categoria: Res Publica
L’ottima narrazione sul taglio dei dipendenti pubblici britannici
Molto si è scritto e si è detto sulla robusta diminuzione dei dipendenti pubblici britannici, individuata come una delle ragioni del successo delle politiche economiche del governo conservatore. In pochi però hanno analizzato le costituenti di tale “miracolo”, che invece meritano un approfondimento perché molto rivelano di come tali politiche vengano condotte. Una buona occasione per riflettere la fornisce l’ultima release che l’ONS, l’ufficio statistico britannico, ha rilasciato pochi giorni fa proprio sull’andamento dell’occupazione nel settore pubblico.
Il primo grafico, che rileva l’andamento dell’occupazione pubblica sin dal 1999, mostra una chiara evidenza: dal picco del 2009, quando i dipendenti pubblici avevano superato abbondantemente i sei milioni, nel primo quarto del 2015 i travet britannici sono arrivati a 5 milioni 372 mila, “il più basso livello della serie iniziata nel 1999”, nota l’istituto. Quindi i dipendenti pubblici erano cresciuti di circa 800 mila unità nel periodo considerato e ora sono tornati quasi al livello di partenza.
Ma la realtà è bene annidata nei dettagli.
Già nel 2008 i dipendenti erano circa sei milioni, livello raggiunto fra il 2004 e il 2005, e da quel momento sono rimasti pressoché costanti.
A fine 2008 però arrivò la crisi e il governo dovette farsi carico di nazionalizzare il Lloyds Banking Group e la Royal Bank of Scotland. Sicché la curva dei dipendenti pubblici, cui venne assimilato chi lavorava in queste corporation, si impennò di qualche centinaio di migliaio di unità, circa trecentomila.
Il trend prese un’inclinazione decrescente a partire dal 2010, tornando a sei milioni alla fine 2011 in conseguenza di alcuni movimenti tecnici che avvengono fra il 2012 e il 2014.
I dipendenti della Royal Mail, ad esempio, finiscono riclassificati nel settore privato, mentre nel primo trimestre del 2014 è il turno dei dipendenti della Lloyds, tornati nel privato, che abbattono il totale fino al livello attuale, che poi è all’incirca quello del 1999, appunto. Rilevo che il totale Lloyd e Royal Mail ha pesato 282 mila lavoratori che da pubblici sono diventati privati.
Ovviamente tali movimenti si riflettono nel trend dell’occupazione privata, che s’impenna, a partire dal 2010-11.
Ma c’è dell’altro che vale la pena rilevare osservando l’andamento della curva del settore pubblico nelle sue due componenti dell’occupazione nel governo centrale e dei governi locali. L’occupazione pubblica a livello centrale, a differenza di quanto si possa pensare, è aumentata dal 1999, quando era di circa 2,3 milioni di persone. All’inizio del 2012 sfiorava i tre milioni, ossia era al livello del 2008, quando poi, bruscamente è crollata a 2,75.
Cos’è successo? Gli English colleges, sono stati riclassificati come Non-Profit Institutions Serving Households e quindi assimilati al settore privato.
Per dare un’idea di quanto possa pesare questa riclassificazione, basta sapere, come ci ricorda l’ONS, che “nel primo trimestre del 2015 c’è stata una diminuzione di 22mila unità (0,4%) del PSE (Public sector employment) sul IV periodo dell’anno del 2014 e dell’1,1% sul primo trimestre del 2014″. Ma al netto della riclassificazione pubblico/privato il PSE sarebbe diminuito dello 0,2% sull’ultimo trimestre e dello 0,8% sul primo del 2014.
Da lì in poi, peraltro, l’occupazione nel governo centrale è tornata a crescere e adesso è più alta di quanto non fosse a fine 2011. In particolare, gli occupati sono aumentati di 31mila unità nell’ultimo anno (+1,1%) a causa delle assunzioni nel settore sanitario, arrivando a 1,6 milioni del 2015, il 29,5% del totale dei dipendenti del settore pubblico, 400mila in più rispetto al 1999.
L’andamento dell’occupazione nel settore dei governi locali si fa notare perché da luglio 2010 (Cameron ha iniziato il suo primo mandato l’11 maggio) intraprende un deciso orientamento ribassista che la fa crollare dai quasi 2,9 milioni a quasi 2,25 nello spazio di un quinquennio, “il livello più basso da quando è iniziata la serie”, nota l’ONS.
Cos’è successo? Ce lo spiega sempre l’ONS: “C’è uno spostamento di posti di lavoro in corso dal governo locale al governo centrale, come conseguenza della conversione delle scuole statali (maintained schools) in accademie”.
A luglio 2010, infatti, è stato approvato l’Academies Act, che ha mutato l’ordinamento scolastico britannico. Le accademie, infatti, sono classificate nel bilancio del governo centrale (e con loro i dipendenti), mentre le scuole statali sono iscritte nei bilanci dei governi locali. Quindi “una volta che le scuola statali dei governi locali sono diventate accademie, i loro impiegati sono stati trasferiti al governo centrale”.
Ci vuole poco così a raggiungere “il livello più basso della serie” nelle statistiche dell’occupazione dei governi locali.
Per darvi un’idea di quanto abbia pesato questa riclassificazione, osservo che nel primo trimestre del 2015 14mila unità sono passate dalla contabilità locale a quella centrale e che nel secondo trimestre 2012 176mila unità sono state allo stesso modo riclassificate. Ed è previsto che altre 12mila subiranno lo stesso trattamento in questo trimestre.
L’ONS sottolinea che prima del secondo trimestre 2012 il settore educativo impiegava il più alto numero di dipendenti pubblici. Ma poi c’è stata una significativa caduta, si parla di centinaia di migliaia di unità, dopo la riclassificazione nel settore privato degli English further education colleges e delle Sixth form college corporations.
Insomma, il miracolo britannico del calo degli occupati pubblici somiglia un po’ al gioco delle tre carte: riclassificazioni statistiche, aziende nazionalizzate che tornano private, e soprattutto ottima narrazione.
Vale la pena, conti alla mano, vedere quanto tutte queste operazioni abbiano influito sulla contabilità pubblica del Regno Unito. Per farlo mi servo delle ultime statistiche di finanza pubblica della Banca d’Italia, che in una tabella classifica la spesa per i redditi da lavoro dei vari paesi. Qui leggo che nel 1999, ossia all’inizio della serie ONS, il Regno Unito spendeva il 9,3% del Pil per i suoi dipendenti pubblici.
La spesa cresce costantemente e nel 2008, prima della crisi, arriva al 10,6%. Nel 2009, per i motivi che abbiamo visto, schizza all’11,2%, e rimane stabile (11,1%) anche l’anno successivo. Nel 2011, sempre per i motivi che abbiamo visto, la spesa cala al 10,6 e intraprende una discesa che la porta al 9,5% del 2014, ossia al livello degli anni ’90.
Se misuriamo il calo della spesa dal picco del 2009, osserviamo che l’azione del governo inglese ha consentito di risparmiare circa il 15% da allora. Un risultato ragguardevole, anche confrontandolo col dato dell’Eurozona, dove fra il 2009 e il 2014 la spesa è aumentata dello 0,2%. Anche la performance italiana, dove tale spesa è diminuita di circa l’8%, è stata importante, eppure non ha suscitato altrettanta ammirazione fra gli osservatori.
Perché loro sono inglesi. Noi no.
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