categoria: Vendere e comprare
Giornali fra carta e digitale: un equilibrio incompiuto
Post di Marco Gambaro, professore di Economia dei Media all’Università Statale di Milano –
I quotidiani stanno perdendo copie in tutto il modo da molti anni. In Italia il calo dura da metà degli anni novanta. Negli ultimi 15 anni i quotidiani nazionali hanno perso circa il 75-80% delle copie vendute in edicola, mentre i locali si non difesi un po’ meglio con perdite in molti casi del 50-60%. La responsabilità maggiore viene attribuita ad internet e alle notizie disponibili gratuitamente, ma non con una semplice sostituzione come spesso si pensa. Curiosamente, in rete non si è sviluppato alcun servizio che sostituisca perfettamente quello offerto dai quotidiani. Il processo di abbandono della stampa è più complesso e riguarda sia l’offerta sia la domanda di informazioni.
I quotidiani, come altri mezzi, sono un bundle di notizie e informazioni vendute assieme al prezzo di copertina. Ogni lettore è interessato a un sottoinsieme delle notizie, qualcuno sport ed editoriali, altri spettacoli ed economia. Se qualche componente delle notizie offerte, anche secondario e poco giornalistico, come ad esempio le quotazioni azionarie, gli orari dei cinema o gli annunci immobiliari, è disponibile gratuitamente in rete, al margine qualche lettore riterrà che il giornale non valga più gli euro spesi e così si ridurranno le copie. Quando le copie calano occorre ridurre in fretta i costi fissi, cioè le redazioni, perché altrimenti i conti saltano in fretta. Però la qualità del giornale dipende, come in molti settori informativi, proprio dal livello dei costi fissi.
Il circolo vizioso dei tagli e della qualità
Per cui, quando si tagliano le redazioni, e non si può fare altrimenti, si ridurranno le notizie o la precisione/completezza con cui sono trattate e al margine qualche altro lettore abbandonerà il giornale, trovando che non valga più il prezzo di copertina. Si crea, quindi, un circolo vizioso, inevitabile ma perverso, che spinge verso il basso sia le copie che la qualità del giornale.
All’inizio di questo processo sta spesso una riduzione di entrate sul mercato pubblicitario. Ad esempio negli Usa, dove con lo sviluppo di Craigslist è scomparsa la piccola pubblicità dai giornali locali, che però rappresentava circa tre quarti della pubblicità locale, che a sua volta era l’80% della raccolta pubblicitaria. Questo drastico calo di entrate ha costretto a ridurre i costi fissi, cioè le redazioni, e ha attivato il circolo vizioso.
Si è innovato ancora troppo poco
Molte delle notizie sono diventate prodotti non differenziati, facilmente disponibili e quindi difficilmente vendibili perché concorrenza spinge il prezzo a zero. Quando accade qualcosa, il semplice riportarlo può essere fatto da chiunque su qualsiasi piattaforma. Inoltre molte organizzazioni, sia aziende sia amministrazioni pubbliche, si sono integrate a valle nell’attività di comunicazioni per cui le fonti sono facilmente disponibili anche agli utilizzatori finali. Infine gran parte dei materiali di approfondimento (studi, rapporti, analisi) sono accessibili da enti, organizzazioni, università associazioni di categoria, banche d’affari e società di consulenza. Il risultato è che molti esperti presentano in social media come X, o in newsletter o siti, approfondimenti e inquadramenti di qualità spesso superiore a quelli che può fare un giornalista medio.
In Italia i mercati pubblicitari locali sono stati a lungo isolati dalla concorrenza delle piattaforme e infatti, come si è visto sopra, i quotidiani locali sono calati di meno. Ma gli editori di quotidiani li hanno sempre snobbati e hanno fatto poco per difendere la loro posizione, spesso dominante in questi mercati.
La risposta naturale alla crisi è traferire le attività sul digitale, ma questo non è così semplice e in Italia è stato fatto con molte esitazioni, innovando troppo poco.
Dalla carta alla navigazione, emorragia di ricavi
Quando un lettore della carta si trasforma in un navigatore, l’editore perde circa i tre quarti dei ricavi, per un insieme di ragioni: la durata media della visita al sito informativo on line di un quotidiano è di un paio di minuti, con 3-4 page views mentre col quotidiano di carta si dedicavano una ventina di minuti alla lettura; con 3 page views si possono mettere massimo 2-3 banner, contro tutte le pagine pubblicitarie di una copia di carta; il prezzo unitario (costo contatto per mille) è più basso nel digitale perché i costi marginali tendono a zero, le piattaforme hanno molti spazi non saturati e la concorrenza spinge verso il basso i prezzi. Con gli abbonamenti elettronici questo squilibrio cala un po’, ma restano ricavi unitari minori rispetto al passato.
Gli editori italiani hanno esitato molto a sviluppare le versioni digitali anche perché, ma non solo, i giornalisti italiani hanno resistito ferocemente al digitale, rifiutandosi a lungo di scrivere sui siti, chiedendo indennità aggiuntive quando il problema era ridurre i costi ed opponendosi a qualsiasi sperimentazione.
Per il momento le copie digitali riguardano solo una manciata di editori, mentre per la maggior parte dei quotidiani gli abbonamenti digitali rappresentano più una presenza simbolica. Le prime 5 testate realizzano il 66% delle copie digitali vendute a oltre il 30% del prezzo di copertina di tutti i quotidiani e per queste cinque testate l’incidenza media delle copie digitali sul totale copie è del 34% mentre per tutti gli altri quotidiani la media è del 9%.
Strategie sul digitale incerte
Inoltre le strategie di presenza sul mercato digitale appaiono un po’ incerte. Le storie di successo più conosciute sul mercato digitale sono quelle dei maggiori quotidiani statunitensi che grazie alla lingua e alla posizione del loro paese hanno potuto aggredire i mercati globali e raggiungere dimensioni superiori a quando diffondevano copie solo cartacee. Di conseguenza hanno aumentato le redazioni e costruiscono un prodotto giornalistico molto ricco difficilmente raggiungibile.
New York Times e Washington Post hanno dei prezzi per l’abbonamento alla versione digitale rispettivamente di 90 e 80 dollari l’anno e dei prezzi promozionali rispettivamente di 20 e 30 dollari. I maggiori quotidiani italiani si presentano sul mercato con prezzi più che doppi: Corriere e Repubblica a 199 euro l’anno e Resto del Carlino, e altri, a 178; poi offrono opzioni scontate a cifre tra 60 e 150 euro. Naturalmente nelle comunicazioni dirette ci sono offerte più vantaggiose, ma diciamo che sul marketing digitale c’è ancora della strada da fare.