Il Nobel per la crescita e prosperità che può salvarci dal fallimento

scritto da il 17 Ottobre 2024

Comunemente, quando pensiamo ai premi Nobel per l’economia ci viene in mente qualche sofisticato modello economico che applicato alla finanza ci fa diventare ricchi. Questa volta è diverso, l’accento è sul come possiamo salvarci dal rischio di fallimento.

Il premio, a mio parere, non poteva che essere più attuale di questo, fornendo una chiave importante di lettura per orientare le nostre azioni future. Il mondo intero sta affrontando un livello di instabilità geopolitica e di crisi, non solo economica, che hanno portato ad un aumento della polarizzazione della nostra società, all’acuirsi dei conflitti tra nazioni, al prosperare di livelli costanti di corruzione, insomma ad una sussistenza sempre più critica dei livelli di rischio globale. Ma proviamo a capire un po’ meglio.

Il Nobel per l’economia per il 2024 è stato assegnato a tre autori, Daron Acemoglu, Simon Johnson e James A. Robinson, per aver dimostrato[1], anche con evidenze numeriche, l’importanza fondamentale delle istituzioni sociali nel determinare la prosperità economica delle nazioni, fornendo importanti spunti per affrontare una delle sfide economiche più rilevanti a livello globale.

Contesto di riferimento

Il benessere economico di ognuno di noi dipende da dove nasciamo. Certamente, in primis, dalla nostra famiglia di origine, ma più in generale, ed in ottica prospettica, dalla nazione in cui viviamo. La presenza di diseguaglianze e povertà oppure l’opportunità di crescita tramite l’ascensore sociale dipende fortemente dal contesto di riferimento. Ma il contesto, se ci pensiamo bene, si concretizza nella realtà che viviamo, in altre parole, tutto è riconducibile alla Nazione in cui viviamo e come essa è stata costruita e funziona. Se a volte tutto può apparire immutevole, la buona notizia è che nessuna nazione è predestinata al successo o al fallimento, ma tutto dipende dalle scelte politiche ed economiche che si adottano nel corso del tempo. E l’invito dei premi Nobel di quest’anno è di averne maggiore consapevolezza.

Esempi concreti

Come accennato, i tre economisti sottolineano che le origini della prosperità e della povertà delle nazioni risiedono principalmente nelle istituzioni politiche ed economiche che esse si danno, piuttosto che in fattori come geografia, clima o cultura.

Interessante l’esempio di Nogales, una città che si estende su entrambi i lati del confine tra Stati Uniti e Messico, utile per illustrare l’impatto delle istituzioni sulla prosperità. Nogales, Arizona, negli Stati Uniti, gode di uno standard di vita molto più elevato rispetto a Nogales, Sonora, in Messico. I residenti di Nogales, Arizona hanno un migliore accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione. I tassi di criminalità sono più bassi a nord del confine. Il reddito medio familiare a Nogales, Arizona è tre volte superiore a quello di Nogales, Sonora.

Questa disparità non può essere spiegata dalla geografia, dalla cultura o dalla conoscenza. Invece, gli economisti neo-premi Nobel ipotizzano che sia dovuta ai diversi contesti istituzionali su entrambi i lati del confine. Le istituzioni economiche degli Stati Uniti incoraggiano la partecipazione alle attività economiche e promuovono la libertà economica. Al contrario, gli autori caratterizzano le istituzioni del Messico come più estrattive, progettate per avvantaggiare certi gruppi a scapito di altri. Questo confronto evidenzia l’argomento centrale degli autori secondo cui la prosperità di una nazione dipende dall’inclusività delle sue istituzioni.

Tipi di istituzioni

Fermiamoci un attimo a riflettere sul cuore della tesi. Le nazioni che sviluppano istituzioni politiche ed economiche inclusive tendono a prosperare, mentre quelle con istituzioni estrattive tendono a fallire. Facciamo qualche esempio:

Le istituzioni inclusive promuovono: (i) libero mercato, (ii) proprietà privata, (iii) garanzie economiche, (iv) incentivi per risparmiare, investire e innovare.

Le istituzioni estrattive invece: (i) estraggono risorse dalla società a beneficio di una ristretta élite, (ii) ostacolano l’innovazione e il cambiamento, (iii) creano disincentivi economici per la popolazione.

Va detto che la crescita economica può verificarsi anche sotto regimi estrattivi, ma non è sostenibile nel lungo periodo.

Ruolo della classe dirigente

Per chiudere il ragionamento ci manca un ultimo passaggio.

Le istituzioni sono fatte di persone ed è proprio qui il punto. La classe dirigente può giocare un ruolo fondamentale nel determinare il tipo di istituzioni che si sviluppano in un paese e, di conseguenza, le sue prospettive di crescita economica e prosperità, orientandole verso un modello “inclusivo” o “estrattivo”. Purtroppo, la classe dirigente si trova spesso di fronte a un dilemma tra benefici di breve e lungo periodo. La credibilità della “Ruling class” è fondamentale: promesse di riforme non credibili difficilmente porteranno a cambiamenti reali, mentre leader credibili possono favorire transizioni verso istituzioni più inclusive.

Ciò che appare irrinunciabile è la qualità e la preparazione della classe dirigente che dovrebbe essere sempre ispirata da principi quali quello dell’accountability supportato da un approccio di tipo “risk-based” nel senso di gestione efficiente delle risorse pubbliche e non nel calcolo bieco di mantenimento del proprio potere.

Il comitato del Nobel ha sottolineato che “ridurre le grandi differenze di reddito tra i paesi è una delle sfide più grandi del nostro tempo” e che i vincitori “hanno dimostrato l’importanza delle istituzioni sociali per raggiungere questo obiettivo“.

Che serva da guida per la formazione di una matura classe dirigente.

LinkedIn: Pasquale Merella

[1] Il libro di riferimento, di cui è consigliata la lettura, si intitola: “Why Nations Fail: The Origins of Power, Prosperity, and Poverty” scritto da Daron Acemoglu, James Robinson.