Energia e lavoro: quali professioni per il futuro (e per il presente)?

scritto da il 14 Aprile 2025

Post di Marco Cimelli, HR Manager presso Gruppo Enercom

Il mondo del lavoro sta cambiando a una velocità mai vista prima. Se un tempo le carriere erano percorsi lineari, oggi sono un continuo adattamento a nuove esigenze, tecnologie e scenari economici. Il settore dell’energia, in particolare, è al centro di questa rivoluzione: tecnologie avanzate, digitalizzazione e una crescente attenzione alla sostenibilità stanno trasformando il mercato, rendendo indispensabili competenze nuove e figure professionali inedite.

I numeri parlano chiaro: nei prossimi anni, il fabbisogno di nuovi lavoratori nel settore delle utilities sarà compreso tra i 3,5 e i 3,9 milioni, un dato importante che rispecchia due realtà: da un lato, la crescita della domanda di energia sostenibile; dall’altro, la necessità di far fronte a un turnover della forza lavoro che va in pensione e di colmare un divario di competenze che rischia di frenare l’innovazione. Eppure, il problema non è la mancanza di lavoro, ma l’assenza di professionalità adeguate; non basta più essere ingegneri o tecnici qualificati, serve una preparazione che integri capacità analitiche, digitali, relazionali e gestionali. Servono nuove figure, capaci di muoversi in un contesto in cui l’energia non è più solo un servizio, ma un ecosistema da gestire in modo interconnesso.

Energia e lavoro, le figure necessarie

Immaginiamo per un momento una città del futuro. Le strade sono illuminate da lampioni intelligenti che regolano la loro intensità in base al passaggio delle persone. Le case producono energia grazie a pannelli solari e la immagazzinano per i momenti di maggiore fabbisogno. Le auto elettriche si ricaricano in modo autonomo, scambiando energia con la rete. Dietro questa realtà ci sono specialisti che fino a pochi anni fa non esistevano: data scientist capaci di analizzare enormi quantità di dati per prevedere i consumi e ottimizzare le risorse, ingegneri delle energie rinnovabili che progettano impianti sempre più efficienti, esperti in cybersecurity che proteggono le infrastrutture da potenziali attacchi informatici. Figure come queste diventeranno sempre più cruciali per il futuro del settore energetico.

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Dietro la nuova realtà energetiche delle città operano specialisti che fino a pochi anni fa non esistevano (Immagine generata da Gemini AI)

In questo contesto, è importante sottolineare che la twin transition – digitale ed ecologica – impatterà tutti i territori, non solo le grandi città: anche i comuni più piccoli saranno protagonisti del cambiamento e avranno bisogno di professionalità all’altezza della sfida.

Ruoli chiave nel progettare e mantenere tecnologie

Non solo, il cambiamento passa anche da chi saprà guidare questa transizione. Servono manager della transizione energetica, professionisti con una visione strategica, in grado di condurre le aziende lungo il percorso della decarbonizzazione e dell’efficienza. Gli specialisti in energie rinnovabili avranno un ruolo chiave nel progettare e mantenere tecnologie come il solare, l’eolico e l’idrogeno verde, fondamentali per ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili.

Allo stesso tempo, la gestione sostenibile delle risorse richiederà specialisti in economia circolare, capaci di sviluppare soluzioni per ridurre sprechi e promuovere il riciclo. E non possiamo dimenticare gli esperti in monitoraggio ambientale, sempre più cruciali per garantire che i nostri interventi rispettino l’ambiente. E poi ci sono le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), modelli innovativi di produzione e condivisione dell’energia, che richiederanno nuove competenze per essere sviluppati e gestiti. Inoltre, sul fronte della customer experience: l’energia diventerà sempre più un servizio personalizzato, costruito intorno alle esigenze del cliente, per questo, designer e specialisti dell’interfaccia utente avranno un ruolo fondamentale nel rendere l’accesso all’energia più intuitivo e semplice.

Più donne nei ruoli tecnici, gestionali, decisionali

In questo scenario c’è una criticità che rischia di rallentare tutto questo: il mismatch delle competenze; per far fronte a queste sfide le imprese cercano, infatti, profili altamente qualificati, ma spesso faticano a trovarli. Da una parte, le università e i percorsi formativi tradizionali, spesso, non riescono a stare al passo con la rapidità del cambiamento.

Dall’altra, il numero di giovani che si affacciano sul mercato del lavoro sta diminuendo: i dati demografici parlano chiaro: tra il 2015 e il 2020, il numero di studenti nelle scuole primarie italiane è calato di 107mila unità. Questo significa meno studenti all’interno delle scuole superiori e, conseguentemente, meno professionisti disponibili nei prossimi anni. Se non si interviene subito, il rischio è che il settore energetico si trovi a corto di talenti proprio nel momento in cui ne avrà più bisogno.

