Quando il clima chiama in giudizio: sale sulle ferite

scritto da il 25 Aprile 2025

Post di Paola Rapisarda, componente del Practice Group ESG di Gatti Pavesi Bianchi Ludovici*

Negli ultimi anni si parla, non solo tra gli addetti ai lavori ma tra il pubblico in generale, di contenzioso climatico o climate change litigation, per tale intendendosi quel tipo di contenzioso che si prefissa lo scopo di limitare i danni derivanti dal cambiamento climatico del nostro pianeta causato dalle più disparate attività umane, non tanto attraverso l’ottenimento di una compensazione pecuniaria dai presunti responsabili, quanto piuttosto attraverso una valutazione giurisdizionale sulle politiche dei Governi o sulle strategie aziendali delle imprese che li spinga correttamente verso il rispetto degli obiettivi di “neutralità climatica” sanciti dall’Agenda ONU e regolamentati nei relativi trattati (tra i quali si può annoverare il Trattato di Parigi del 2015).

C’è però da chiedersi se questa prospettata definizione valga sempre e comunque e se, nei fatti, sia veramente utile a inquadrare un nuovo modo di concepire il ricorso alla giustizia in relazione alle sempre più urgenti tematiche sul clima.

Il contenzioso climatico ha acceso un faro

Pare comunque corretto affermare che il contenzioso climatico sviluppatosi negli ultimi anni è stato utile ad accendere un faro sulla crisi climatica in generale, ponendosi, oltretutto, come rimedio solutorio di ultima istanza a tale emergenza (in certi casi con successo, come vedremo tra poco).

Va detto anche che il contenzioso climatico ha coinvolto finora proprio coloro che, a vario titolo, sono considerati i responsabili del fenomeno del climate change: gli Stati, in primis, e a seguire le società holding di gruppi multinazionali del settore energetico oil & gas, fino ad arrivare alle imprese le cui attività hanno, in un modo o nell’altro, un impatto sull’ambiente. E se si considera poi che ogni soggetto della scena economica e politica mondiale ha un’impronta climatica, nessuno di essi può dirsi esente da istanze di giustizia climatica.

La giurisprudenza sviluppatasi nel contenzioso climatico si è poi distinta per il ruolo, in certi casi determinante, che in ogni pronuncia hanno rivestito le evidenze scientifiche. Si può dunque pensare che la vittoria o la sconfitta in tale tipo di litigation si giochi sulla possibilità o meno per le parti litiganti di trovare supporto alle proprie tesi nelle teorie più accreditate nell’ambito della comunità scientifica internazionale sul cambiamento climatico. Il che certamente implica per ciascuna parte litigante la disponibilità di notevoli risorse finanziarie che consentano di avviare e resistere a tale tipo di contenzioso.

Il ruolo delle organizzazioni non governative

L’urgenza di intraprendere tale tipo di contenzioso è stata fatta propria, in particolare, da organizzazioni non governative e associazioni di cittadini che hanno sentito il bisogno, a seconda dei propri intenti associazionistici o di “cittadinanza attiva”, di rivolgersi ai Giudici per ottenere la necessaria tutela (sotto forma di rimedio o mitigazione al cambiamento climatico).

Paradigmatico in tal senso è il noto caso Urgenda, dal nome della fondazione ambientalista che ha instaurato il giudizio nei confronti dello Stato olandese nel lontano 2013. Con una sentenza definita storica dai commentatori, nel 2015 la Corte Distrettuale de L’Aia (seguita poi dalla Corte d’Appello de L’Aia nel 2018 e in via definitiva dalla Corte Suprema nel 2020), ha ordinato allo Stato di limitare il volume annuale delle emissioni di gas a effetto serra, riducendolo di almeno il 25% rispetto al livello del 1990 entro la fine del 2020 e del 40% (sempre rispetto a tale livello) entro il 2030.

In lotta (legale) per il clima: vittorie e sconfitte

Tale pronuncia – cui ha fatto seguito nel 2021 la vittoria ottenuta dalla ONG olandese Milieudefensie e da numerosi cittadini nei confronti di Shell, sempre avanti la Corte distrettuale de L’Aia (sebbene a novembre 2024 la Corte d’Appello abbia riformato la pronuncia e, attualmente, il giudizio penda avanti la Corte Suprema olandese) – ha aperto la strada a numerosi contenziosi climatici, sia all’estero sia in Italia.

A questo proposito, ricordiamo la causa civile avviata da ONG e da alcuni cittadini avanti al Tribunale Civile di Roma nei confronti dello Stato italiano, conosciuta con il nome di Giudizio Universale, il cui esito è stato, tuttavia, molto diverso dai casi Urgenda e Shell, poiché il Tribunale di Roma ha dichiarato il difetto di giurisdizione, chiudendo la porta – quantomeno per ora – a tale istanza di giustizia avanti al Giudice civile.

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Un momento della manifestazione organizzata da Friday for Future in occasione della giornata mondiale di Sciopero per il clima a Roma, 11 aprile 2025. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

Nel contesto italiano, citiamo anche la causa avviata da Greenpeace Italia e altri contro ENI e altri, tuttora pendente avanti al Tribunale Civile di Roma, in cui gli attori hanno chiesto al Giudice civile di condannare i convenuti a modificare, in senso climaticamente conformato, le proprie strategie aziendali.

La sentenza della Corte Costituzionale tedesca

All’estero, ricordiamo infine la sentenza (c.d. “Sentenza sul Clima”) resa dalla Corte Costituzionale tedesca nel 2021 nel caso Neubauer e altri contro la Germania, in cui la Corte ha ordinato al Governo Federale tedesco di specificare con maggiore dettaglio, nella propria legge sulla protezione del clima varata nel 2019 (in termini di obiettivi, strategie e misure), come la Germania intendesse garantire il conseguimento delle necessarie riduzioni di emissioni dopo il 2030, e dunque assicurare il raggiungimento della neutralità climatica del Paese entro la metà del secolo. In questa pronuncia la Corte ha tenuto conto dell’impatto che le attuali scelte legislative avrebbero avuto sulle generazioni future, e ha concluso che tali scelte avrebbero loro imposto un onere eccessivo.

In definitiva, la Corte Costituzionale si è posta in una prospettiva non solo rimediale rispetto al tema del cambiamento climatico, ma anche prospettica, considerando il suo impatto sul futuro.

Una necessaria presa di coscienza

Queste non sono che alcune delle numerose iniziative giudiziarie avviate nelle più diverse giurisdizioni (dalla Nuova Zelanda al Brasile, solo per citarne alcune), aventi a oggetto il cambiamento climatico.

E, certamente, a seconda di come la coscienza di ognuno le legga, tali cause possono essere considerate come “pietre miliari” nella lotta alla crisi climatica, o al contrario come “sale sulle ferite” causate al nostro pianeta da questo universale problema. Ad ogni modo, quel che è certo è che esse toccano il sentire collettivo e pertanto aiutano a prendere coscienza non solo dell’esistenza del cambiamento climatico, ma anche della necessità di impegnarsi per contrastarlo.

 

*Gatti Pavesi Bianchi Ludovici è uno studio legale tributario indipendente e full-service che conta oltre 160 professionisti e sede a Milano, Roma, Londra e Lussemburgo.