categoria: Distruzione creativa
Cara intelligenza artificiale, quando ci sarai avrò ancora un lavoro?
È la domanda chiave dei nostri tempi: avrò ancora un lavoro quando l’economia sarà invasa o guidata dall’intelligenza artificiale? Non è facile fare previsioni, anche perché il grado di penetrazione dell’AI nella nostra economia è ancora molto relativo, per non dire basso. Inoltre, non è ancora chiaro come la stessa AI cambierà e trasformerà il mercato del lavoro.
Quello che la ricerca prova a fare da anni è tentare di capire quali siano le professioni attuali più a rischio di sostituzione in futuro. La letteratura è già abbastanza ampia, ma risulta interessante un recente lavoro della Banca d’Italia, a cura di Antonio Dalla Zuanna, Davide Dottori, Elena Gentili e Salvatore Lattanzio, che prende in considerazione i dati del nostro Paese.
Gli autori richiamano la metodologia applicata da Felten, Raj e Seamans (“FRS”), che calcola l’esposizione all’AI delle occupazioni. Sin da subito, evidenziano che esposizione non significa necessariamente rischio di essere sostituiti, ma potrebbe indicare anche la possibilità che in quel tipo di lavoro vi sarà molta AI, anche con funzione complementare. Ma ci torneremo.
Partendo dall’approccio FRS, gli autori analizzano i dati italiani (fonte INAPP). Ne fuoriesce la seguente tabella, con a sinistra le occupazioni più esposte.
Si nota subito una maggiore esposizione per le professioni più qualificate, soprattutto nel settore dei servizi. Ma, come detto, esposizione non significa necessariamente sostituzione. Proprio per analizzare le dovute distinzioni, gli autori, seguendo l’approccio di Pizzinelli et al (2023), riescono a entrare in un maggiore dettaglio.
Da questa tabella si nota che, tra i lavori maggiormente esposti, quelli specialistici ma standard sono a maggiore rischio sostituzione, mentre quelli che richiedono la capacità di prendere decisioni potrebbero essere complementari all’AI.
Un altro paragrafo molto interessante riguarda invece l’esposizione, in generale, del mercato italiano all’intelligenza artificiale.
La prima figura ci conferma che le professioni meno qualificate saranno meno colpite, in particolare agricoltura e manifattura. Potrebbero essere invece circa 9 milioni i lavoratori maggiormente esposti.
La seconda figura, invece, misura l’esposizione sulla base del livello d’istruzione e del salario.Si nota una maggiore esposizione all’AI al crescere dell’istruzione e del salario. Soprattuto nel caso dell’istruzione, però, si vede una maggiore complementarietà piuttosto che un effetto sostituzione.
La terza figura analizza le differenze sulla base del genere, dell’età e dell’area geografica di residenza. Si evidenzia una maggiore esposizione per le donne, maggiormente impiegate nel settore dei servizi, e nel Nord-est.
Il lavoro offre altri spunti interessanti, anche sulla convenienza (non rilevata) di cambiare lavoro sulla base delle previsioni.
Il quadro generale che emerge sembra supportare una certa narrazione, abbastanza intuitiva: più difficile che l’AI sostituisca un bagnino piuttosto che un traduttore. Ma si tratta di una narrazione semplicistica e troppo ancorata allo status quo, al mondo come lo conosciamo oggi. Il mondo di domani sarà probabilmente molto diverso e quindi richiederà studi diversi, competenze diverse, come accaduto con i precedenti shock tecnologici. Che poi questo si trasformerà in una minore, uguale o maggiore occupazione a livello aggregato, è difficile da prevedere, ma i dati non sembrano confermare ipotesi particolarmente pessimiste.
X (giàTwitter) @francis__bruno