categoria: Distruzione creativa
Auto elettrica, storia di una giovane incompresa
Post di Silvano Joly, Business Advisor in Deloitte –
Conoscete il romanzo “Incompreso” (Misunderstood) di Florence Montgomery, pubblicato per la prima volta nel 1869? Racconta di un bambino costretto a soffocare il suo essere e le sue idee per colpa di suo padre e degli adulti intorno a lui, tutti incapaci di capirlo. Nel 1966 Luigi Comencini ne fece un film, “Vita col figlio”. Qualche anno fa si è visto anche un remake televisivo omonimo di due puntate, con Luca Zingaretti e Margherita Buy.
Nel romanzo i membri di un’aristocratica famiglia inglese, un padre vedovo ed un figlio che dietro un comportamento ribelle nasconde un enorme dolore per la morte della mamma, si incontrano e si capiscono solo dopo un grave incidente, che causa una lesione alla schiena al figlio incompreso, che il padre finalmente comprende solo giungendo al suo capezzale e vedendolo morire.
Il precedente della Audi A2
Anche un’autovettura Audi subì una simile sorte: la A2, una citycar particolarmente raffinata, con soluzioni da ammiraglia ma la cui produzione cessò dopo pochi anni, di insuccesso commerciale, forse perché portava un’avanguardia troppo precoce: non comprensibile. La risposta alla compatta Mercedes Classe A era più lunga, più bassa e più stretta della rivale della Stella, con un design originale, alluminio per la carrozzeria. Rappresentava un’anticipazione di ciò che sarebbe arrivato nel mondo automotive dopo 10 anni.
Con un muso molto stretto, il padiglione che scendeva verso la tre quarti posteriore e una sezione a goccia aveva un coefficiente di forma (CX) di 0,28, incredibile per una compatta. Con il telaio in alluminio ASF (Audi Space Frame) pesava appena 895 kg, 150 kg in meno rispetto all’acciaio. Tuttavia, al momento del suo lancio, novembre 1999, il pubblico non era pronto per un’auto così innovativa.
Quando il grande pubblico non pagò per qualcosa che non capiva
Il prezzo elevato, dovuto all’uso dell’alluminio e alle tecnologie avanzate, unito a un design che non incontrava i gusti di tutti i consumatori, un motore a tre cilindri oggi standard e che allora molti criticavano, ne decretarono l’insuccesso commerciale. Pensare che anni dopo nel film “Io, robot”, con Will Smith, si vedono delle auto volanti che sfrecciano nel tecnologico mondo del domani e si vede anche la piccola A2, totalmente a suo agio in uno scenario di futuribile fantasia.
Ma come spiega anche Adriano Tosi in un vecchio articolo del 2018, “affermare che la A2 non abbia ricevuto il successo meritato solo per ragioni economiche sarebbe riduttivo e, forse, superficiale. Del resto, la Mini by Bmw, che arriva nelle concessionarie giusto due anni dopo, di successo ne ha eccome, pur costando tanto!” Quindi? Quindi, probabilmente, a fine anni Novanta/inizio Duemila, gli automobilisti non erano pronti a pagare per qualcosa che non si capiva e non interessava chi lo vedeva.
La A2 non ricorda l’auto elettrica?
Ma a voi la A2 chi ricorda? A me questa automobile, ottima ma incompresa, ricorda le elettriche di oggi, con le loro batterie ad alta densità energetica, motori elettrici silenziosi e prestazioni elevate che rappresentano un’evoluzione significativa come aveva fatto Audi A2 e affrontano sfide simili: il prezzo di un’auto elettrica è ancora superiore rispetto a quello di un’auto a combustione interna, anche se i costi di gestione sono inferiori nel lungo periodo, nonostante l’autonomia delle batterie sia notevolmente aumentata, l’ansia da range rimane un ostacolo per molti potenziali acquirenti. Ci si preoccupa del valore residuo e si prova il timor novi: non si sa quanto potrà valere un’auto elettrica. Tante teorie, analisi ma anche tante fake news e assunzioni assolutamente personali e non documentate…
E allora il paragone con il romanzo “Incompreso” diviene quindi calzante. Il bambino protagonista, come l’Audi A2 e le auto elettriche, è avanti rispetto al suo tempo e non viene compreso dagli adulti che lo circondano. La sua sensibilità, la sua intelligenza e la sua originalità sono viste come stranezze, e lo portano a soffrire.
