Buoni pasto a rischio: perché serve un tetto alle commissioni

scritto da il 19 Novembre 2024

Post di di Federico Cavallo, Head Public Affairs e Media Relations di Altroconsumo – 

Periodicamente il dibattito sul tema buoni pasto torna attuale, su stampa e presso le istituzioni. Nell’ambito dell’esame del disegno di legge annuale sulla concorrenza, un emendamento propone di stabilire un tetto, fissandolo al 5%, alle commissioni che gli emettitori di buoni pasto potranno applicare agli esercenti convenzionati, ossia ai bar, ristoranti, esercizi commerciali e grande distribuzione che ogni giorno accettano questi titoli come corrispettivo a fronte dell’erogazione del servizio sostitutivo di mensa.

Come si legge, l’emendamento si pone il fine di “assicurare una regolamentazione omogenea e di garantire condizioni che implementino lo sviluppo concorrenziale del mercato ed il rispetto dei principi di parità di trattamento, ragionevolezza, equità ed utilità sociale”.

Ed effettivamente, regolamentazione omogenea, concorrenza, equità ed utilità sociale sembrano proprio gli elementi di cui questo mercato, ad oggi, risulta più carente. Sebbene infatti, da un lato, il buono pasto sia uno strumento particolarmente amato dai lavoratori che trovano in esso una forma importante di integrazione al reddito, dall’altro è innegabile che qualcosa non funzioni. Per questo serve un correttivo, e riteniamo che un tetto alle commissioni di incasso possa essere un buon punto di partenza per una necessaria riforma del settore.

Per i buoni pasto un mercato, 4 attori

Il sistema attuale è davvero particolare. Stiamo parlando di un settore in cui convivono 4 diversi stakeholder. Da un lato ci sono i datori di lavoro, che grazie ai buoni pasto possono offrire un servizio sostitutivo della mensa ai loro lavoratori godendo anche di specifiche agevolazioni fiscali (essendo lo strumento deducibile al 100%), e le società emittenti di buoni, che si occupano anche del convenzionamento degli esercizi commerciali. Parliamo della rete di bar, ristoranti, piccoli esercenti e grande distribuzione, che accetta i buoni come forma di pagamento. Infine, i lavoratori che percepiscono i buoni dal datore di lavoro e che desidererebbero poterli utilizzare il più possibile e come meglio credono per gli acquisti di beni alimentari.

Di cosa parliamo quando parliamo di commissione

Le commissioni che le società emettitrici di buoni pasto applicano alla rete convenzionata sono determinate dal valore dello sconto che l’emettitore applica alle aziende che acquistano i buoni pasto per i loro dipendenti (peraltro spesso più elevato quanto più l’azienda è grande per numero di dipendenti). In sintesi: la società emettitrice, per concludere un accordo commerciale con un’azienda, vende a quest’ultima i buoni pasto ad un valore inferiore rispetto al loro valore nominale, scaricando poi questo sconto sugli esercenti sotto forma di commissioni.

In questa situazione, lo sconto fatto a monte alla grande azienda si “scarica” in prima istanza sull’esercente, specie se piccolo, che si trova a pagare per ogni singolo buono accettato un valore medio di commissioni pari in media all’11% (dati FIPE), con punte che – secondo quanto ci risulta – possono raggiungere facilmente anche il 20%. Se quindi è del tutto comprensibile e legittimo il disappunto degli esercenti, non altrettanto lo sono la situazione di disagio e il danno generati al consumatore.

Il benefit rischia di rimanere tale solo sulla carta. Ecco perché

Chi riceve buoni pasto come benefit dalla sua azienda lo sa bene: sono sempre meno i bar, ristoranti, supermercati che accettano di essere pagati così; chi lo fa, sempre più di frequente, applica limitazioni che ne rendono la spendibilità complicata e onerosa. Purtroppo, insomma, il benefit rischia di rimanere tale solo sulla carta. Il sistema non funziona: servono correttivi.

Buoni pasto e tetto del 5%, un precedente a cui ispirarsi

Il tetto del 5% in Italia esiste già ed è applicato dal 2022, ossia da quando una modifica al Codice degli Appalti ha stabilito che in sede di gara per l’aggiudicazione di buoni pasto per la Pubblica Amministrazione, lo sconto applicabile alla committenza pubblica non possa, appunto, superare tale tetto.

L’intervento si era reso fortemente necessario dopo decenni di gare vinte al massimo ribasso, causa di risalita delle commissioni fino al 20% con un’erosione dei guadagni degli esercenti tale da non giustificare più l’accettazione dei buoni. Il meccanismo, replicato negli anni anche nel settore privato, soprattutto in sede di contrattazione con grandi aziende con molti dipendenti, ha finito per rendere endemico questo approccio al massimo sconto possibile per aggiudicarsi la commessa, svuotando di valore il buono pasto e generando iniquità e malcontento.

Il correttivo adottato per la Pubblica Amministrazione, già applicato in sede di gara, ha parzialmente corretto tale stortura, riportando un certo livello di equità nella ripartizione dei costi tra datori di lavoro ed esercenti. Ancora troppo poco, però, considerando che la maggior parte del mercato è fatta da attori privati, tra i quali la battaglia a colpi di sconti non si ferma.

Il consumatore al centro del mercato (armonizzato)

Questo sistema paradossale ha portato Altroconsumo ad ipotizzare persino un suo provocatorio superamento, con la corresponsione del denaro direttamente in busta paga. Che il tema sia sensibile per i cittadini, lo dimostrano i numeri della nostra petizione che ha raggiunto al momento più di 46.000 firme. Nel frattempo, siamo convinti che si possa mettere un correttivo e lo si possa fare lavorando sulle commissioni di incasso per gli esercenti.

Per questo riteniamo che la modifica normativa – in particolare l’emendamento presentato nel DL Concorrenza ora in discussione – si muova nella giusta direzione più volte auspicata da Altroconsumo e vada pertanto sostenuto al fine di equilibrare una distorsione del mercato che ha generato a più riprese effetti negativi sulla effettiva spendibilità dei buoni, ingenerando danni pratici e concreti per i consumatori.

Per il mercato dei buoni pasto uniformità di trattamento tra pubblico e privato

I buoni pasto sono una importante integrazione del reddito mensile dei lavoratori e, proprio nell’ottica di una crescita di importanza ed impiego di questi strumenti, è verosimile aspettarsi che il mercato dei buoni pasto, che già oggi gode di interessanti agevolazioni fiscali, possa beneficiare da condizioni di maggiore apertura del mercato stesso e uniformità di trattamento tra pubblico e privato. Al contempo, anche dopo l’auspicata approvazione della misura, sarà doveroso continuare a chiedere alle istituzioni di vigilare sull’applicazione e garantire che le modifiche normative proposte si traducano in una effettiva maggiore possibilità di utilizzo di questo strumento così importante per tante famiglie e lavoratori.