Italia, Spagna e Germania: tre modi di fare sostenibilità tra le PMI

scritto da il 08 Aprile 2025

Post di Alexia Delahousse, VP Legal di Qonto

Spesso, quando si parla di riduzione dell’impronta di carbonio, si presume che le grandi aziende e le multinazionali siano i maggiori inquinatori ambientali e quindi possano contribuire maggiormente a ridurre il loro impatto. Sebbene, in termini relativi, le grandi aziende siano i principali emettitori di CO2, le PMI hanno una responsabilità collettiva maggiore, rappresentando circa il 98% delle imprese europee.

In questo contesto, l’Unione Europea si è impegnata per la sostenibilità attraverso il Green Deal europeo, una roadmap ambiziosa che include oltre 150 nuove direttive e regolamenti. L’obiettivo dichiarato di Bruxelles è diventare il primo continente carbon neutral al mondo entro il 2050 e ridurre le emissioni di carbonio del 55% in tutta Europa entro il 2030. Questo quadro normativo sottolinea il coinvolgimento non solo delle grandi aziende, ma anche delle piccole e medie imprese, esortandole ad adottare misure concrete per ridurre il loro impatto ambientale.

Tra questo segmento dell’economia del Vecchio Continente, le medie imprese, con più di 50 dipendenti, tendono ad avere una maggiore consapevolezza e cultura dell’impegno ambientale e della riduzione dell’impronta di carbonio. In particolare, secondo i dati del nostro ultimo studio in materia, c’è una differenza di quattro punti percentuali (43% contro 39%) tra le aziende medie e      piccole che hanno misure in atto per ridurre il loro impatto ambientale. Questi dati riflettono anche il fatto che maggiore è il fatturato, più alta è la probabilità di dare priorità alla riduzione dell’impatto.

Le diverse motivazioni per essere sostenibili

Le PMI nelle principali economie europee hanno motivazioni diverse per essere più sostenibili. Le ragioni variano dall’allineamento con i valori e la missione dell’azienda alla reputazione del brand, alla consapevolezza dei costi e ai requisiti legali. Quest’ultimo fattore, in particolare, rivela interessanti differenze tra Spagna, Germania e Italia che meritano un’analisi più dettagliata.

Le PMI spagnole sono quelle che riducono maggiormente la loro impronta di carbonio per obblighi legali, con il 47% che lo fa per questa ragione, riflettendo regolamenti più severi e una maggiore pressione istituzionale. Questo si contrappone alla Germania, dove solo il 26% segue questo percorso. Nonostante sia un punto di riferimento per la sostenibilità, il paese opta maggiormente per l’auto regolamentazione e l’integrazione volontaria di queste pratiche nella strategia aziendale, senza fare troppo affidamento ai requisiti legali. In Italia, la situazione è ancora più pronunciata: le PMI sono molto virtuose adottando volontariamente misure ESG e solo il 15% agisce in virtù delle normative sulla reportistica ESG.

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Sebbene, in termini relativi, le grandi aziende siano i principali emettitori di CO2, le PMI hanno una responsabilità collettiva maggiore, rappresentando circa il 98% delle imprese europee (Designed by Freepik)

Un’opportunità strategica per le PMI

Nonostante queste differenze, emerge una conclusione chiara: la sostenibilità è diventata un’opportunità strategica per le PMI. Oltre a soddisfare i requisiti legali, adottare un modello sostenibile rafforza la reputazione del brand e lo connette con i consumatori, sempre più impegnati e consapevoli circa le tematiche ambientali. Inoltre, la transizione verde può tradursi anche in benefici tangibili, dalla riduzione dei consumi energetici all’ottimizzazione dei processi operativi. In italia, ad esempio, il 38% delle PMI riduce la propria impronta di carbonio per i benefici in termini di riduzione dei costi, oppure perché lo reputa in linea con i suoi valori e sua mission (38%) o per migliorare la brand reputation (28%).

Le istituzioni possono anche essere motori del cambiamento, offrendo accesso a incentivi fiscali e sovvenzioni che facilitano la transizione verso pratiche più sostenibili. In settori come l’edilizia, l’esistenza di sovvenzioni ha spinto l’adozione di misure per la riduzione delle emissioni di carbonio. Tuttavia, in altri settori come i media, la conoscenza e l’accesso a questi incentivi sono decisamente più bassi, evidenziando l’importanza di creare meccanismi chiari e accessibili.

Un fattore fondamentale: la partecipazione dei dipendenti 

La partecipazione dei dipendenti gioca anche un ruolo fondamentale nel successo delle strategie di sostenibilità. La Spagna si distingue come il paese in cui i lavoratori sono molto coinvolti nelle iniziative di riduzione dell’impronta di carbonio, con il 56% degli intervistati che indica un alto livello di partecipazione. Questo si contrappone a paesi come il Regno Unito o la Francia, dove i livelli di partecipazione sono decisamente inferiori, rispettivamente al 36% e al 33%. In Italia, un dipendente su tre è molto coinvolto in attività dedicate alla sostenibilità ambientale della propria azienda, mentre più di 6 PMI su 10 (64%) indicano che i propri dipendenti sono in qualche modo coinvolti nelle iniziative di sostenibilità.

In conclusione, il percorso verso la sostenibilità richiede quattro pilastri fondamentali: una regolamentazione ben calibrata, incentivi chiari, leader impegnati che siano convinti della necessità di transizione per      la propria azienda, e un set adeguato di strumenti per misurare l’impatto dell’azienda e poter agire su di esso. Con le PMI come principale motore produttivo d’Europa, il loro ruolo è cruciale per il raggiungimento dei nostri obiettivi climatici. Il futuro sostenibile e competitivo del continente dipende dalla collaborazione tra governi, imprese e dipendenti.