Intesa Sanpaolo, Bankitalia e il bitcoin nell’era Trump

scritto da il 20 Gennaio 2025

Post di Gianluigi De Marchi, giornalista e scrittore finanziario –

L’influenza della presidenza Trump sul mercato delle criptovalute, in particolare su Bitcoin, è un tema di grande attualità.

Ancora prima dell’insediamento, che avviene proprio oggi, 20 gennaio, il valore del bitcoin ha toccato un nuovo massimo storico, avvicinando i 110mila dollari. Questo aumento è stato attribuito all’ottimismo degli investitori riguardo a una presidenza più favorevole alle criptovalute, in contrasto con l’approccio più restrittivo e prudente dell’amministrazione Biden.

In parallelo ha fatto discutere la decisione della prima banca italiana ed europea per capitalizzazione, Intesa Sanpaolo, di acquistare bitcoin. Una scelta che apre indubbiamente le porte ad un diverso approccio del sistema bancario verso un mondo, quello delle criptovalute, che rappresenta un’area oscura, discussa e da molti combattuta.

bitcoin

Il valore del bitcoin fa scintille REUTERS/Dado Ruvic

Intesa Sanpaolo non ha improvvisato l’operazione: dal 2023 è attivo un desk all’interno della divisione Imi Cib denominato Digital asset & trading, per studiare il mercato. Lunedì 13 gennaio, invece, è stata conclusa la prima operazione alla Borsa di Stoccarda Digital.

Ricordiamo che il bitcoin è nato da un’idea del fantomatico Satoshi Nagamoto (personaggio inesistente che probabilmente nasconde un’équipe di operatori altamente specializzati) che ha lanciato la sua creatura come ”moneta digitale”. Lo stesso nome prescelto per individuarlo lo esprime chiaramente: un bit in informatica è l’unità standard di misura della quantità di informazione, e deriva dal mix dei termini “binary” (binario) e “digit” (cifra), mentre coin significa “moneta”.

In realtà come moneta non ha mai avuto spazi: dopo il primo leggendario acquisto di due pizze a Miami pagate 10 bitcoin (oggi un milione di dollari!) non ci sono mai state vere operazioni di compravendite utilizzando valute digitali.

Ma bitcoin e le altre criptovalute che negli anni si sono affacciate sul mercato (sono ormai quasi 10.000) hanno avuto un’enorme diffusione quando hanno mutato pelle, trasformandosi (grazie ad efficaci azioni di comunicazione organizzata dai player) in “riserva di valore”, cioè in una forma di investimento.

Basti pensare che il bitcoin è reclamizzato abbinandolo ad una moneta d’oro (oro, sinonimo di valore eterno, riconoscibile ed accettato ovunque nel mondo) sulla quale campeggia una B con due trattini verticali che scimmiotta il simbolo del dollaro USA (una S con due trattini verticali). Altrettanto avviene con Ethereum, Dogecoin, Polkadot… monete fisiche scintillanti, altro che impalpabili entità vaganti del cloud, per rimuovere resistenze psicologiche verso la novità dando loro un’apparente concretezza.

Ciò premesso, è bene ricordare che il fenomeno è da tempo sotto osservazione da parte delle autorità monetarie, che ovviamente non vedono di buon occhio uno strumento finanziario che pretende di essere una moneta svincolata dai controlli delle autorità centrali.

Senza ripercorrere tutti i numerosi comunicati della Consob e della Banca d’Italia sull’argomento, citiamo solo quanto affermato dal Governatore della banca centrale italiana Fabio Panetta in occasione dell’assemblea del 2024 dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana).

In quell’occasione Panetta aveva definito le criptovalute “prive di valore intrinseco, aggiungendo che “sono create mediante scritture informatiche e non vi è alcun soggetto né alcuna attività reale o finanziaria che ne assicuri il valore”. E ancora. “Sono talvolta scambiate su circuiti informali e opachi, su piattaforme non sottoposte ad adeguati controlli. Coloro che le detengono hanno l’obiettivo principale di rivenderle a prezzi maggiori, in alcuni casi quello di eludere le norme fiscali, di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo”. Ed ha concluso affermando che: “In genere, queste cripto attività rappresentano di fatto una scommessa speculativa ad alto rischio il cui valore è svincolato da fondamentali. Per questi motivi il loro valore registra fortissime oscillazioni. Come è evidente, esse non hanno le caratteristiche per svolgere le tre funzioni proprie della moneta: pagamento, riserva di valore e unità di conto”.

Parole pesanti come pietre, inequivocabili, eppure…

Il logo di Intesa Sanpaolo REUTERS/Dado Ruvic/

Eppure Intesa Sanpaolo ha destinato un milione di euro all’acquisto di una “moneta” priva di valore intrinseco su un mercato opaco, caratterizzato da intense attività speculative e da preoccupanti contiguità coin la criminalità (elusione, riciclaggio, terrorismo sono i tre campi che preoccupano il Governatore Panetta).

Tuttavia l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ha parlato di esperimento destinato a testare il bitcoin in un’ottica di relazione futura con i clienti “super private”: “Siamo leader europei in termini di capitalizzazione di borsa e quindi non dovrebbe stupire se facciamo quello che fanno tutte le altre banche nel mondo. Peraltro si tratta di importi limitatissimi: complessivamente abbiamo 100 miliardi di euro in portafoglio titoli. Quindi (l’acquisto di bitcoin, ndr) è un esperimento, un test”.

Adeguarsi a quanto fanno altre banche non è una ragione sufficiente: basti pensare a quanto tragicamente avvenuto nel 2008 con il crack Lehman, quando molte banche si erano lanciate nel mercato dei contratti derivati gareggiando l’una con l’altra a chi ne stipulava di più.

Qualche curiosità: Intesa Sanpaolo ha avvisato preventivamente Banca d’Italia? Che utilità ne trarranno gli azionisti ed i correntisti della banca? E a che prezzo saranno iscritti in bilancio gli 11 bitcoin, posto che di mercati che li trattano ne esistono parecchi, con indicazioni spesso molto diverse una dall’altra?

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