categoria: Tasche vostre
Così sono diventato il salvadanaio della mia compagnia telefonica
scritto da Maurizio Sgroi il 13 Ottobre 2017
Mi succede che una mattina, mentre cerco di capire quanto m’è rimasto sul conto, trovo un addebito d’una cinquantina d’euro sulla mia carta di credito che diminuisce le mie già risicate possibilità di evitare il rosso pure questo mese. Di questi tempi si vive bordeggiando il deficit e bisogna pure farselo piacere. Elaboro in fretta il lutto anche perché nel frattempo sorge e s’ingrandisce la domanda: ma che ci ho fatto con questi soldi? La descrizione riporta una scritta in banchese, tipo: fatt cont tel, che mi suona alquanto astrusa. Aguzzo l’ingegno e mi sorge un sospetto. Chiamo la banca e una gentile operatrice mi conferma che sì, quel cinquantone me l’ha prelevato la compagnia telefonica che forniva voce e dati al mio telefonino fino a tre mesi fa addebitandolo direttamente sulla mia carta di credito.
Premessa. Ai primi del 2017 mi decido a stipulare un contratto con una compagnia che mi impegna per trenta mesi, con addebito sulla carta di credito. Tot euro al mese per il minimo indispensabile di traffico, visto che ne uso poco. Vivo felice per un trimestre: ho abbattuto del 75% il mio costo telefonico e mi avanzano pure i giga e le chiamate ogni settimana. D’altronde vivo davanti a un pc. Ma sapete com’è: la felicità è un attimo. E il mio gong arriva col fischio di un sms che all’inizio dell’estate mi comunica che a causa delle “mutate condizioni di mercato” la mia tariffa non è più valida e che ho tempo trenta giorni per decidere se sopportare un aumento secco del 60%, oppure recedere, inviando raccomandata eccetera eccetera.
Mi sembra un orribile tradimento di un patto che doveva durare in eterno. O almeno trenta mesi. Ci metto un niente a decidere il recesso. Sono all’antica: non sopporto i tradimenti, pure a costo di perderci. Ci metto ancor meno a trovarmi un’altra compagnia dove pago più di prima, a fronte di maggior traffico che non mi serve, ma almeno mi vendico. Mando la raccomandata con tanto di avviso di ritorno e disdico il contratto entro fine luglio, nel termine previsto. Ai primi di agosto controllo la mia carta di credito, hai visto mai questi provano a fregarmi, ma non trovo anomalie. Vado in vacanza felice.
Poi scopro l’addebito e divento triste. Scruto i contratti e mi convinco che la mia ex compagnia telefonica mi ha addebitato una sanzione per il recesso, malgrado fosse mio pieno diritto, avendolo per giunta esercitato nei modi e nei tempi che mi erano stati indicati. E poiché oltre ai tradimenti odio pure le rapine, decido di non fargliela passare liscia. Ciò che non sapevo è che il mio essere all’antica mal si accorda con i tempi moderni. Chiamo (a pagamento, visto che non sono più cliente) il call center del mio ex fornitore. Una signorina palesemente stressata mi dice frettolosamente che ho sicuramente ragione e mi comunica un numero di fax al quale far pervenire il mio reclamo, raccomandandosi di allegare fotocopia del documento e della ricevuta della raccomandata di luglio, che miracolosamente ritrovo nella baraonda domestica. Mastico gli insulti che mi spuntano sulla punta della lingua e ringrazio molto cordialmente. Faccio le fotocopie, mando (a pagamento) il fax. Passa una settimana senza che nessuno mi contatti. Intanto l’indignazione mi rosola a fuoco lento.
Ormai cotto a puntino, dieci giorni dopo il fax ritento col call center. Faccio tre chiamate, in tre giorni diversi, sempre a pagamento, ma ogni volta che chiedo di essere richiamato (possibilità espressamente prevista nel menù) la voce automatica mi risponde che il servizio non è disponibile. Mi arrovento fino all’incazzatura, sentimento che frequento di rado e che perciò gestisco alquanto disordinatamente. Tant’è che imbocco il primo store della nota compagnia che trovo per strada e comincio a sgranare il mio rosario di doglianze al povero commesso, pur sapendo che potrà solo ascoltarmi. Cosa che fa con grande gentilezza, fino a che non gli scappa dal senno la voce che la mia disavventura è capitata a un sacco di persone, dopo che hanno esercitato il recesso estivo, in conseguenza del cambio di tariffe. Mi immagino la contabilità della nota compagnia esibire un sostanzioso calo di cash flow nel mese di agosto. E poiché il mio addebito risale a metà settembre mi si accende una lampadina dalla luce sinistra che illumina un pensiero oscuro: ma mica ci marceranno questi?
Vorrei approfondire, ma prevale l’incazzatura. Vado sul sito della compagnia e tento l’ultima carta: il contatto tramite canale social. Scelgo Twitter e scrivo con tono perentorio che rivoglio indietro i miei soldi o almeno una spiegazione per l’addebito, che mi suona parecchio indebito. Non credo neanche per un secondo che mi risponderanno. E invece accade. Dopo qualche decina di minuti una gentilissima signora mi chiede lumi. Incredulo mi profondo in spiegazioni.
Più tardi mi arriva persino una telefonata dalla quale apprendo alcune cose: 1) la mia pratica di reclamo non era neanche stata aperta malgrado abbia spedito il fax come lo volevano loro. Per fortuna ci pensa la signora; 2) l’addebito dalla mia carta di credito è dipeso dall’applicazione della sanzione per il recesso ed è stato indebito e assolutamente illecito, visto che avevo rispettato alla lettera le norme del contratto; 3) non si può ostacolare in nessun modo il prelievo da una carta di credito, una volta che si sia data l’autorizzazione a disporne a un soggetto, a meno che non si blocchi la carta di credito. Quindi se la compagnia telefonica volesse, potrebbe farlo di nuovo; 4) di sicuro il denaro mi verrà restituito;
Capirete che non ci credo. Ma la mia interlocutrice si dà un gran daffare e un paio di giorni dopo la nostra conversazioni mi fa sapere pure che il rimborso avrà una data di valuta precisa a fine ottobre, a circa 45 giorni dall’appropriazione indebita di cui mi sono accorto per caso e che ho dovuto sudare parecchio per far retrocedere, ammesso che ci sia riuscito davvero. Ma nel frattempo la lucetta sinistra che si era accesa nella mia mente è diventata un lampione. Il sospetto che questi ci marcino diventa quasi palpabile.
D’altronde che fareste voi se aveste accesso a milioni di carte di credito e doveste far fronte a un calo imprevisto di incassi o magari vi servisse un prestituccio senza interessi con restituzione nel tempo – sempre che la povera vittima se ne accorga, riesca a richiedervelo indietro (se non ha buttato la ricevuta della raccomandata) – potendo persino restituirlo con tutto comodo? Tanto, che potrebbe fare il povero consumatore per difendersi? Niente, appunto. Ed è qui che ho fatto la scoperta numero cinque, che poi è la morale di questa storia: sono diventato il salvadanaio della mia ex compagnia telefonica. E, checché ne dicano i proverbi, il mal comune non mi suscita alcun gaudio.
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