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Export delle Pmi e dazi: i trend in atto e il ruolo del social selling


Post di Andrea Stecconi, CEO di Execus Spa –
Lo scenario economico globale resta complesso e incerto: inflazione elevata, tassi d’interesse alti e costi energetici superiori al pre-pandemia pesano sulle imprese europee. A questo si aggiungono il rallentamento degli scambi internazionali e la crescente competitività della Cina in settori strategici. Un insieme di fattori che ha eroso le quote di mercato dell’Europa, aggravato da tensioni geopolitiche e instabilità politica.
A complicare ulteriormente il quadro, dal 2 aprile sono entrati in vigore nuovi dazi statunitensi su alcuni prodotti europei, inasprendo le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea. L’amministrazione americana ha imposto tariffe che in alcuni casi arrivano fino al 200%, colpendo in particolare vini, liquori e altri prodotti agroalimentari. Le conseguenze si sono fatte sentire subito anche per l’export italiano: spedizioni bloccate, ordini cancellati e incertezze crescenti per tutta la filiera. Secondo Coldiretti, un dazio del 25% sull’agroalimentare potrebbe generare perdite fino a 500 milioni di euro solo per la filiera del vino, senza contare l’effetto domino su olio, pasta e formaggi.
Spiragli di crescita
Nonostante tutto, l’export italiano mostra segnali di tenuta e apre spiragli di crescita. Le previsioni attestano come la debole crescita dell’export nel 2024 (+0,6%), accompagnata da un brusco calo delle importazioni (-2,9%), non si ripeterà nell’anno corrente. Stando ai primi dati ISTAT, il 2025 sarà caratterizzato da una crescita generalizzata delle esportazioni del 2,8%. In questo contesto, le PMI, motore economico e produttivo dell’Italia, si trovano davanti alla necessità di ripensare il modo in cui raggiungono i mercati, anche quelli esteri. L’adozione di strumenti digitali come il Social Selling non è più un’opzione, ma una risposta concreta alle nuove sfide commerciali, soprattutto per le realtà più piccole che vogliono restare competitive in uno scenario in continua evoluzione.
Le piccole e medie imprese, architrave del sistema economico nazionale, sono particolarmente radicate nel tessuto produttivo del Paese; queste, oltre ad apportare un significativo contributo alla crescita del PIL, stimolano l’innovazione tecnologica e l’inclusione sociale. Secondo i dati ISTAT ripresi dal Rapporto SACE “Risultati economici delle imprese, 2020”, il numero delle PMI italiane si aggira intorno alle 200 mila unità, con un impiego di quasi 5,4 milioni di persone (1/3 degli occupati), un giro di affari superiore a 1000 miliardi e un valore aggiunto generato vicino al 40% del totale.
Le PMI e l’export
Il legame delle PMI con l’export è evidente, specie nel settore manifatturiero: quasi sette PMI su dieci sono attive in questo settore e l’80% del valore esportato dalle PMI deriva proprio dalla manifattura. In generale, seppur le medie imprese abbiano, rispetto alle piccole, un maggiore accesso ai mercati esteri, si stima che il 57% di tutte le imprese manifatturiere e oltre il 90% delle medie esportino. Ai tradizionali mercati europei (Germania, Francia e Spagna) e dell’America settentrionale si sono aggiunti nel tempo nuovi sbocchi, prevalentemente nei mercati dell’Asia orientale e nel Medio Oriente. La recente crisi energetica derivante dal conflitto russo-ucraino, l’aumento del prezzo del petrolio e la competizione della Cina nel settore manifatturiero hanno messo a dura prova la sostenibilità economica delle PMI italiane.
Diversificare i mercati di sbocco
In uno scenario così complesso, emergono alcuni trend chiave che stanno ridisegnando le dinamiche dell’export per le PMI italiane. Da un lato, la necessità di diversificare i mercati di sbocco ha portato le imprese a guardare oltre i confini tradizionali europei, con una crescente apertura verso l’Asia Orientale, il Medio Oriente e alcune economie emergenti dell’Africa e dell’America Latina. Dall’altro, la pressione competitiva internazionale spinge verso un ripensamento del posizionamento di marca e delle strategie commerciali, sempre più orientate alla digitalizzazione e alla sostenibilità.
