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Tutto quel che i Pir toccano si trasforma in oro. Leggere bene le avvertenze, però
L’autore del post è Paolo Lenzi, analista finanziario presso Intesa Sanpaolo* –
L’anno che si sta per chiudere sarà ricordato nella finanza Made in Italy come l’anno dell’avvento dei PIR (“Piani individuali di Risparmio”).
Che sia su una pagina di giornale, che sia su un canale televisivo, i PIR stanno infatti imperversando sulla scena pubblica italiana. E anche il più disinteressato all’argomento difficilmente potrà dire di non averne mai sentito parlare.
Numerose Società di Gestione di Risparmio, Banche ed Assicurazioni, tramite fondi comuni di investimento, gestioni patrimoniali o polizze vita, hanno costruito in casa il proprio strumento PIR pubblicizzandone la vendita tramite i diversi canali di comunicazione. E non si può certo dire che manchi l’appetito se è vero che entro fine anno saranno sottoscritte dal mondo del risparmio privato risorse per un ammontare superiore ai dieci miliardi di euro.
La prima conseguenza di questo incredibile e inaspettato successo – che sembra trasformare in oro tutto ciò che è toccato dai PIR – è stata sicuramente il significativo incremento dei volumi medi giornalieri scambiati dalle società oggetto d’investimento dei PIR (“Titoli PIR Compliant”).
Per effetto dell’investimento delle risorse raccolte da una vasta platea di investitori privati, i titoli PIR Compliant dell’indice FTSE STAR e del FTSE AIM hanno mediamente registrato una impennata dei volumi giornalieri a tripla cifra rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
In tale contesto, per spiegare quello che è accaduto sul mercato da quando sono stati introdotti i PIR, emblematico è ciò che è successo nell’ultimo mese ai titoli delle società del settore immobiliare.
Inizialmente escluse dalla possibilità di essere PIR Compliant, in data 23 ottobre scorso è bastata la notizia che il Governo stava valutando la possibilità di includere nella Legge di Stabilità una norma riguardante l’ingresso delle società immobiliari quotate nel perimetro di investimento dei PIR, per dare slancio ai volumi e alle quotazioni delle società interessate.
La tabella riportata di seguito mostra come le SIIQ (“Società di Investimento Immobiliare Quotata”) abbiano ricevuto dal 23 ottobre scorso una attenzione spropositata rispetto a quella storica degli ultimi tempi, determinando un significativo incremento dei volumi negoziati.
Basti pensare che Aedes, abituata a scambiare mediamente 300 mila azioni al giorno nel 2016 per un controvalore giornaliero di poco superiore a 100mila euro, nell’ultimo mese (non solo e soltanto per l’effetto PIR) ha scambiato mediamente 5 milioni di azioni al giorno per un controvalore di circa 2,5 milioni di euro.
Di riflesso anche le quotazioni dei titoli ne hanno tratto giovamento.
Dai prezzi di chiusura del 20 ottobre scorso, le SIIQ hanno registrato performance superiori all’indice principale. Tuttavia – se dovessero riproporsi situazioni analoghe a quelle verificatesi più in generale ai titoli PIR Compliant – è possibile che dopo una prima fase di acquisti generalizzati sul settore, in un secondo momento possano emergere divergenze di perfomance per effetto di un’attività di “stock picking” da parte degli Asset Managers che tenderanno a privilegiare le società meglio posizionate sul mercato.
Più in generale, l’andamento dei principali indici azionari italiani nel 2017 mostra che la performance positiva dell’indice FTSE MIB pari a circa il 16% è stata doppiata dalle performance delle società dell’indice FTSE STAR e dell’indice FTSE Mid Cap, che hanno registrato variazioni positive superiori al 30%.
A tal proposito occorre precisare che l’introduzione dei PIR è soltanto uno dei fattori che hanno contribuito al rally delle società PIR Compliant, alcune delle quali veri e propri gioielli del sistema economico italiano che da anni crescono stabilmente e che, presumibilmente, avrebbero registrato performance molto positive anche quest’anno senza l’aiuto dei PIR.
Resta il fatto che per molti titoli PIR Compliant e, più in generale per gli indici che le contengono, il 2017 è stato un anno di grazia e i primi ad esserne beneficiati sono quegli stessi risparmiatori che hanno creduto nelle potenzialità dei PIR, comprando direttamente i titoli PIR Compliant o investendo in un fondo o in una polizza PIR azionaria.
Occorre tuttavia ricordare che per avere un beneficio fiscale, che esenta dall’aliquota del 26% sul capital gain, il prodotto PIR deve essere mantenuto dai risparmiatori per una durata minima di cinque anni. E non è assolutamente scontato che le performance nei prossimi anni siano uguali, o quantomeno paragonabili, a quelle del 2017.
In più, per coloro che hanno sottoscritto un fondo o una polizza PIR, occorre poi capire quale è l’effettivo rendimento netto realizzato dal proprio prodotto perché le commissioni di sottoscrizione, di gestione e di performance che gli Asset Managers si fanno pagare, potrebbero erodere una parte anche non marginale dei guadagni.
Ma questo è un altro discorso e sarebbe necessario aprire un nuovo capitolo.
*Le opinioni espresse dall’autore nell’articolo sono esclusivamente a titolo personale e non impegnano in alcun modo l’istituto di appartenenza.