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Gli algoritmi di Google e LinkedIn penalizzano le piccole imprese?
Post di Giambattista Bernocchi, Country Director Italia di B2B Stars –
Le piccole e medie imprese sono il cuore pulsante dell’economia italiana, generando oltre il 63% del valore aggiunto e occupando circa il 76% della forza lavoro. Nonostante il loro ruolo centrale, queste realtà si trovano oggi a fronteggiare una sfida sempre più complessa: rimanere competitive in un mercato digitalizzato dove la visibilità online diventa fondamentale per attrarre clienti e crescere. In questo contesto così sfidante, come può una PMI emergere se l’accesso a questa visibilità è determinato da algoritmi e dinamiche difficili da controllare e sostenere?
Piattaforme come Google e LinkedIn sono diventate la principale porta d’accesso e vetrina per l’acquisizione di nuovi clienti e partner, ma stare al passo con la gestione dei loro algoritmi può penalizzare le PMI. Il 74% delle piccole e medie imprese italiane ha infatti affermato di aver riscontrato difficoltà nell’ottenere visibilità su queste piattaforme[1]. A differenza delle multinazionali queste realtà non hanno budget consistenti da destinare a SEO, campagne pubblicitarie e ottimizzazione, risorse che invece le grandi aziende possono investire in modo continuo e strutturato. Nonostante ciò, nell’ultimo anno il 41% delle PMI ha incrementato la spesa pubblicitaria su canali come social media e motori di ricerca[2].
Queste difficoltà, per quanto possano sembrare semplici problemi di marketing, hanno invece ricadute molto concrete sulle attività quotidiane delle aziende e persino sui loro bilanci, poiché ogni giorno sottraggono opportunità di crescita.
Una competizione asimmetrica: come gli algoritmi creano disuguaglianza
Gli algoritmi di Google e LinkedIn vengono aggiornati frequentemente, con modifiche che spesso ridisegnano le regole del gioco. Questi cambiamenti continui, pensati per ottimizzare al massimo la visibilità dei contenuti, creano un dislivello competitivo che penalizza le PMI. Mentre le grandi aziende possono permettersi di reagire prontamente ai nuovi parametri algoritmici con investimenti regolari in campagne e contenuti ottimizzati, le PMI sono costrette a dedicare tempo, denaro e risorse limitate per adattarsi, spesso con risultati modesti. La concorrenza tra piccole e grandi imprese diventa quindi squilibrata, determinando un rallentamento nella capacità di raggiungere nuovi clienti, allargare la propria rete di contatti e costruire relazioni strategiche.
Questa asimmetria non è solo una questione di visibilità, porta con sé un costo significativo che per le PMI italiane si può stimare in oltre 15 ore al mese nella ricerca di potenziali partner o fornitori. Un impegno che si traduce in un costo annuale di oltre 110.000 euro in termini di risorse e opportunità perse. La competizione in un ecosistema digitale dominato da algoritmi complessi diventa quindi una corsa a ostacoli per molte piccole realtà che faticano a rimanere al passo con i grandi player.
Reputazione digitale, fattore di visibilità per le PMI
In questo contesto, la reputazione online emerge come un fattore di visibilità cruciale per le PMI. Nel mercato B2C, la reputazione digitale è da tempo un motore decisivo per le scelte dei consumatori. Portali di recensioni come Trustpilot o TripAdvisor hanno reso evidente come la trasparenza e le opinioni degli utenti possano orientare le decisioni d’acquisto. Questo fenomeno, sebbene diffuso nel B2C, sta guadagnando importanza anche nel B2B. Le PMI, che non hanno le risorse per investimenti in SEO o campagne pubblicitarie, possono puntare a costruire e alimentare una solida reputazione online per differenziarsi dalla concorrenza.
Le recensioni online possono infatti diventare un asset strategico fondamentale per guidare un ranking più equo e meritocratico: il 62% dei decisori delle PMI italiane ha affermato di tenere in considerazione le recensioni online quando sceglie un fornitore o partner commerciale e il 54% ha dichiarato di essere stato contattato da nuovi clienti a seguito di una recensione positiva. Un buon feedback può quindi essere un volano per incrementare la visibilità, riducendo la dipendenza dalle costose campagne pubblicitarie e migliorando il posizionamento su piattaforme digitali. Investire nella reputazione online diventa quindi una leva potente per chi non ha il budget per competere con i parametri dettati dagli algoritmi.
Verso un ecosistema digitale inclusivo
L’esigenza di un ecosistema digitale inclusivo e più equo è ormai urgente. Le regole di accesso alla visibilità non possono più continuare a favorire esclusivamente i grandi player: è necessario pensare a un sistema che permetta a tutte le imprese, a prescindere dalla loro dimensione, di crescere e restare competitive. In questo scenario, le tecnologie innovative come la Business Intelligence possono rappresentare un alleato fondamentale per le PMI. Strumenti come l’analisi dei dati e l’automazione guidati dall’IA, oggi disponibili anche a costi sostenuti, offrono opportunità uniche per ottimizzare la visibilità e migliorare le strategie di marketing. L’integrazione della Business Intelligence permette alle PMI di monitorare e analizzare i propri risultati in tempo reale, adattando le proprie strategie a un mercato in continua evoluzione senza dover sostenere costi eccessivi.
Un cambiamento di prospettiva è necessario: le PMI italiane devono poter prosperare, non solo grazie alla loro capacità di innovare e adattarsi. Creare un futuro in cui il cuore pulsante della nostra economia possa competere ad armi pari è una responsabilità che oggi più che mai non può toccare solo a un algoritmo.
NOTE
[1] Ricerca condotta da B2B Stars con Censuswide
[2] Ricerca Amazon ADS 2024