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ESG, se per i manager vale la finanza più della creazione di valore
Post di Ada Rosa Balzan, CEO, founder e presidente di ARB SB oltre che sociologa ambientale –
Per quasi 9 manager su 10 (85%) investire in sostenibilità significa creare valore sul medio e lungo periodo. Ma, alla domanda su quali siano le principali motivazioni che inducono un’impresa ad affrontare questi investimenti, la generazione di rendimenti finanziari risulta essere la priorità per un manager su due (50%), addirittura più delle necessità di compliance rispetto alle norme (48%).
A rivelarlo, come ripreso anche dalla testata specializzata ESG Today, è il rapporto “Sustainable signals: understanding corporates sustainability priorities and challenges”, realizzato dall’Institute for Sustainable Investing su un campione rappresentativo di oltre 300 aziende pubbliche e private che fatturano più di 100 milioni di dollari, appartenenti a un’ampia gamma di settori e distribuite equamente come sede tra Europa, Nord America e Asia. Alla base un sondaggio condotto interpellando coloro che hanno responsabilità decisionali in materia di sostenibilità all’interno delle rispettive organizzazioni.
Sono in incremento i manager che concepiscono gli investimenti in sostenibilità come parte integrante e oggi imprescindibile della creazione di valore a lungo termine per la propria azienda. Sono persone che hanno ormai compreso come la sostenibilità non sia un costo o una moda passeggera ma in realtà rappresenti, sempre più, un’opportunità per lo sviluppo del business aziendale.
Un rischio che si chiama ESG washing
Purtroppo però se la principale motivazione che guida i manager aziendali negli investimenti ESG è solo quella del ritorno e del profitto economico, il rischio spesso è che questi ultimi, fermandosi solo all’apparenza e a meri progetti di comunicazione, possano poi andare incontro a casi di greenwashing o meglio di ESG-washing, una nuova forma di greenwashing estesa anche alle questioni sociali e di governance, il cui danno anche economico è ben peggiore. In tema di sostenibilità le aziende prima debbono fare e solo poi comunicare. Ma questo è un aspetto ancora troppo sottovalutato dai manager.
Non a caso, la pressione esercitata da parte della società civile (stampa, ONG e attivisti) sulle tematiche ESG è indicata quale stimolo importante dietro alla scelta di effettuare investimenti in sostenibilità soltanto dal 26% degli intervistati, collocandosi all’ultimo posto, dopo le aspettative dei finanziatori (32%) e quelle dei fornitori (34%).
Anche gli incentivi governativi non sembrano essere considerati un fattore particolarmente incisivo: solo il 35% sostiene che questi abbiano un impatto nel determinare la strategia aziendale in termini di investimenti ESG. Un ruolo più importante, invece, lo hanno le convinzioni culturali profonde del management: il 47% dei manager ritiene infatti di avere un dovere morale di fare la cosa giusta per le persone e il pianeta e il 46% ritiene invece che la sostenibilità costituisca una sfida significativa per il nostro modello di sviluppo. Solo il 15% dei partecipanti al sondaggio, infine, ritiene che l’impatto degli investimenti in sostenibilità sia principalmente quello della prevenzione del rischio.
ESG e le sfide da affrontare: gli investimenti
Certo, non mancano le sfide e le difficoltà. Il principale ostacolo all’implementazione di strategie ESG, per i manager, è quello degli elevati investimenti richiesti: a menzionarlo son ben 7 dirigenti su 10. Scorporando il dato, le esigenze di investimento si collocano in cima alla lista delle sfide, con il 31% dei voti, davanti al conflitto tra pratiche sostenibili e obiettivi finanziari (28%), all’incertezza del quadro macroeconomico (25%) e allo scontro con il modello di business aziendale (24%).
Apparentemente meno significative, per i dirigenti interpellati, risultano questioni come la mancanza di leadership o lo scoglio delle competenze interne (19%). Se l’elevato livello di investimenti necessario è inevitabilmente una fonte importante di preoccupazione, speculare, sul fronte dei sostegni necessari, è il fatto che l’84% degli intervistati ritenga il supporto degli investitori come fondamentale. Un supporto che, del resto, sarebbe ben riposto: il 76% afferma che le misure di sostenibilità potrebbero comportare una riduzione del costo del capitale nel corso del prossimo quinquennio.
Se, tuttavia, la consapevolezza delle opportunità offerte dalle strategie ESG per lo sviluppo dei modelli aziendali sembra essere penetrata all’interno delle organizzazioni, anche nelle realtà di maggiori dimensioni persistono alcune note stonate: solo il 37%, tra i partecipanti al sondaggio riferisce infatti che il proprio consiglio di amministrazione ha un expertise in materia di sostenibilità.
ESG, il capitolo delle competenze e l’evoluzione in Italia
Altro capitolo è quello delle competenze: quasi sei intervistati su 10 (il 57%) ritengono che gli amministratori dovrebbero essere più informati sulle normative in tema di sostenibilità, aspetto richiesto anche dalla Direttiva europea sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive).
Il cambiamento culturale e di prospettive che sta coinvolgendo i grandi player del mercato globale riguarda anche le PMI italiane, soprattutto quelle attive nella catena di fornitura di grandi aziende sono molto più sollecitate nell’intraprendere percorsi di sostenibilità in azienda. Chi ritiene, infatti, che la sostenibilità sia qualcosa che non interessi queste realtà o che sia ancora vista come una sorta di oggetto misterioso dai nostri imprenditori è completamente fuori strada.
A confermare questa sensazione, del resto, è il rapporto “La percezione dei temi ESG: momentum e sfide nelle PMI Italiane”, realizzato dall’Osservatorio Nazionale sulla Sostenibilità delle PMI Italiane della UCL School of Management. Da una survey sottoposta a 874 PMI italiane emerge come il 79% degli imprenditori ritenga che le performance ESG siano positivamente correlate a performance e rendimenti finanziari di lungo termine, mentre il 52% è spinto alla trasformazione sostenibile “da opportunità più che da rischi”.
Fondamentale è il ricorso a realtà consulenziali serie, e con uno storico riconosciuto di anni su percorsi di sostenibilità, che sappiano indirizzare gli imprenditori verso un approccio etico e trasparente rispetto al loro percorso ESG oriented.