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Europa, Green Deal, competitività: siamo al punto di svolta?
Post di Paolo Esposito, partner di Greenberg Traurig Santa Maria –
“L’America è benedetta da un’abbondanza di energia e risorse naturali che hanno storicamente alimentato la prosperità economica della nostra Nazione. Negli ultimi anni, regolamenti onerosi e motivati ideologicamente hanno ostacolato lo sviluppo di queste risorse, limitato la produzione di elettricità affidabile e conveniente, ridotto la creazione di posti di lavoro e imposto alti costi energetici ai nostri cittadini. (…) È quindi nell’interesse nazionale liberare l’energia e le risorse naturali affidabili e accessibili dell’America.”
Inizia così l’executive order denominato “Unleashing American Energy” che Trump ha firmato il 20 gennaio scorso. Una decisa inversione di tendenza rispetto alle politiche USA in tema di energia e clima degli ultimi anni, già molto più “morbide” di quelle europee.
Green Deal europeo, i segnali di ripensamento
Anche in Europa, però, cominciano a intensificarsi i segnali di ripensamento della politica UE nota come “Green Deal”. Solo poche ore prima del citato provvedimento USA, i vertici del PPE – uno dei partiti che ha sostenuto il “Green Deal” con maggiore convinzione – ha rilasciato una dichiarazione in tema di competitività in cui, tra l’altro, si legge che “L’attuazione della CSRD e della CSDDD [in tema di sostenibilità], così come della normativa correlata, tra cui il regolamento sulla tassonomia e il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), dovrebbe essere sospesa per almeno due anni”.
E ancora, paventa la possibilità che la politica climatica diventi un ostacolo alla competitività e alla crescita, perdendo il sostegno dei cittadini europei e rischiando di aumentare le emissioni globali, poiché i prodotti verranno realizzati in altre regioni del mondo con emissioni più elevate. Conclude che è quindi necessario sfruttare tutte le soluzioni energetiche disponibili attraverso un approccio neutrale dal punto di vista tecnologico, che includa rinnovabili, nucleare, idrogeno, bioenergia e cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio (CCUS), sottolineando che dovrebbe essere competenza degli Stati membri decidere con quali tecnologie raggiungere gli obiettivi climatici.
Von der Leyen e la scoperta dell’approccio neutrale
Una dichiarazione sostanzialmente sposata da Ursula Von Der Leyen, che al World Economic Forum di Davos ha dichiarato che, in tema di contenimento delle emissioni legate alla produzione di energia, l’UE dovrebbe adottare un approccio neutrale dal punto di vista tecnologico, per raggiungere gli obiettivi climatici senza compromettere la crescita industriale.
Infine, venendo all’Italia, è stato presentato il 24 gennaio 2025 il DDL in materia di nucleare sostenibile. Eppure, questi segnali non dovrebbero essere percepiti come un abbandono dell’impegno per la riduzione delle emissioni climalteranti in atmosfera.
Gli effetti dell’ambientalismo ideologico
L’ambientalismo ideologico di questi anni, alla base del Green Deal europeo, ha penalizzato moltissimo l’industria dell’Unione che, tra l’altro, paga per l’energia elettrica un prezzo 2-3 volte superiore a quello pagato in USA e per il gas addirittura 4-5 volte superiore. Per non parlare del divario con i prezzi dell’energia nei Paesi emergenti che, senza alcun vincolo paragonabile a quelli imposti dal green deal, non si fanno alcuno scrupolo di produrre energia anche con le tecnologie più inquinanti. Ciò ha contribuito in misura sostanziale al costante declino economico dell’UE che, in questi 20 anni, ha visto raddoppiare il divario economico che la separa dagli USA.
Non si tratta di barattare la prosperità economica con la tutela dell’ambiente e il contenimento delle emissioni in atmosfera ma di abbandonare il furore ideologico che ha caratterizzato le politiche ambientali di questi ultimi anni e adottare finalmente un approccio pragmatico.
No neutralità tecnologica? Riecco il carbone
Neutralità tecnologica. Se l’obiettivo è quello del contenimento delle emissioni in atmosfera, non si deve privilegiare – con enormi sussidi, pagati dai consumatori – una tecnologia rispetto ad un’altra. Altrimenti si arriva al paradosso della Germania che, in piena crisi del gas, ha deciso di chiudere le centrali nucleari esistenti per riavviare quelle a carbone e lignite, con il risultato che oggi il prezzo dell’energia elettrica in Germania è tra i più alti d’Europa e il valore delle emissioni il più alto.
Il costosissimo Green Deal: risultati scarsi, economia azzoppata
L’Europa incide per circa l’8% nelle emissioni climalteranti nel mondo e la costosissima politica di Green Deal non ha sostanzialmente modificato questo dato mentre ha assestato un ulteriore, formidabile colpo alla competitività dell’economia UE, già azzoppata da altre cause.
Rapporto tra competitività economica ed emissioni
La tendenza ideologica di questi anni, che ha portato a teorizzazioni come la “decrescita felice”, se da una parte ha vanamente cercato di ridurre le emissioni in Europa – penalizzando fortemente la competitività dell’area – dall’altro ha causato una delocalizzazione della produzione verso Paesi dove il costo dell’energia è decisamente più basso e il volume delle emissioni climalteranti paurosamente alto e in crescita. Ricordiamo che le emissioni di CO2 causano danni indipendentemente dal luogo di provenienza: se si spinge la produzione di beni verso Paesi che generano energia con il carbone, il danno all’ambiente è maggiore rispetto alla stessa produzione fatta con energia da gas (o, ancora meglio, da nucleare).
Attuale irrealizzabilità dell’obiettivo 100% rinnovabile
L’intermittenza e la non programmabilità della generazione elettrica da fonti rinnovabili, unite alla limitata efficienza ed elevato costo degli accumuli elettrici e agli enormi investimenti per l’adeguamento della rete elettrica (oltre al costo di generazione, che richiede ancora ingenti incentivi), rende ancora irrealizzabile l’obiettivo di generare energia elettrica esclusivamente con fonti rinnovabili. È necessario individuare il giusto mix di fonti.
Dunque, ben venga l’abbandono di un approccio ideologico al grave problema del cambiamento climatico e la conseguente rivisitazione delle politiche ambientali degli ultimi anni. Senza abbassare la guardia rispetto al contenimento delle emissioni ma facendolo con pragmatismo e razionalità.