Un altro elemento fondamentale per costruire un futuro solido e sostenibile è il tema della parità a 360°. Se è vero che nel front office la presenza femminile è già ben rappresentata, è altrettanto evidente quanto il settore energetico, storicamente maschile, debba aprirsi a una partecipazione più equilibrata anche nei ruoli tecnici, gestionali e decisionali. Ma la parità non riguarda solo il genere: è inclusione delle diversità culturali, generazionali, cognitive, fisiche. Valorizzare queste differenze significa arricchire il settore con punti di vista nuovi, stimolare l’innovazione e costruire un ambiente di lavoro più equo e motivante per tutti.

Aziende protagoniste del cambiamento

Rispetto all’inadeguatezza delle competenze, le ricerche condotte confermano quanto le problematiche principali siano anche legate alla questione delle competenze trasversali, in particolare l’autonomia, la capacità di lavorare in contesti complessi e in continua evoluzione, l’imprenditorialità e le capacità relazionali. L’insegnamento delle soft skills, tuttavia, trova ancora poco spazio nei percorsi formativi, sia a livello scolastico che universitario, e oggi si apprendono principalmente nei contesti lavorativi.

Cosa fare? Le aziende non possono limitarsi ad aspettare che il sistema educativo si adatti. Devono essere protagoniste del cambiamento. Collaborare con scuole e università per sviluppare percorsi formativi più vicini alle esigenze reali del mercato, creare programmi di aggiornamento per i lavoratori e  investire nella formazione continua. Il concetto di “posto fisso” è ormai superato: oggi chi lavora deve essere pronto a imparare costantemente, aggiornando le proprie competenze per restare competitivo; È La logica del learn, unlearn, relearn: imparare, disimparare e reimparare. Un ciclo continuo di apprendimento che deve diventare la normalità.

Nuove competenze, nuovi metodi di formazione

Per affrontare un futuro technology-driven è necessario il possesso di un mix di nuove competenze digitali: alle competenze elementari di base, quali l’uso di tecnologie internet e di strumenti di comunicazione e collaborazione, andranno affiancate la capacità di utilizzare linguaggi e metodi matematico-informatici, di creare contenuti digitali e di gestire soluzioni in maniera innovativa, con un occhio alla cyber security e alla privacy.

Le metodologie di formazione stanno cambiando. Non si impara più solo in aula, ma attraverso strumenti innovativi che rendono l’apprendimento più efficace e coinvolgente. Le video pillole formative permettono di accedere a contenuti mirati in qualsiasi momento, i webinar e la formazione online eliminano le barriere geografiche e rendono il sapere accessibile a tutti.

Ma pensiamo anche alla possibilità di fare simulazioni di conversazioni critiche, colloqui critici con obiettivi da raggiungere, con personaggi che interagiscono in tempo reale grazie all’Artificial intelligence e alla possibilità successiva di rivedere le conversazioni tramite la Realtà Aumentata per capire dove siamo stati efficaci e dove non lo siamo stati e perché.

La realtà aumentata e i serious games trasformano la formazione in un’esperienza immersiva, simulando scenari reali e permettendo di sviluppare capacità decisionali in contesti complessi. La gamification introduce elementi ludici nei percorsi di apprendimento, rendendoli più stimolanti e motivanti.

Coinvolgere i middle manager

E poi c’è il ruolo chiave dei middle manager. Spesso concentrati sugli obiettivi di breve termine, rischiano di sottovalutare l’importanza di investire sullo sviluppo delle competenze dei propri team; eppure, sono loro il vero ponte tra il personale operativo e il top management. Se vogliamo che la trasformazione del settore energetico avvenga con successo, dobbiamo coinvolgerli attivamente, fornendo loro gli strumenti necessari per guidare il cambiamento. Non si tratta solo di digital skills, ma anche di soft skills: capacità di leadership, gestione del cambiamento, pensiero critico: tutte competenze che non sempre fanno parte del loro bagaglio formativo, ma che oggi sono indispensabili.

Le utilities del futuro non saranno solo tecnologiche, ma anche umane; l’innovazione non riguarda solo le macchine, ma anche le persone. E il successo di questo settore dipenderà dalla capacità di attrarre, formare e trattenere talenti, garantendo pari opportunità e un ambiente di lavoro che valorizzi il merito e la crescita professionale.

Il settore energetico ha il potenziale per essere un motore di sviluppo, innovazione e sostenibilità, ma per farlo ha bisogno di persone preparate, capaci di adattarsi e di reinventarsi. Ecco perché il futuro non appartiene a chi aspetta, ma a chi investe sulle proprie competenze. Il modo per non rimanere indietro è uno solo: formarsi per non fermarsi.