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Cina al Pireo: attenta, Olanda, le rotte commerciali non sono scritte sulla pietra
Per valutare una possibile concreta di collaborazione commerciale fra Europa e Cina, prima ancora che le petizioni di principio, bisognerà osservare in che misura la Ue consentirà investimenti cinesi strategici sul proprio territorio, a cominciare dalle infrastrutture sensibili come quelle portuali e ferroviari. Il tema è oggetto di un approfondimento pubblicato da Brugel, che svolge una ricognizione molto interessante sullo stato degli investimenti portuali in Ue, che come è noto è impegnata nella definizione di una cornice legislativa proprio per regolamentare l’afflusso di investimenti diretti sul proprio territorio. Secondo le parole del presidente Juncker,questi investimenti devono essere condotti ricordando che “l’Europa deve sempre difendere i suo interessi strategici”. E le infrastrutture lo sono sicuramente. Il dibattito è ancora aperto, ma nel frattempo sono accadute molte cose che è bene ricordare.
Cominciamo da alcuni numeri. L’economia europea dipende sostanzialmente dalla sua infrastruttura portuale. Il 74% dei beni che circolano sul territorio Ue passano dai porti, secondo quanto riporta Eurostat, che quota in circa 1.700 miliardi (dato anno 2016) il valore delle merci che ricevono ogni anno. Peraltro i porti occupano circa 1,5 milioni di persone. Se osserviamo il dato scorporato per le singole economie abbiamo una visione più chiara dell’importanza strategica dei porti per la nostra economia.
Questo grafico misura la percentuale di export extra Ue che passa per mare, quello sotto la percentuale di import.
Ovviamente i porti non sono tutti uguali e la posizione geografica riveste un’importanza decisiva. Ma non è l’unica variabile del gioco.
La mappa elaborata da Bruegel ci consente di apprezzare l’importanza relativi dei principali porti europei, con la chiara prevalenza di quelli nord europei che sono i terminali dei grandi corridoi transnazionali. È così da parecchio tempo, ma adesso sono in gioco alcune forze che in qualche modo potrebbero scombinare questo gioco consolidato.
Il caso più interessante da osservare è quello del porto del Pireo finito sotto l’influenza cinese dopo che Pechino ne ha fatto uno dei punti di snodo della sua Belt and Road Initiative che, non a caso, prevede massicci investimenti nelle strutture portuali.
La Cina ha già investito in diversi porti in Italia, Olanda e Spagna, acquistando quote di proprietà, ma l’investimento del Pireo è di sicuro quello più rilevante, sia per il valore economico che per quello strategico. La compagnia cinese China Ocean Shipping Company (COSCO) già dal 2008 ha condotto una strategia che di fatto l’ha condotta al controllo dell’infrastruttura. Dal momento dell’arrivo dei capitali cinesi il porto ha conosciuto una crescita senza precedenti dovuta al notevole upgrade tecnologico e infrastrutturale reso possibile dal capitale cinese. In sei anni il traffico portuale è cresciuto del 300% e il porto del Pireo è divenuto uno dei più affollati dell’Europa.
L’aumento del traffico attorno al Pireo dimostra che le rotte commerciali non sono scritte sulla pietra. Lo sviluppo del Pireo, infatti, dipende dalla circostanza che i cinesi considerano strategiche le regioni sud orientali dell’Europa per la penetrazione commerciale nel continente. Insieme all’investimento sul Pireo, infatti, la Cina progetta di costruire un network ferroviario (Land-Sea express route) che colleghi il porto greco con i Balcani occidentali e il nord Europa, che si sta già lentamente realizzando e che è stato al centro dei recenti colloqui con i paesi interessati nell’ambito dell’incontro del luglio scorso fra il primo ministro cinese Li e i suoi omologhi dei paesi dell’Europa centro-orientale (Central and Easter Europe, CEE).
Questo progetto di collegare meglio di quanto sia adesso il Pireo con l’Europa seguendo l’asse sud-orientale potrebbe segnare una piccola rivoluzione per le rotte commerciali europee. “Comparato con le rotte esistenti di navigazioni, che passano dallo Stretto di Gibilterra, la Land-Sea Express route può diminuire i tempi di trasporto fra Cina e Ue”, spiega Bruegel. E’ talmente concreta questa possibilità che alcune grandi compagnie come l’HP, la Hunday e la Sony hanno già iniziato a far scalo al Pireo come porto di prima destinazione per le spedizioni nei paesi europei della CEE e nel Nord Africa. “La decisione della Hewlett Packard di spostare le operazioni dal porto olandese di Rotterdam a quello del Pireo dimostra che quest’ultimo può rappresentare un’alternativa più economica ai porti nord europei”.
Il problema perciò si sposta nel campo di gioco dell’Ue. L’Unione rimane divisa circa il giudizio da dare alla BRI cinese e ai progetti di sviluppo a capitale cinese dentro il suo territorio. Ci sono interessi consolidati – il caso del porto di Rotterdam è solo uno dei tanti – che chiedono di essere difesi e aziende europee che temono l’ingombrante presenza cinese per le conseguenze che può avere, ad esempio, sull’industria della cantieristica navale. Ma ci sono paesi, a cominciare ovviamente dalla Grecia, che hanno salutato con entusiasmo l’arrivo dei cinesi. Ai greci si sono aggiunti i paesi della CEE, confermando il pattern che la Cina segue sempre quando si tratta di individuare le linee di penetrazione delle sue politiche internazionali: far leva su stati finanziariamente deboli e offrire loro opportunità. Circostanza che certo genera diverse diffidenze all’interno dell’Ue.
La fine di questa storia è ancora tutta da scrivere, ovviamente, e sarebbe quantomeno avventuroso tentare previsioni. L’Ue è alle prese con scelte difficili, con il principale alleato, ossia gli Usa, che paiono voler separare il proprio destino da quello europeo, e una potenza emergente che spinge per allacciare nuovi legami o rinverdirne di vecchi, con tutta la regione Euroasiatica, dall’Asia centrale, al Medio Oriente, passando addirittura per le rotte artiche. Le ombre cinesi sul sistema dei trasporti europei si fanno sempre più ingombranti e difficili da ignorare. Il Nord America, in confronto, sembra lontanissimo.
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