Ponte Morandi, l’irrazionalità dopo la tragedia e la tentazione di rinazionalizzare

scritto da il 16 Agosto 2018

Reagire ad una tragedia come quella del Ponte Morandi in maniera lucida e razionale non è semplice. Troppa la rabbia, la commozione e la frustrazione per non aver impedito un evento che, forse, si sarebbe potuto evitare. Eppure, le istituzioni dovrebbero mostrare fermezza e lucidità, senza cedere pedissequamente alle pulsioni della piazza che – inevitabilmente – cerca vendetta per le troppe vittime innocenti.

Ma allora come dovrebbero reagire le istituzioni all’indomani di un tale dramma di cui, ancora, non si conoscono le definitive proporzioni? Lasciando ai tecnici ciò che è di loro stretta competenza, cercheremo di analizzare due profili della vicenda nel prosieguo: 1) la via della decadenza/revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia (“Aspi”) e 2) l’idea di rinazionalizzare la gestione delle autostrade.

  • Decadenza o revoca?

Sgombriamo subito il campo: la revoca non è impossibile, ma può essere molto costosa, come già scritto da Il Sole 24 Ore. Tuttavia, anche le parole sono importanti, nonostante in queste ore stia aumentando la confusione. Benché anche un giurista come il Presidente del Consiglio abbia parlato di “procedure per la revoca”, l’unica procedura prevista dalla convenzione per il caso di inadempimento del concessionario porterebbe alla decadenza. L’articolo 8 della convenzione con Aspi afferma che il concedente, in caso di grave inadempimento accertato, provvede a comunicare lo stesso al concessionario, fissando un termine entro cui quest’ultimo dovrà adempiere o presentare le sue giustificazioni. In mancanza, il concedente potrà avviare la procedura di decadenza. Il problema di quest’ultima però, sulla base del comma 2 dell’articolo 9, è che funziona secondo il meccanismo della diffida ad adempiere (ti intimo di fare qualcosa entro un dato termine, se non lo fai la concessione decadrà). Ciò potrebbe collidere con le intenzioni del Governo, che non sembra voler dare ad Aspi una chance per porre rimedio all’asserito inadempimento.

Ecco perché, probabilmente, il Presidente del Consiglio ha parlato di “revoca” e non di decadenza, ma per quest’ultima non è prevista una procedura ad hoc dalla convenzione. La revoca è menzionata nell’articolo 9 bis, insieme alle ipotesi di recesso e risoluzione, e prevede un indennizzo/risarcimento in favore del concessionario che potrebbe non essere di entità modesta (considerata la durata della convenzione attuale).

Chiaramente, una revoca o una risoluzione che facesse seguito ad un’acclarata responsabilità di Aspi nella causazione dell’evento, renderebbe tutto più agevole, anche in termini di eventuale indennizzo da corrispondere. Il Governo, tuttavia, non sembra voler attendere, dimostrando di aver poca fiducia nella giustizia italiana (forse spinto altresì da motivi politici e di consenso elettorale). Ma potrebbe essere una scelta frettolosa e, potenzialmente, dannosa per i contribuenti italiani.

Inoltre, non si può omettere di ricordare che, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 72 dell’11 febbraio 2014, è stata istituita la Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali (DGVCA) che, tra i suoi compiti, ha la «vigilanza e controllo sui concessionari autostradali,  inclusa la vigilanza sull’esecuzione dei lavori di  costruzione  delle  opere date in concessione e il controllo della gestione delle autostrade il cui esercizio è dato in concessione». Come si fa dunque ad essere sicuri che vi sia un unico responsabile nella vicenda? Può lo Stato italiano -attraverso le sue diramazioni- affidare concessioni pluridecennali e disinteressarsi di come si comporti il concessionario? Per trovare risposte a questi interrogativi, servirà inevitabilmente tempo.

  • Perché rinazionalizzare?

Alitalia, le tentazioni su Ilva e adesso le autostrade. L’Esecutivo – soprattutto sulla sponda 5 stelle – sembra manifestare sempre più una tendenza un po’ troppo dirigista, di sfiducia perenne verso il settore privato e di esaltazione statale. In ciò cavalca un’onda che, all’indomani di una tragedia come quella di Genova, può essere indomabile.

