difficili e ha lottato per starci dentro bene denotano una delle caratteristiche maggiormente cercate dalle aziende: la determinazione.
Il selezionatore dovrebbe cercare di portare la persona a una micro-esperienza che simuli le cose difficili che la persona dovrebbe poi fare sul lavoro. Dovrebbe essere un contesto che mette in difficoltà emotiva e intellettuale la persona per vedere come reagisce sotto stress e verificare se un domani, in condizioni simili, saprà reggere. La capacità del candidato di reggere la pressione e non farsi schiacciare è un tipico segnale positivo che rende quel candidato diverso dalla stragrande maggioranza dei candidati. Se invece si chiude, si innervosisce, reagisce male a una domanda o si blocca il messaggio che si legge è che non sarà in grado un domani di affrontare situazioni umane difficili.
Infine c’è il tema soldi. I due elementi fondamentali sono: quanto l’azienda è disposta a pagare per quella posizione e qual è stato l’ultimo stipendio percepito dalla persona. Se questi due valori sono molto lontani non c’è possibilità di chiudere positivamente la selezione perché – anche nel caso in cui il candidato affermasse di accettare meno soldi – chi seleziona sa che non sarà soddisfatto. L’unico caso in cui questo non avviene è quello delle persone in transizione tra una carriera e un’altra per forti motivazioni extra-economiche. In questo caso c’è una disponibilità psicologica reale a guadagnare di meno che in passato. Se invece i due valori sono vicini o si incrociano allora, con un processo di negoziazione, è sempre possibile arrivare a un accordo ragionevole che soddisfi entrambi le parti.
Il candidato – da parte sua – dovrebbe cercare di stabilire un dialogo invece che subire un interrogatorio. Dovrebbe ad esempio fare domande come queste:
1-Cosa dovrei fare esattamente in questa posizione?
2-Quali sarebbero gli obiettivi che dovrei raggiungere?
3-Quali responsabilità avrei?
4-Chi sarebbe il mio capo?
5-Come sarebbe valutato il mio lavoro, quanto frequentemente e da chi?
6-Quali sono le politiche salariali in questa azienda?
Imparare a fare colloqui bene in un periodo storico in cui mediamente le persone cambiano spesso lavoro è fondamentale. Avere in testa chiaramente cosa succede nei colloqui, con brutale onestà intellettuale, è il prerequisito fondamentale per migliorare in tal senso. Qui abbiamo messo solo un piccolo spaccato dei temi importanti. Sta poi a ogni persona, in ogni specifica situazione territoriale e di area di business, capire nel dettaglio quali elementi aggiungere o adattare. L’importante è prendere questa come una competenza chiave da sviluppare nella propria vita.
Twitter @lforesti