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Partita Iva, ecco pro e contro nel 2025. Tra sfide e opportunità
Post di Enrico Mattiazzi, Amministratore Delegato di Fiscozen, tech company per la gestione fiscale della Partita Iva –
Il 2025 alle porte sarà per le Partite Iva italiane un anno piuttosto incoraggiante, grazie ad alcune importanti novità fiscali: l’introduzione della fatturazione semplificata, il nuovo codice ATECO per gli influencer, la riforma fiscale dei liberi professionisti e il crescente fermento attorno a possibili evoluzioni del regime forfettario. Questi cambiamenti potrebbero avere un impatto sulla crescita del numero dei liberi professionisti, in controtendenza rispetto alle leggere flessioni degli ultimi anni e del terzo trimestre del 2024. Dall’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio sulle Partite IVA del MEF, infatti, emerge che tra luglio e settembre del 2024 ne sono state aperte in Italia 95.994, in leggero calo dell’1,6% rispetto allo stesso periodo del 2023, anno che già aveva registrato un calo del 1,9% rispetto al 2022 (492.176 nuove aperture totali).
Partita Iva per chi non si identifica nel lavoro dipendente
Guardando al lungo periodo e soprattutto alle nuove generazioni, prevediamo un aumento costante del numero di liberi professionisti ogni anno. Come emerso da un sondaggio che abbiamo effettuato a novembre su 1127 lavoratori in Partita Iva, di età compresa tra i 18 e i 65 anni e provenienti da tutta Italia, la Gen Z (la generazione compresa tra i 18 e i 26 anni) si identifica sempre meno nel lavoro dipendente, preferisce maggiore libertà ed è più incline ad avviare un’attività autonoma per poter guadagnare in maniera proporzionale alle capacità e al merito e per potersi confrontare con progetti e clienti sempre diversi.
Ciò rispecchia il bisogno di ridisegnare il proprio percorso professionale in autonomia e sviluppare competenze trasversali per affrontare un mercato del lavoro in continua evoluzione. Secondo uno studio GoodHabitz del 2023, il 36% dei lavoratori con carriera lineare ha comunque in programma di cambiare o ha il desiderio di farlo, mentre il 40% sta seguendo un percorso lavorativo “non lineare” con cambi di settore o ruolo all’interno della stessa azienda o in una realtà diversa. In questo contesto più ampio, la generazione cresciuta nell’era della flessibilità, della globalità e dei frequenti nuovi stimoli professionali, si è preparata per stare al passo con il mercato del lavoro, ma si ritrova in un mercato del lavoro che, per quanto in trasformazione, non sta al passo con le sue esigenze.
Libertà vs. posto fisso, una tendenza in crescita
Questa frattura porta alla presa di consapevolezza rispetto al valore di due elementi fondamentali: la libertà e il tempo. La prima, come raccontato dai risultati della nostra indagine, è quella di non vivere per lavorare e di non identificarsi precisamente con il proprio lavoro. Il proprio tempo, dall’altra parte, aumenta di valore ed è sempre più prioritario.
Ciò vale non solo per i giovani: un italiano su due sarebbe disposto a guadagnare meno pur di avere un giorno libero in più, in un Paese in cui, a causa dell’inflazione, il valore degli stipendi è sceso del 7,3%. Le persone nate dai primi anni ’80 in poi avevano aspettative più alte nei confronti del lavoro. Dove il posto fisso non riesce a soddisfarle, si va a cercare gratificazione altrove con variazioni di percorso e aperture di Partita Iva. Il 2025 vedrà consolidarsi questa percezione e la strada della libera professione, grazie anche alle novità in arrivo, diventerà sempre più appetibile.
Ovviamente, una volta che si assaggia il gusto della libertà, è difficile tornare indietro. Col nostro sondaggio abbiamo registrato che l’83% dei liberi professionisti è soddisfatto di lavorare in autonomia, scelta intrapresa nel 52% dei casi proprio per il desiderio di libertà nella gestione del tempo. Altre ragioni includono l’appartenenza ad albi professionali e la possibilità di guadagnare di più, anche se segnalata solo dall’8%, a riprova del fatto che non è l’aspetto economico il driver principale. Solamente il 20% degli intervistati ha aperto partita Iva per necessità più che per scelta. Dopo almeno un anno dall’apertura, l’aspetto più gratificante emerso è l’autonomia nella gestione di priorità, tempo e clienti, segnalata dal 49%. Non solo, risulta che quasi un autonomo su due, il 45%, non è preoccupato dalla tanto temuta burocrazia italiana.
Dalle tutele al fisco, il rovescio della medaglia della Partita Iva
Una fotografia senza dubbio stimolante, ma esiste il rovescio della medaglia. Sono infatti venuti a galla dei motivi di preoccupazione con radici antiche e trasversali per età, genere e codice ATECO, che si traducono in chiare richieste a chi governa per garantire maggiore serenità ed equilibrio: più tutele, in particolare per la malattia, indicata dal 36% degli intervistati; alleggerimento della pressione di tasse, contributi e scadenze (29%); fiducia da parte degli enti di credito (16%); supporti per la genitorialità (8%). Insomma, se da un lato il lavoro autonomo risponde bene alle esigenze di maggior libertà, dall’altro c’è una mancanza di incentivi per intraprendere questa via o rimanerci.
Il racconto stereotipato del libero professionista
Il racconto spesso stereotipato e negativo del libero professionista non rende giustizia a coloro che con determinazione affrontano un percorso di lavoro autonomo con tutte le sfide che comporta. La Partita IVA rappresenta per molti un’opportunità di crescita personale e professionale, offrendo libertà e la possibilità di costruire la propria realizzazione lavorativa. Certo, richiede impegno e capacità di adattamento, ma proprio per questo può diventare un’esperienza molto appagante. Crediamo che sia il momento di valorizzare questa scelta che in Italia coinvolge più di 3 milioni di persone, studiando nuove soluzioni di supporto che possano renderla ancora più sostenibile e gratificante.