categoria: Vicolo corto
Se il futuro corre troppo veloce, anche contro i nipoti
Post di Valter Fraccaro, Presidente Fondazione SAIHUB (Siena Artificial Intelligence HUB) –
Una bella notizia: tra il 2016 e il 2021, il numero dei ricercatori scientifici al mondo (o meglio il loro impegno in termini di giorni uomo) è cresciuto del 16,1%, cioè circa tre volte e mezzo più velocemente del contemporaneo aumento della popolazione mondiale (fonte ONU). Giovani di tutto il pianeta che si danno da fare per scoprire, direttamente o indirettamente, come funziona l’universo e, in fin dei conti, dare nuove speranze a tutti noi.
Eppure, quei pochi milioni di scienziati non sembrano rappresentare lo spirito dei tempi, almeno a stare alla cronaca, a guardare a ciò che traspare in molti atteggiamenti privati o pubblici, nei valori che si applicano quotidianamente e che sempre meno paiono aver a che fare con la costruzione del futuro, che sarebbe poi il motivo per cui sono stati inventati dalla nostra specie.
Esiste ancora un interesse per il futuro del mondo tra 90 anni?
Insomma, la frase “il mondo dei nostri nipoti” significa ancora qualcosa? Esiste ancora un reale e diffuso interesse a come sarà il mondo tra settanta o novanta anni?
Non sembra proprio a giudicare da come, ad esempio, sia crescente la velocità con cui espressioni e parole come “obiettivi ONU”, “Agenda 2030”, sostenibilità ecc. stanno rapidamente svilendosi di significato e attenzione, almeno da questa parte del pianeta, quella in cui ci troviamo noi e che si fa anagraficamente sempre più vecchia.
È difficile trovare le cause di questo placido disinteresse verso il dopo-di-loro (in cui “loro” sono i figli, nemmeno i figli dei figli), assegnare ad ognuna la propria percentuale di influenza e magari anche capire quali sono le circostanze che alimentano questo distacco, questo disinteresse rispetto ad un futuro che non sia immediatissimo e prevedibile.
C’è la stanchezza della ripetizione di tante frasi fatte, così come la percezione di una distanza tra il quotidiano e il futuro, tra ambizioni planetarie e politiche locali e localistiche, la messianica speranza che tocchi ad altri sia la fatica del cambiamento che la gestione dei danni del non perseguirlo, l’impressione che non si possa fare nulla singolarmente e che solo i governanti possano attivare azioni congiunte in grado, chissà quando chissà come, di invertire la rotta verso gli scogli.
La velocità della ricerca: l’Intelligenza Artificiale è già qui
Credo si possano però notare fattori che rendono questo periodo diverso dal passato.
La prima cosa è la velocità dell’evoluzione della ricerca scientifica e della sua ricaduta tecnologica.
È noto che la rivoluzione digitale ha cambiato il corso dell’innovazione, in particolare di quella epocale. “Epocale” proprio perché accadeva ogni tanto, un tanto che da secoli si è fatto decenni, poi anni e ora è diventato continuità.
Un tempo invenzioni e scoperte arrivavano agli utenti già mature e applicabili, mentre quelle odierne sono preannunciate ed esaltate quando ancora non sono completamente fuse con il quotidiano, risultando più potenziali che effettive, dunque richiedendo alle persone non di usarle ma di immaginare come e dove adoperarle, esercizio comunque dispendioso se non impossibile quando non se ne conoscano bene limiti e possibilità.
Posta così, l’innovazione non giunge come fruibile con semplicità ma come svolta preannunciata, imprescindibile, certa. “Svolta” nel senso automobilistico di curva, di nuovo impegno a cui prepararsi per non uscire di strada, dal lavoro, dalla società e persino dalla dignità.
Ci si deve preparare, per esempio, all’avvento dell’Intelligenza Artificiale, anzi ci comunicano dalla regia che “è già qui”, tornante buio e viscido improvvisamente sotto le ruote, buono per piloti bravi e il resto tutti giù per la scarpata.
Insomma, non c’è da stupirsi se la percezione di molti è quella che l’innovazione corra più velocemente di quanto l’umanità possa adattarvisi.
Peggio, che alcuni possano adeguarsi, ma non noi, non io specificatamente. Così l’avanzamento scientifico e tecnologico appare un ulteriore elemento di divisione sociale, tra chi lo domina fino a imporlo, chi lo capisce e lo apprezza, e chi lo attende come un incidente notturno, con pneumatici lisi, asfalto ghiacciato e fari spenti.
La complessità aumenta ogni giorno
Questo timore si aggiunge a un diverso malessere tanto comune: la sensazione che la complessità aumenti ogni giorno. Che sia nella burocrazia sempre crescente come nel funzionamento dell’economia globale, pare che tutto tenda ad essere sempre più incomprensibile, fatto di motivazioni, scuse, necessità, opinioni tra loro confuse ma sempre cogenti, forzose, soprattutto istantanee di ulteriori obblighi e fatiche.
Si sommino gli addendi e apparirà la visione chiara e spaventosa: arriva un mondo nuovo, difficile e velocissimo, di cui ci si sente più facilmente vittime che protagonisti o almeno partecipi.
Tutto si fa cupo per me, per i miei figli e figurarsi dopo ancora, nei pochi decenni successivi che appaiono tanto lontani e imprevedibili da fare dei nipoti solo degli sconosciuti, remoti nel futuro quanto i Neanderthal nel passato, come questi confusi in un tempo percepito così distante da rendere ininfluenti le scelte di oggi, figurarsi le colpe.
Chi arriva a questi punti di disperazione, di esasperazione non sono gli ingenui, gli stupidi, gli incolti, gli incivili né i poveri o i disgraziati, ma quantità estesissime di popolazione mondiale non identificabili con quelle categorie sommarie e di cui magari consola immaginarsi fuori.
Un futuro anche contro i nipoti
Cosa resta da fare per chi non vede nel futuro il miglioramento, ma una nebbia fitta, in cui il legame dei condivisi destini di tutte le comunità umane non corrisponde a responsabilità diffusa ma ad impossibilità di risolvere i problemi per mancanza di accordo, visto che ogni sforzo locale sarà fatica altrettanto indigena e senza effetti benefici sufficienti a rendere gli anni che verranno migliori degli attuali?
Si corre allora verso chi dice “Io posso, io lo farò, e lo farò per voi perché io sono come voi”: a soluzioni difficili e incerte si preferisce di cuore la risposta facile, il “buon senso” che motiva tutto e il suo contrario, la promessa eroica, il potere esclusivo del fiero cavaliere (e se ha qualche macchia vabbè, importa solo non dimostri paura), e gli applausi dei cortigiani sono già consolazione, ché ce la farà, ce la faremo contro tutto e tutti.
Anche contro i nipoti, se serve.
(1 – continua)