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Immigrazione, uno studio dimostra che regolarizzare riduce il rischio criminalità
L’autore di questo post della serie a cura di Neos Magazine è Alessio Mitra, Master student in Applied Economics alla University of Bath (UK); ha studiato Economia e Commercio (BSc) all’Università di Torino ed ha approfondito gli studi economici presso University of Geneva e University of Copenhagen; collabora con IPR (Institute for Policy Research of the University of Bath) –
Politica valutata: Assegnazione del permesso di soggiorno e regolarizzazione dello stato giuridico degli immigrati entrati illegalmente in Italia.
Obiettivo: Ridimensionare il numero di immigrati residenti illegalmente nel Paese, diminuendo così la propensione di questi a compiere attività illecite.
Effetto: Riduzione del tasso di criminalità degli immigrati regolarizzati di 0,6 punti percentuale rispetto ad un punto di partenza del 1,1%.
A seguito della recente pressione migratoria proveniente dai paesi a sud del Mediterraneo, in Italia, come in Europa, il tema dell’immigrazione ha progressivamente acquisito un crescente interesse pubblico. Una delle principali preoccupazioni sulle quali converge l’apprensione dell’opinione pubblica è la possibilità di una relazione tra criminalità ed immigrazione clandestina.
L’immigrazione è un fenomeno relativamente recente per l’Italia. L’incremento del numero di stranieri residenti legalmente in Italia diviene rilevante solo a partire degli ultimi decenni, con un incremento da 500 mila a 5 milioni tra il 1990 ed il 2015.
La politica italiana sull’immigrazione è definita dalla legge 40/1998 e 189/2002. La legge 189/2002 (anche denominata Legge Bossi-Fini) fu approvata dal Parlamento italiano durante la XIV Legislatura, ai tempi del secondo governo Berlusconi. Tale provvedimento integrò in tema di immigrazione la pre-esistente 40/1998.
A partire del paper scientifico del professor Paolo Pinotti “Clicking on Heaven’s Door: The effect of immigrant Legalization on Crime” pubblicato nel gennaio 2017 dall’American Economic Review, uno dei più rinomati giornali accademici al mondo, analizzeremo l’effetto che la regolarizzazione di immigrati irregolari in Italia ha sulla loro propensione ad essere coinvolti in attività criminali gravi. È inoltre importante ricordare che la validità dello studio riportato è esclusiva al contesto italiano, con più complessa generalizzazione ad altri paesi.
Secondo la legge italiana, il governo centrale decide annualmente una quota di permessi regolari di soggiorno per immigranti che abbiano trovato dall’estero un datore di lavoro disponibile ad assumerli. In altre parole, i migranti dovrebbero trovare un datore di lavoro disponibile ad assumerli ancora prima che possano mettere piede sul suolo italiano. Dal momento che i datori di lavoro sono riluttanti ad assumere sconosciuti, è molto difficile che ciò avvenga e normalmente i migranti decidono prima di entrare illegalmente in Italia e successivamente accettano di lavorare in nero nella speranza che in futuro il loro datore di lavoro li sponsorizzi per il permesso di soggiorno.
Lo status di immigrato irregolare comporta un alto numero di svantaggi sociali a danno dell’individuo. Egli è infatti relegato al di fuori del mercato del lavoro legale, dunque con minori possibilità e opportunità e un salario considerevolmente inferiore, tutti elementi necessari per dare una svolta positiva e dignitosa alla sua vita. Questo comporta un minore costo-opportunità per commettere atti illegali, in altre parole, in mancanza di alternative, un immigrato irregolare è più incentivato a commettere crimini rispetto ad uno regolare per il solo fatto della sua condizione davanti alla legge.
L’assegnazione del numero assai limitato di permessi di soggiorno viene effettuata ogni anno (tipicamente in novembre) in un unico giorno, chiamato da Paolo Pinotti “clicking day”. In tale giorno i datori di lavoro devono accedere al sito internet del Ministero degli Interni e fare richiesta di sponsorizzazione per uno o più migranti. Pinotti mostra come il numero di domande di soggiorno durante il clicking day del dicembre 2007 sia di poco inferiore al numero totale degli immigrati irregolari stimati presenti in Italia. Questo rafforza l’idea che la grande maggioranza degli immigrati irregolari già presenti nel territorio italiano applichi per un permesso di soggiorno mediante sponsorship.
Le domande vengono poi processate e convalidate dal sistema elettronico in ordine di arrivo. Ne consegue che a causa dell’elevato numero di richieste sul server, tutto ciò si trasforma in una vera e propria lotteria dove pochi minuti in più o in meno possono rivelarsi decisivi nel determinare l’accettazione o il rifiuto della domanda.
Nel 2007, ad esempio, dopo 25 minuti dall’apertura del portale tutte le domande sono state rigettate.
Utilizzando un disegno con regressione discontinua (metodo econometrico in grado di isolare gli effetti di relazione causale), Paolo Pinotti identifica l’effetto causale dello stato legale degli immigrati sul numero di crimini gravi da loro commessi.
Comparando il tasso di criminalità degli immigrati irregolari prima e dopo il “clicking day” (differenziando tra chi è divenuto regolare e chi invece no) troviamo un effetto stimato dello stato legale del 0,6% nella riduzione del tasso di criminalità degli immigrati. Significativo se considerato l’1,1% di base.
Tale risultato si rivela essere molto interessante ed utile al dibattito pubblico in vista di future decisioni politiche riguardanti l’immigrazione. Qualora massicce politiche di rimpatrio non fossero percorribili, a causa degli intrinsechi elevati costi, mancanza di accordi bilaterali con i paesi di provenienza degli immigrati irregolari o la difficile identificazione del paese di origine del migrante, la regolarizzazione potrebbe essere una valida alternativa.
Tutto ciò al fine di evitare l’accumulo di grandi conglomerati di immigrati irregolari con più elevata probabilità di commissione di reati gravi.
Una potenziale critica a tale soluzione è che le politiche di regolarizzazione possano aumentare l’aspettativa di future regolarizzazioni, e quindi incrementare l’immigrazione irregolare. Per quanto tale possibilità non sia escludibile, ad oggi non sono ancora state trovate sufficienti evidenze scientifiche a supporto di tale tesi.
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