categoria: Draghi e gnomi
Il piede in due staffe di Tsipras
A uno sguardo superficiale, la decisione di Tsipras di convocare un referendum sulla proposta di accordo dell’Ue sembra irreprensibile. Si tratta di una decisione cruciale per la Grecia, che avrebbe implicazioni economiche e politiche di vasta portata per gli anni a venire (dracma o euro, influenza della Russia o influenza dell’Unione Europea). La democrazia impone che sia il popolo a decidere.
È una visione assurda.
Tsipras è stato catapultato al potere con una promessa: niente più austerità e moratoria sul debito. Una promessa impossibile da mantenere. Ora Tsipras convoca un referendum e dichiara che farà campagna per un «No» all’attuale accordo con i creditori.
Se il primo ministro greco pensa davvero che la Grecia se la passerebbe meglio senza un accordo (e con una crisi bancaria e del debito sovrano in piena regola), dovrebbe semplicemente rifiutare l’accordo e accettare le conseguenze. La scelta sarebbe perfettamente coerente con il suo mandato politico. Ovviamente il primo ministro è consapevole che si tratterebbe di una scelta suicida per la propria carriera politica, per non parlare del Paese. Per questo si è tirato indietro.
Anche l’alternativa – accettare il piano di «austerità» (molto annacquata) – sarebbe nocivo per la sua carriera politica, perché la sinistra lo accuserebbe di «alto tradimento» e per l’approvazione parlamentare potrebbe vedersi costretto a ricorrere all’appoggio dei moderati (della destra e del centrosinistra), vanificando le sue ambizioni di essere il leader della sinistra.
Convocando un referendum Tsipras ha scelto di tenere il piede in due staffe: di fatto accetta (senza dirlo), il piano della Ue, delegando pilatescamente la decisione agli elettori senza compromettere la sua verginità politica di leader della sinistra. Si tratta, letteralmente, di un comportamento irresponsabile.
Se gli elettori dovessero prendere sul serio le sue parole, e votare «No» all’accordo, arrecherebbero un grave danno a se stessi, ma Tsipras potrebbe sempre sostenere che è stata la «decisione del popolo», evitando di prendersi la colpa.
Twitter @pmanasse
(Traduzione di Fabio Galimberti)