Allo stesso modo, Audi A2 e auto elettrica, con le loro caratteristiche innovative, sono state immediatamente apprezzate dal mercato ma si sono progressivamente confrontate con soluzioni più tradizionali e consolidate. As is Vs To be… sappiamo quanto sia forte la resistenza al cambiamento: noi esseri umani, in generale, apprezziamo l’innovazione ma resistiamo al cambiamento. Acquistare un’auto è una decisione importante e molti preferiscono optare per soluzioni già conosciute e collaudate. Vince il mantra dell’abbiamo sempre fatto così.
Creare un bisogno, prima ancora del prodotto
Seguitemi un attimo nel mondo del digital, del software, a me familiare per parlare di quelle soluzioni che sono state una create come “nuova categoria”, in inglese “Category Creation”, generando trilioni di fatturato e milioni di posti di lavoro. Prendiamo Salesforce: ha aperto la strada al movimento SaaS e ha sviluppato la prima, presumibilmente la migliore soluzione SaaS CRM (un software per la gestione delle relazioni con i clienti) con uno slogan: no software! In un mondo dove chi usava un CRM (allora era in voga Siebel) di software installato in azienda ne aveva un bel po’ ed anche ad una piccola organizzazione servivano almeno 4 o 5 impiegati per gestirlo…
Salesforce non aveva creato un prodotto, prima aveva creato un bisogno: non si doveva più avere un CRM on-premise ma passare al cloud/SaaS, inventando una categoria nuova, quella del SaaS CRM. Chi vuole sovvertire uno status quo non deve solo creare qualcosa che non esisteva e identificare nuove tendenze che erano ancora nascoste agli altri. Deve prima di tutto creare un bisogno e poi proporre la soluzione.
Chi sono i creatori di nuove categorie?
In 30 anni abbiamo visto nascere diverse nuove categorie: Netflix, Uber, Apple, che hanno cambiato lo status quo, e reso passato e presente completamente diversi. Hanno cambiato tutto, dal modo in cui guardiamo i video e ascoltiamo la musica al modo in cui ordiniamo cibo da asporto. Ma da veri creatori di categorie, hanno influenzato la nostra vita quotidiana, cambiando le regole, creando un problema che non sapevamo di avere e rendendo così naturale cercare una soluzione.
Ce lo spiegano leader come Eddie Yoon, Christopher Lochhead e Nicolas Cole, sull’Harvard Business Review: le aziende che istruiscono il mercato e creano un volano efficace sono quelle che – alla fine – vincono. “Creare una nuova categoria significa istruire il mercato non solo su nuove soluzioni, ma su nuovi problemi che non erano al primo posto rendendoli di primaria importanza”. E poi: “Questo tipo di istruzione non può essere fatto semplicemente con un ottimo prodotto o servizio o con il marketing tradizionale. Spesso è necessario sperimentarlo, costruendo un nuovo modello di business”.
Nel software, altre aziende come Zuora, MongoDB, Snowflake sono considerate creatori di categorie poiché hanno identificato tendenze e problemi aziendali non ancora espliciti e per risolverli hanno creato soluzioni per sfide che erano “ignote” prima, ma che sono diventate subito imperativamente importanti. Con sforzi educativi, di posizionamento innovativo per il loro mercato di riferimento. Chi aveva bisogno di una piattaforma per il PaaS, di un DB on line o dei Data Lake finchè non sono stati loro a puntare il dito sul problema prima che sulla soluzione?
