Fondi privati e acquisizioni, l’eterno problema del debito

scritto da il 04 Settembre 2024

In un mondo perfetto un fondo di private equity (ovvero un “fondo di capitale di rischio privato”), svolge un ruolo cruciale. Il suo scopo è quello di comprare aziende, infrastrutture e attività per migliorarne il rendimento e farne crescere il valore e guadagnare dai profitti o rivendendo con plusvalenza, il tutto con soldi propri privati, e con un rischio privato. Chapeau!

Di recente un fondo di private equity italiano ha rilevato da F2i, il fondo di investimenti pubblico italiano, un’azienda piemontese che produce componenti per motori, cambi, freni e sospensioni. Vedremo se l’operazione avrà come esito l’atteso sviluppo internazionale di questo piccolo ma competitivo gioiello della meccanica. In questo caso, “viva il private equity!”.

Perché nel mondo reale i fondi di private equity di soldi propri non ne mettono troppi. In molti casi ogni due o tre euro di soldi propri ne mettono 7-8 presi a debito. Un debito che poi finisce sui bilanci delle imprese che vengono acquistate, su cui peseranno le rate di interessi e capitale negli anni successivi. È successo in tanti casi. Nel 2019 c’è stata la vendita della Magneti Marelli da parte di Fca per 6,2 miliardi a un grande private equity come KKR, un gigante (Usa) nel mondo degli investimenti alternativi. Il debito di Magneti Marelli è salito a quasi dieci miliardi di euro, sono arrivate la cassa integrazione, gli esuberi e la vendita del sito di Crevalcore (Bologna).

Normalmente il rapporto fra debito e ebitda (un indicatore di profittabilità lorda) non dovrebbe superare 3. Nell’acquisizione di Magneti Marelli da parte di KKR questo rapporto è salito a 6. Tutti i competitor di Magneti Marelli, come ad esempio Valeo, hanno un rapporto debito ebitda molto più basso.

debito

Immagine da Pixel Studio

Oggi il timore è che possa succedere la stessa cosa a Comau, gioiello torinese della robotica, venduta da Stellantis al fondo One Equity Partners a condizioni non rese pubbliche, e con riservatezza anche sul rapporto debito/equity e quindi sul futuro rapporto debito/ebitda.

Anche le aziende elettriche sono alle prese con un eccesso di debito e una carenza di equity: dovrebbero investire molti capitali per fronteggiare un aumento di domanda di energia e rinnovare le loro reti. Purtroppo hanno i bilanci carichi di debiti contratti da chi le ha comprate, e ottenere aumenti di capitale di rischio in queste condizioni non è semplice.

Insomma, si ripropone la domanda: nelle acquisizioni da parte di fondi di investimento privati, finalizzati a ristrutturare e a migliorare le performance delle aziende, chi porta lo zaino del debito?

Non è una domanda da poco se si considera che in questa estate del 2024 i fondi di private equity nel mondo hanno una riserva di liquidità alla ricerca di investimenti per 3000 miliardi, una somma superiore di un terzo al PIL italiano. In Italia i dossier aperti su possibili nuove acquisizioni sono decine, fra cui Enilive (mobilità), Recordati (farmaceutica), Ina (assicurazioni), 2iReteGas (distribuzione gas).