Cambiamento climatico? A Washington splende sempre il sole

scritto da il 18 Aprile 2025

Post di Andrea Geremicca, Direttore Generale dell’Istituto Europeo di Innovazione per la Sostenibilità (EIIS) e Professore a contratto* –

I bollettini meteo negli Stati Uniti sono di colpo diventati sereni, ottimisti e pieni di speranza per il futuro, almeno quello di breve periodo.

Le ondate di calore estremo, i tornado fuori stagione, la siccità che si allunga sulle coltivazioni, tutto questo continua ad accadere sia chiaro, ma non compare più nei briefing ufficiali. Nei discorsi presidenziali, la parola “clima” è scomparsa e l’unico verde menzionato dal governo Usa riguarda il dollaro.

Da quando è tornato alla Casa Bianca, Donald Trump non si è limitato a negare il cambiamento climatico. Ha iniziato a cancellarlo, una rimozione sistematica della crisi dall’immaginario collettivo, perché se la gente smette di parlarne, smetterà anche di preoccuparsene, avrà pensato. Nella storia recente, governi e aziende hanno più volte scelto di ignorare rischi sistemici, nel tentativo di proteggerne l’economia o l’immagine. Il risultato, quasi sempre, è stato un boomerang.

cambiamento climatico

Il presidente Trump e il cambiamento climatico, immagine generata da Grok

Nel 2001, il governo cinese decise di contenere le notizie sul diffondersi di una sindrome respiratoria acuta grave (Sars). Per settimane, le autorità locali evitarono di allarmare l’opinione pubblica. Niente comunicati, niente numeri, niente misure. Il virus si diffuse indisturbato e l’epidemia esplose, causando centinaia di morti, miliardi di perdite e una crisi diplomatica che lasciò il Paese isolato.

Nel decennio successivo, qualcosa di simile accadde negli Stati Uniti, questa volta con la complicità silenziosa di Big Pharma. La crisi degli oppioidi, alimentata da prescrizioni facili e marketing aggressivo, fu minimizzata da istituzioni e industrie. Il prezzo, pagato con la vita di oltre 500.000 persone, è ancora in corso. Le aziende coinvolte hanno dovuto sborsare decine di miliardi in risarcimenti.

E poi c’è l’Australia. Per anni, i governi conservatori hanno smantellato i fondi per la ricerca climatica, chiuso agenzie, ridicolizzato le previsioni. Nel 2019, mentre gli incendi devastavano il continente, il silenzio si è trasformato in panico. Le assicurazioni non riuscivano a coprire le perdite, l’agricoltura è andata in crisi, il turismo si è fermato. Il danno economico? Oltre 100 miliardi di dollari in meno di un anno.

Anche i mercati stanno iniziando a reagire. Le compagnie assicurative si ritirano dalle aree ad alto rischio, le filiere globali si rompono sotto il peso dell’instabilità climatica, e beni essenziali diventano più difficili da produrre, più costosi da distribuire, più contesi da ottenere.

In un mondo dove il clima è ormai una variabile politica ed economica, scegliere di ignorarlo non è solo un atto di irresponsabilità: è un suicidio strategico. Perché mentre alcuni governi fingono che il pericolo non esista, altri lo affrontano. E saranno loro, non chi tace, a scrivere le regole del mondo che verrà.

Il cambiamento climatico non ha bisogno di spazio nei palinsesti e sui social network per esistere. Non cerca approvazione nei sondaggi.

È lì. E continua a lavorare, anche quando non se ne parla.

Rimuovere una crisi dalla narrazione non significa evitarla. Significa solo arrivarci più tardi, e più deboli.

Il cambiamento climatico non è un’opinione né una teoria. È un fatto. Negarlo con parole è stato già un errore. Ma negarlo con il silenzio — rendendolo invisibile — rischia di essere molto peggio. Perché la realtà, a differenza della comunicazione, non ha bisogno di consenso per imporsi.

*Dopo aver fondato e diretto due startup di successo (con exit nel 2012 e nel 2020), Andrea Geremicca è stato consulente per alcune delle aziende più grandi al mondo. Il professor Geremicca fa parte della Faculty della Singularity University in Silicon Valley su foresight e scenari futuri e ha inoltre tenuto lezioni in istituzioni prestigiose come la Harvard Kennedy School e Science Po. Scrive e contribuisce dal 2019 alla rivista Harvard Business Review Italia, analizzando tendenze emergenti e scenari futuri. Ha scritto 2 libri nel 2023 su Economia Circolare per Hoepli e Innovazione e lancio di nuovi prodotti per l’Università Roma Tre, è un attivo Keynote speaker in tutto il mondo.