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Lavoro, guadagno, pago, pretendo: la Lombardia corre, aspettando l’EMA
Nella sede della Banca d’Italia di Milano, a due passi da piazza del Duomo, il direttore Giuseppe Sopranzetti ha offerto mercoledì 15 novembre un aggiornamento congiunturale dell’economia della Lombardia. Passato il periodo avverso, la crisi dei “sette anni”, a Milano si sente un’aria frizzante, da “andamento lento” stiamo passando a un “andante allegro”. Milano è la città del fare, non sta con le mani in mano, per cui non resta che lavorare per consolidare questa ripresa ciclica. Non ci sono gli spazi per un rilassamento perché è nei periodi buoni che bisognerebbe intervenire sui fattori di struttura.
Nel lontano 1992 Innocenzo Cipolletta ci invitava a stare attenti ai significati delle parole. Nel suo pregevole “Congiuntura economica e previsione” (il Mulino) scriveva: “La congiuntura economica ha finito per rappresentare…una sorta di sinonimo della situazione economica generale di un paese, senza più riferimento alle sue specificità…In questa accezione, un giudizio sulla congiuntura economica può divergere sostanzialmente da un giudizio sulla situazione economica, senza per questo essere in contraddizione”.
Fatte queste dovute premesse di metodo, dal rapporto di Bankitalia emerge positività. Così l’attacco: “Nel corso del 2017 la ripresa dell’attività economica si è intensificata e diffusa in tutti i comparti produttivi. Nell’industria manifatturiera la crescita della produzione si è rafforzata rispetto al 2016, sostenuta dalla domanda interna ed estera”. L’economista Paola Rossi fa notare come l’export lombardo sia cresciuto del 7,4%, nel primo semestre 2017, contro una crescita dello 0,8% nello stesso periodo dello scorso anno. La produzione nei settori calzature, siderurgia, gomma e meccanica cresce di oltre il 4%. Anche le indicazioni prospettiche su ordini e investimenti sono positive. Nelle costruzioni finalmente si nota un cambio di segno, e Milano dà un contributo importante al settore.
Il credito non impazza. Le banche alle prese con i “non performing loans” continuano a stringere le maglie degli impieghi soprattutto verso le piccole imprese. Queste ultime – con un numero di addetti inferiore a 20 – sono passate da avere prestiti per 31.914 milioni di euro (dicembre 2015) a 29.867 nel primo semestre 2017 (-6,41%). Il credito verso le grandi imprese è stabile, in crescita quello verso le famiglie e il credito al consumo. Alcuni osservatori possono essere sorpresi dal calo dei prestiti verso il sistema delle imprese, ma bisogna considerare sia l’autofinanziamento (grazie ai migliori margini reddituali), sia le emissioni obbligazionarie – tipiche delle grandi imprese – che hanno raggiunto nel primo semestre 2017 i 5 miliardi di euro. Certo è che “piccolo non è più bello”.
A livello settoriale, per le costruzioni il credito è in forte calo. Meno male! Siamo stufi di vedere sofferenze bancarie che vengono da progetti immobiliari senza senso. Prestiti concessi grazie a mirabolanti garanzie, ossia prati verdi, come nel caso del presidente del Palermo Zamparini che – non in Lombardia – ha impiombato la Banca Popolare di Vicenza con un insolvenza di 57,8 milioni di euro.
L’occupazione sale, anche grazie al forte aumento nel tasso di partecipazione, che ha superato in Lombardia il 72%, miglior dato nazionale. I servizi danno il loro contributo. Si discute di forme di lavoro a tempo determinato, ma dopo la pacchia della decontribuzione, il calo dei contratti a tempo indeterminato è dovuto.
Le famiglie, aumentando il reddito tramite la maggiore occupazione, aumentano i consumi. La fiducia porta anche a un aumento delle compravendite immobiliari, e ai relativi mutui (anche con surroga).
Colpisce il forte aumento dei depositi bancari sia delle imprese (+12,8%) che delle famiglie (+3,6%). Con i tassi negativi sul breve, le alternative di investimento si riducono e nell’attesa il denaro rimane sul conto. Per i risparmiatori il bail-in – che può imporre l’azzeramento dei depositi sopra i 100mila euro – non è ancora entrato in testa. Qualcuno un giorno piangerà, sempre che non debba intervenire il contribuente – cornuto e mazziato.
In questo quadro favorevole non sarebbe male se lunedì prossimo l’Europa assegnasse a Milano la sede dell’EMA, l’Agenzia europea per i medicinali. Incrociamo le dita, convinti che ce la possiamo fare.
Twitter @beniapiccone