Si tornano a sognare autostrade pubbliche, senza profitti privati, magari senza pedaggio. Eppure, si dimentica di considerare che ci sono tratte oggi interamente gestite da Anas (adesso parte delle ferrovie dello stato, in un matrimonio criticato dall’attuale Governo), per circa 1.000 chilometri di rete, dove questo “sogno” è già realtà. Tra le tratte di competenza Anas, rientra l’autostrada Salerno-Reggio Calabria: sfido chiunque a trovare un italiano che possa ritenersi soddisfatto da un tal tipo di gestione e che possa auspicare un tale modello per l’intera Italia.

Ecco perché l’impeto delle opposte tifoserie distorce l’attenzione dalle reali problematiche. Dopo il disastro ferroviario di Pioltello, avremmo dovuto privatizzare immediatamente Rete Ferroviaria Italiana (come molti chiedevano)? Reagire d’impeto dopo una tragedia per supportare proprie battaglie politico-ideologiche non è cosa di cui vantarsi.

A parer di chi scrive, il vero problema del modello concessorio attualmente vigente, come già evidenziato su questa piattaforma in tempi non sospetti, non riguarda la privatizzazione dei concessionari, ma è dato da una scarsissima trasparenza (solo ad inizio 2018 sono state pubblicate le convenzioni, ma con pesanti e decisivi omissis sulla parte finanziaria) e, soprattutto, dal rifiuto di aprire il mercato delle concessioni a gare competitive tra società italiane o straniere, non necessariamente di azionariato privato. Un rifiuto che rappresenta un vero tabù, come dimostra l’ennesimo deferimento alla Corte di Giustizia disposto dalla Commissione europea per una proroga -senza procedura competitiva- di ben 18 anni della concessione di cui è titolare la Società Autostrada Tirrenica S.p.A..

Una procedura di gara competitiva consentirebbe di ottenere maggiori benefici, sia in termini economici sia – soprattutto – per quanto concerne gli investimenti per la messa in sicurezza della rete. Pensare invece che nazionalizzare sia di per sé sinonimo di sicurezza, appare abbastanza ingenuo, come dimostrano altri crolli su strade gestite da enti pubblici (o pubblicamente partecipati).

Ecco perché il Governo farebbe bene a sincerarsi adeguatamente sulle cause dell’evento prima di assumere decisioni definitive. In secondo luogo, qualora fosse accertata la responsabilità di Aspi e si addivenisse ad una revoca/risoluzione della concessione vigente, sarebbe quantomeno opportuno -con riferimento all’affidamento della gestione dell’enorme rete oggi di competenza della sola Aspi- compiere un’analisi indipendente sui costi e sui benefici di un modello nazionalizzato rispetto ad una procedura competitiva ad evidenza pubblica finalizzata ad individuare uno o più nuovi concessionari.

Di contro, agire unilateralmente prima di un qualsivoglia accertamento delle cause o procedere ad una rinazionalizzazione (parziale o totale?) della gestione autostradale -senza le dovute analisi che l’Esecutivo vorrebbe invece compiere su altre opere già decise (Tap, Tav, la stessa Gronda di Genova ecc.)- rappresenterebbe un altro precedente preoccupante in termini di certezza del diritto, che minerebbe ulteriormente la credibilità delle nostre istituzioni.

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Privatizzare le società concessionarie e prorogare (sostanzialmente) sine die la durata delle concessioni stesse, senza procedure competitive di gara ad evidenza pubblica, ha rappresentato e rappresenta un grave errore, con riferimento al quale l’attuale Governo non ha responsabilità (quantomeno la metà pentastellata, visti i numerosi anni di Governo della Lega). Ma ciò non rileva sulle scelte da compiere, che potrebbero rivelarsi ugualmente errate.

L’accertamento delle responsabilità penali e civili compete alla magistratura, mentre alla politica dovrebbe competere altro, come l’efficiente regolazione sulla gestione e sull’utilizzo dei beni pubblici e la predisposizione di una rete di controlli adeguata per garantire la sicurezza e l’incolumità dei cittadini. Quando la politica mira invece a “punire i colpevoli” ed a decidere sull’onda dell’indignazione generale, rischia di oltrepassare il suo mandato e di compiere scelte di breve respiro e poco lungimiranti o del tutto dannose.

Twitter @frabruno88