L’auto elettrica non è forse una nuova categoria?
Non si può certo negare che le auto elettriche di oggi rappresentino una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’automobilismo, una nuova categoria, come forse anche la A2. Come ogni novità, necessitano di una comunicazione chiara e trasparente per superare i preconcetti e le resistenze iniziali, spiegando che esse sono nuove e costituiscono una nuova categoria.
Sarò fuori dal coro, ma secondo me il problema dell’adozione dell’auto elettrica è legato a carenza di informazioni corrette e a paragoni fuorvianti con le auto termiche. Molte delle critiche rivolte alle molto bistrattate “auto a pile” nascono da una mancanza di conoscenza delle loro caratteristiche e dei vantaggi che offrono.
Provo a fare il MithBuster dei più comuni. Ansia da autonomia: molti temono di rimanere a secco durante un viaggio. Tuttavia, l’autonomia delle batterie è in costante aumento e le reti di ricarica si stanno espandendo rapidamente. Pianificare un viaggio in auto elettrica è ormai semplice grazie alle app e ai servizi dedicati, che indicano le stazioni di ricarica disponibili lungo il percorso. Inoltre, la maggior parte dei nostri spostamenti quotidiani rientra ampiamente nell’autonomia di un’auto elettrica, rendendo l’ansia da autonomia un problema più psicologico che reale.
Facciamo un confronto? Ecco qualche esempio
Difficoltà di ricarica: caricare un’auto elettrica è semplice come collegare il proprio smartphone. Si può fare a casa, al lavoro o in una delle numerose stazioni di ricarica pubbliche. Molte stazioni offrono anche servizi aggiuntivi, come la possibilità di ricaricare mentre si fa la spesa o si lavora.
Costi: se il costo iniziale di un’auto elettrica può essere superiore a quello di un’auto termica, a lungo termine i costi di gestione possono essere notevolmente inferiori. Torniamo alla spina nel fianco, la ricarica: è vero, i prezzi sono aumentati di recente in Italia fino quasi a pareggiare la spesa che si sostiene per una vettura benzina o diesel.
Ma è anche vero che è possibile risparmiare utilizzando (chi può, certo) la ricarica domestica e ricorrendo a offerte o tariffe flat, anche utilizzando app dedicate per localizzare le stazioni più convenienti. E poi non ci sono costi di manutenzione legati al motore. Quasi non si consumano i freni. I tagliandi sono meno frequenti. Ci sono incentivi all’acquisto. Ma il motivo di ansia numero uno resta sempre e solo l’autonomia.
Termica contro elettrica: punti di forza e di debolezza
Perché fare questi paragoni con le auto termiche è fuorviante? Perché le auto elettriche sono una nuova categoria, come Uber non è un taxi, Flixbus non è solo un pullman, Glovo non è un ristorante. Auto elettrica e auto termica sono due prodotti completamente diversi, con tecnologie, prestazioni e costi di gestione differenti. Sono due categorie diverse e confrontarle come se fossero equivalenti è come paragonare un computer a una macchina da scrivere. Ognuna ha i suoi punti di forza e di debolezza, e la scelta dipende dalle esigenze e dalle preferenze individuali.
Vogliamo parlare di prestazioni? Le auto elettriche offrono accelerazioni fulminee e un’erogazione di coppia istantanea, garantendo un’esperienza di guida estremamente piacevole. Inoltre, baricentro basso e distribuzione del peso migliorano la maneggevolezza e la stabilità.
Infine, le emissioni: si contribuisce a migliorare la qualità dell’aria ma si entra pure a Milano in ZTL e si posteggia ovunque e gratis.
Auto elettrica, nuova categoria. Ma cosa le serve davvero?
