Perché il risiko delle banche è partito solo adesso?

scritto da il 13 Dicembre 2024

Post di Paolo Gesa, CEO di Officine CST – 

Dal 2008 ad oggi, nel mondo post Lehman, in Italia le banche hanno sofferto per l’esplosione del costo del rischio collegato all’emersione degli NPL e per il perdurare di tassi molto bassi, che ha eroso la principale fonte di ricavo, il margine di interesse.

In tutti questi anni si è parlato spesso di quanto l’M&A potesse essere la chiave di volta per recuperare margini tramite il conseguimento di economie di scala, anche per i crescenti costi fissi di compliance legati alla regolamentazione introdotta come reazione alla crisi del 2008. Tuttavia, veniamo da un quindicennio dove le operazioni che abbiamo visto sono state quasi esclusivamente dei veri e propri salvataggi, con pochissime eccezioni, tra cui, la più nota, l’opa di Banca Intesa su Ubi Banca.

Banche tra fiammata dei tassi e costo del rischio (basso)

A cosa dobbiamo questa rinnovata vivacità? Tralasciando qualunque considerazione su situazioni specifiche, ma guardando unicamente al contesto complessivo, possiamo osservare anzitutto che la fiammata dei tassi, un fattore totalmente esogeno, ha gonfiato il margine di interesse, tuttora principale voce di ricavo per la maggioranza delle banche italiane.

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A ciò va aggiunto che il costo del rischio è a livelli storicamente molto bassi, grazie sia alle grosse dismissioni di NPL effettuate, che ne hanno ridotto l’incidenza negli attivi creditizi dal 18% a meno del 3% (in cui lo Stato ha contribuito con le GACS ed Amco, per oltre la metà del mercato primario nel periodo 2015-2023), e sia al crollo dei tassi annuale di deterioramento del credito, passato da un picco del 6% (quasi il 10% nel segmento imprese) del 2014, fino a stabilizzarsi abbondantemente sotto il 2% nell’ultimo biennio.

Una incredibile iniezione di liquidità

A questo crollo ha sì contributo la vivacità dell’economia post pandemica, ma anche l’incredibile iniezione di liquidità verso le imprese derivante dai finanziamenti garantiti dallo stato (oltre 300 miliardi erogati nel periodo 2020-2022), che ha allungato la vita anche ad aziende ad alto rischio.

Abbiamo assistito altresì all’incredibile generazione di capitale, per la combinazione di utili alti, attivi decrescenti e minor assorbimento di capitale grazie al massiccio ricorsi ai prestiti assistiti da garanzie pubbliche, che ha comportato una riduzione della risk density degli attivi bancari.

Il rialzo dei tassi ha, infine, fatto tornare di moda il caro vecchio “sportello” come fonte di approvvigionamento di liquidità. L’ultimo biennio ha palesato l’enorme differenza tra la raccolta di prossimità, molto più stabile e lenta nel chiedere l’adeguamento alle condizioni di mercato, e la raccolta on line o pubblica, evidentemente molto più ballerina e rapida ad adeguarsi alle mutate condizioni. In questo contesto, abbiamo visto coesistere banche il cui costo medio del funding aumentava molto lentamente ed è tuttora vicino all’1%, con altre in cui la risalita è stata molto più rapida, per avvicinare il 4%. Una differenza abissale.

Perché questo è il momento del Risiko

In questo incredibile “Bengodi”, il RoE medio delle banche è passato dal 2% del 2020 a ben oltre il 10% atteso per il 2024, senza che questo sia completamente riflesso nelle valutazioni di mercato: molte, infatti, trattano ancora al di sotto del patrimonio netto contabile. Il mercato, evidentemente, nutre dubbi sulla sostenibilità di medio periodo dei risultati attuali, e qui arriviamo al perché questo è il momento del Risiko.

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Valutazioni a sconto del patrimonio netto significa contabilizzare, al momento dell’acquisizione, un “badwill”, pari alla differenza tra il patrimonio netto della società acquisita ed il prezzo pagato al netto dell’effetto fiscale, che costituisce un provento per il soggetto acquirente. Un eccellente incentivo per acquisire un player che oggi ha pochi rischi nell’attivo ed una buona redditività, differentemente dal recente passato, dove regnava la prudenza per i rischi impliciti nei bilanci ancora colmi di NPL ed i conti economici tutt’altro che brillanti.

Investire il capitale generato in questi anni magici

È quindi il momento giusto per investire il capitale generato in questi anni magici e costruire redditività futura per quando il contesto sarà meno favorevole. E da qui il movimento di questi mesi: M&A per conseguire economie di costo, acquisizione di sportelli o piccole realtà locali per aumentare la base di raccolta stabile ed interesse per re-internalizzare le fabbriche prodotto (in molti casi cedute negli anni difficili per fare cassa) per incrementare margine commissionale.

Andrea Orcel, ceo di Unicredit (Reuters)