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La fine dei giochi secondo Draghi: titoli di Stato sani e salvi (e tre vere novità)
Basilea non è solo la terza città della Svizzera, posta in prossimità del confine con Francia e Germania, è anche e soprattutto, per chi ha interesse ai temi bancari, una serie di standard, raccomandazioni e linee guida a cui la gran parte delle autorità di vigilanza e regolamentazione nazionali fanno riferimento per disciplinare e indirizzare l’attività bancaria.
Dal 1988, anno in cui venne raggiunto il primo accordo di Basilea, fino ad oggi, il Comitato di Basilea lavora per fare in modo che a fianco all’evoluzione dell’attività bancaria, all’apertura dei mercati e alla loro deregolamentazione, vi siano un insieme di regole che rendano più stabile (per quanto possibile) l’attività bancaria, quale cardine dell’intero sistema economico.
Pochi giorni fa è stato diffuso l’ultimo lavoro in ordine di tempo. Il documento pubblicato dal Gruppo dei Governatori delle Banche centrali e dei Capi delle Autorità di vigilanza (GHOS) rappresenta la finalizzazione della normativa di Basilea 3 (per questo si parla di Basilea 3 “endgame” o Basilea 4) e verrà implementato tra il 2022 ed il 2027.
Se la crisi del 2008 ha dimostrato che i modelli di valutazione utilizzati dalle banche tendevano a sottostimare in modo anche rilevante la rischiosità della propria attività, troppo poco era stato fatto perché questi modelli di rating fossero considerati affidabili. Così, con Basilea 3 e poi con questo ultimo lavoro, si è andati incontro all’esigenza di restituire una maggiore credibilità alla misura dell’attivo ponderato per il rischio (il parametro di base su cui vengono calcola i vari requisiti patrimoniali), riducendone la variabilità in base modello scelto e migliorando pertanto la trasparenza e confrontabilità dei parametri bancari.
Andando a vedere il documento si nota che una prima importante novità è una non novità. Chi si aspettava che venissero introdotte modifiche alla disciplina delle esposizioni verso il settore pubblico, comportanti anche per le banche italiane un peggioramento dei coefficienti di capitale e riduzione delle esposizioni stesse, è rimasto deluso. La motivazione di questa “non decisione” è stata esposta con la consueta chiarezza da Mario Draghi, presidente del GHOS (dal minuto 11.04).
La maggior parte dei Paesi non vuole modifiche al trattamento dei titoli di Stato, che pertanto rimarranno esclusi sia dai parametri sulla concentrazione del rischio, sia dalla diversa ponderazione in base al rating. Spetterà, nel caso, alle autorità di vigilanza locali stabilire deroghe a tale esclusione.
Le altre (vere) novità inserite nel documento possono essere distinte in tre categorie:
1. Approcci nella valutazione del rischio di credito e del rischio operativo
Sono stabilite una serie di modifiche all’approccio standard nella valutazione del rischio di credito al fine di aumentarne la robustezza e renderli maggiormente sensibili al livello di rischio. Ad esempio, viene superata la possibilità di assegnare una ponderazione unica per tutti i tipi di mutui residenziali, prescrivendo che la nuova ponderazione dipenda dal coefficiente LTV (dato dal rapporto tra mutuo e valore dell’immobile).
Nella valutazione del rischio operativo vengono eliminati sia l’approccio di misurazione avanzata (AMA) che i tre approcci standardizzati, e sostituiti con un unico approccio standardizzato da utilizzare per tutte le banche. Questo nuovo approccio si basa su due principali componenti: il reddito della banca e le perdite passate; assumendo che il rischio operativo sia tanto più alto quanto più elevato è il risultato economico della banca, e che una banca che ha avuto delle perdite operative in passato sia più sottoposta ad averne in futuro.
Le regole sulla valutazione del rischio di mercato non sono invece modificate.
2. Buffer di leva finanziaria per le G-SIBs
Il documento introduce un buffer aggiuntivo che le grandi banche sistemiche (G-SIBs) devono rispettare nell’ambito della disciplina sull’indicatore di leva finanziaria (Leverage Ratio). Questo buffer di capitale aggiuntivo è fissato nella misura del 50% del requisito addizionale di assorbimento delle perdite. Per esempio, Unicredit, essendo sottoposta al rispetto di un requisito addizionale di assorbimento delle perdite pari all’1%, avrà da rispettare un buffer di leva finanziaria aggiuntivo di 0,5%. Il mancato o parziale rispetto dei requisiti in termini di buffer di leva finanziaria inciderà sulla possibilità di distribuzione di dividendi da parte della banca.
3. Output floor
La principale novità del documento diffuso il 7 dicembre riguarda la fissazione di una precisa soglia all’utilizzo dei modelli di rating interno. La nuova disciplina limita i benefici, in termini di capitale, che una banca può ottenere utilizzando un sistema di ponderazione del rischio basato su modelli interni piuttosto che standard.
La scelta di adottare modelli di valutazione interna è giustificata dal fatto che spesso quelli standard non riescono a identificare tutte le sfumature di rischio che una determinata esposizione presenta. Questa possibilità però ha reso disomogeneo tra i vari Paesi sia il trattamento di analoghe esposizioni che il significato dei requisiti di capitale da raggiungere. Al fine di uniformare quanto più possibile i meccanismi di ponderazione e stabilire un level playing field tra banche che utilizzano modelli differenti è stata introdotta questa soglia al 72,5%.
I modelli interni di ponderazione non potranno più offrire un valore di attivo ponderato per il rischio inferiore al 72,5% di quello che si otterrebbe applicando modelli standard. Questa modifica, secondo lo studio condotto dallo stesso Comitato di Basilea, avrà un impatto per le principali banche G-SIBs, in termini di deficit di capitale, di circa 85 miliardi di euro. Invece le altre banche considerate nel campione avranno un impatto del tutto marginale, con risultati che però possono variare anche in modo consistente da Paese a Paese, in funzione del differente ricorso a modelli interni.
L’introduzione di questa soglia avverrà in modo molto graduale, a partire dal 2022, fino al 2027. Viene inoltre data la possibilità alle autorità di supervisione di porre un tetto all’incremento dell’attivo ponderato per il rischio durante tutta la fase di transizione dal 2022 al 2027, in modo che esso non superi del 25% il valore iniziale che aveva nel 2022.
Ci sarà tempo perché tutte le modifiche vengano recepite dalle varie autorità internazionali ed entrino quindi in vigore, ma questo documento pone finalmente una serie di punti fermi su alcune spinose questioni che hanno condizionato e reso più incerta l’attività bancaria negli ultimi tempi.
Per quanto riguarda il possibile impatto sul mercato italiano concludo citando quanto comunicato dalla Banca d’Italia:
Al fine di favorire il finanziamento delle piccole e medie imprese, l’accordo prevede – in linea con quanto già in vigore nell’Unione europea – un trattamento preferenziale per le esposizioni verso queste controparti nell’ambito della metodologia standardizzata per il rischio di credito. Inoltre, alle esposizioni garantite da ipoteche su immobili residenziali, ritenute relativamente meno rischiose, si applicheranno requisiti patrimoniali generalmente più contenuti rispetto alle regole attualmente vigenti. Si tratta di previsioni importanti per il mercato italiano.
Ci si aspetta nuovo credito per le piccole imprese e verso il settore immobiliare. Business as asual.
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