Il secondo driver fondamentale è rappresentato proprio dalla cosiddetta “Twin Transition”, ovvero la doppia transizione digitale e green. Le PMI che investono in tecnologie digitali e in processi produttivi sostenibili dimostrano una maggiore propensione all’export e una migliore capacità di adattamento ai nuovi standard richiesti dai mercati internazionali. Anche strumenti agili e accessibili come l’e-commerce B2B e il Social Selling stanno accelerando questa trasformazione, abbattendo le barriere geografiche e ampliando la rete commerciale in modo più diretto e relazionale.
L’importanza della digitalizzazione
Per superare queste sfide, in un mercato internazionale radicalmente diverso dal passato, l’impiego strategico degli strumenti digitali rappresenta una leva fondamentale. In questo senso, le PMI italiane, anche attingendo alle risorse europee del Next Generation EU, stanno accelerando i processi di digitalizzazione sia nei comparti produttivi che nella gestione delle relazioni commerciali. Da uno studio frutto della collaborazione tra l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) e l’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano emerge che nel 2023 gli investimenti diretti nella trasformazione digitale siano aumentati del 33%, a fronte di un 4% che li ha ridotti.
Inoltre, come evidenzia il rapporto Sace Piccole, medie e più competitive. Le PMI italiane alla prova dell’export tra transizione sostenibile e digitale, la duplice transizione (Twin Transition), orientata alla digitalizzazione e alla sostenibilità ambientale, aumenta di venti punti percentuali la propensione all’export delle imprese, soprattutto se di piccole dimensioni. Questo per diverse motivazioni: abbassa la “scala minima” per accedere ai mercati esteri attraverso l’annullamento delle distanze fisiche (e culturali); riduce i costi di entrata; e, infine, annulla le asimmetrie informative.
L’efficacia del Social Selling
Tra le soluzioni digitali più diffuse, il Social Selling rappresenta uno strumento efficace per consolidare la presenza delle PMI sui mercati esteri. Grazie alla diffusione dei prodotti nei social media – Linkedin in particolare – le aziende possono entrare in contatto diretto con buyer, distributori e stakeholder esteri, ma anche raccogliere informazioni di mercato e curare il posizionamento del marchio. Secondo una recente pubblicazione sull’International Business Review, l’adozione dei social media da parte delle imprese esportatrici migliora di gran lunga la comunicazione virtuale con i clienti esteri e rafforza le relazioni transfrontaliere, contribuendo indirettamente anche alla riduzione dei costi di esportazione.

Il Social Selling rappresenta uno strumento efficace per consolidare la presenza delle PMI sui mercati esteri. (Designed by Freepik)
A conferma del potenziale dello strumento, i dati Linkedin segnalano come il Social Selling offra il 45% di opportunità di vendita in più rispetto a quelle tradizionali. Inoltre, il 31% dei professionisti B2B dichiara di aver costruito relazioni più solide con i clienti proprio attraverso il Social Selling.
Per le PMI italiane un di più di competitività
Tuttavia, da quanto emerge dall’indagine Excelsior 2024 di Unioncamere, l’Italia si trova in ritardo nell’affrontare la sfida della digitalizzazione. Nonostante il 31% delle assunzioni programmate dalle imprese italiane richieda un livello elevato di competenze digitali, il 61% delle piccole e medie imprese italiane presenta ancora un livello base di intensità digitale. Sebbene si tratti di un valore superiore alla media europea (57,7%), l’Italia rimane comunque ben al di sotto del target comunitario che prevede di raggiungere una percentuale superiore al 90% entro il 2030. Per colmare questo divario, l’Unione Europea ha varato il programma strategico “Decennio Digitale Europeo”, avviato nel 2022. A livello nazionale, l’Italia ha integrato questi obiettivi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), finanziato attraverso il programma europeo Next Generation EU.
Social Selling strumento decisivo
In conclusione, in un contesto globale sempre più incerto, le PMI italiane sono chiamate a rafforzare la propria competitività attraverso una strategia export orientata alla digitalizzazione. Il Social Selling, se integrato con competenze e strumenti adeguati, può diventare uno strumento decisivo nel posizionamento delle aziende sui mercati esteri. La sfida per il futuro passerà quindi necessariamente dal rafforzamento delle competenze digitali, indirizzando la tecnologia come volano per una crescita economica sostenibile.