In conclusione, per favorire l’adozione delle auto elettriche è fondamentale migliorare l’autonomia e investire nello sviluppo delle infrastrutture di ricarica, ma si devono anche fornire informazioni chiare e accurate ad una nuova categoria di guidatori, sfatando i miti e i pregiudizi che ancora persistono. Non lasciando ad ognuno di imparare, sbagliando!
Un punto cruciale e spesso trascurato nel dibattito sull’auto elettrica è la mancanza di una adeguata formazione degli utenti. Molti neo-driver elettrici mi sembrano dei turisti americani che a Fiumicino si trovano alle prese con un’auto a noleggio con cambio manuale: non sanno come guidarla. Partono ma sono in difficoltà.
Più formazione per una nuova “specie” di driver
Pensiamo anche ai concessionari. Dopo la vendita di una Ev, trascurano un’adeguata formazione post-vendita. Non esiste un corso di formazione per ottenere se non l’abilitazione alla guida di un veicolo elettrico almeno la serenità necessaria a partire. Anche i manuali delle auto elettriche dovrebbero essere più chiari e comprensibili, dedicando ampio spazio alle specifiche dell’utilizzo e della ricarica. A stento si legge che la carica dura di più se fa caldo! L’educazione degli utenti è un tassello fondamentale per la diffusione delle auto elettriche.
Quando si acquista un computer o un iPad vogliamo conoscere anche le viti con cui sono costruiti, ma se compri un’automobile ci fidiamo di uno che ci dà in omaggio i tappetini. Investire in formazione significa non solo garantire un utilizzo più efficiente e sicuro di questi veicoli, ma anche favorire una transizione energetica più fluida e consapevole.
L’innovazione piace a tutti, il cambiamento non lo vuole nessuno
Per concludere, ecco il parere di un esperto, Alessandro Ferraris, Ceo di BeonD, nata come spin-off del Politecnico di Torino e oggi punto di riferimento nei campi dell’Advanced Engineering e della E-Mobility: “Siamo come ad una partita tra tifoserie opposte, più emotiva che razionale, che perde di vista i veri argomenti: le statistiche europee dicono che in media si percorrono meno di 80 km al giorno, in Italia addirittura meno di 30 km, a meno di 22 km/h; eppure siamo legati all’idea che un’auto debba garantire lunghe percorrenze senza sosta”.
“La scelta di un’automobile non è un atto puramente razionale, ma anche una decisione emotiva: il successo delle auto elettriche, secondo me, passerà inevitabilmente dal fascino e dallo stile che sapranno offrire, oltre che dalle performance tecniche”.
“Oggi la transizione è imposta da normative sempre più stringenti, ma io sono fiducioso: prevedo un aumento significativo della presenza di veicoli elettrici sul mercato, trainato in primis dalla riduzione dei costi di acquisto, seppur nel breve termine prevarranno ancora soluzioni ibride. E se si parla di mezzi pesanti, celle a combustibile e batterie per offrire una soluzione più sostenibile, in termini di consumi, costi di manutenzione e uso a lungo termine”.
Auto elettrica e caccia alle streghe
Si sa, ne ho parlato tante volte: innovazione e cambiamento non vanno mai d’accordo, la prima piace a tutti, la seconda non la vuole nessuno. Quindi non intendo certo esaurire qui il dibattito termico-elettrico, ma penso che si debba vivere l’inevitabile arrivo di questa nuova categoria con consapevolezza e non in modo emozionale e irrazionale.
Dal 2022 siamo passati da un entusiasmo elettrico ad una caccia alle streghe che – credo tutti siano d’accordo – non è basata su dati e consapevolezze ma su emozioni e sensazioni, dibattiti politici ed estremizzazioni di cartello. Quasi da derby calcistico! Forse è il caso di tornare a pensare ed a comprendere questa giovane creatura e trovare la vera e giusta dimensione per convivere e bene con lei, nonostante il gap generazionale tra noi ed una creatura incompresa, ovvero – se pensiamo all’etimologia – non capita!
Grazie e parliamone se volete, so di avere toccato un tema caldo!