categoria: Distruzione creativa
Istruzioni per evitare che l’intelligenza artificiale ci distrugga
Post di Carmen Dal Monte, CEO e co-fondatrice di Takeflight –
Come tutte le grandi rivoluzioni tecnologiche, anche l’intelligenza artificiale (AI) è stata accolta con un mix di attese messianiche e ostilità luddista. Come tutte le grandi rivoluzioni tecnologiche, anche l’AI troverà nel tempo la sua misura, le sue applicazioni cambieranno il panorama del lavoro, in modi che ancora non immaginiamo. Nello stesso tempo dovremo guardarci dai suoi pericoli, primo fra tutti quello dell’inquinamento.
Se le grandi fabbriche, oltre a creare ricchezza e trasformare la nostra vita inquinano l’aria e l’acqua che ci danno la vita, e vanno quindi tenute sotto attento screening da questo punto di vista, l’intelligenza artificiale usata sconsideratamente rischia di inquinare qualcosa di non meno vitale per tutti: le fonti a cui ci abbeveriamo per crescere culturalmente, tecnologicamente, economicamente. Occorre vedere in anticipo questi pericoli, e contrastarli sia con politiche generali, sia all’interno della nostra sfera di attività. Prima ancora di danneggiare l’ecosistema generale delle fonti di informazione, un’AI inquinante rischia di avere conseguenze devastanti per le aziende che la utilizzano, impoverendone il patrimonio informativo e la capacità decisionale.
Sono preoccupazioni concrete, già visibili e misurabili, come testimonia uno studio pubblicato recentemente su Nature, che ha messo in luce un fenomeno allarmante: il “collasso dei modelli”. La ricerca, condotta da un team internazionale di scienziati ha messo in luce una realtà inquietante: l’utilizzo indiscriminato di contenuti generati da modelli AI per addestrare le generazioni successive di questi sistemi porta a una degenerazione progressiva delle loro capacità.
Sembra una considerazione innocente, ma le implicazioni di questo fenomeno sono potenzialmente devastanti non solo per le singole aziende che fanno affidamento sull’intelligenza artificiale, ma per l’intero ecosistema digitale globale. Il mondo rischia davvero di morire avvelenato dall’inquinamento e dal degrado delle sue fonti?
L’importanza cruciale dei dati di qualità
Il punto centrale emerso sollevato da Nature è l’origine dei dati utilizzati per addestrare i modelli di intelligenza artificiale: la loro qualità è il punto decisivo, di cruciale importanza. Se facciamo bere all’AI acqua inquinata, le sue prestazioni non solo degraderanno sempre di più, ma inquineranno l’ambiente circostante (in primis), tracimando nel mondo esterno e danneggiandolo irreversibilmente.
Possiamo anche paragonare questo processo all’educazione di un bambino: un bambino cresciuto in un ambiente culturalmente povero, con informazioni inesistenti o sbagliate, avrà difficoltà a sviluppare appieno le proprie potenzialità. Allo stesso modo un’AI nutrita solo di contenuti artificiali e non verificati rischia di “collassare” su se stessa, perdendo progressivamente la capacità di comprendere e riprodurre la complessità del mondo reale.
Per le aziende, questo significa che investire in dati di alta qualità per l’addestramento dei propri modelli AI non è solo una buona pratica, ma una necessità vitale. Utilizzare contenuti generati artificialmente o non verificati può portare a una progressiva degradazione delle prestazioni dell’intelligenza artificiale aziendale, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per la competitività e l’efficienza operativa.
La necessità di competenze specializzate
Un altro aspetto fondamentale emerso dallo studio è la necessità di competenze specifiche per utilizzare e addestrare correttamente i sistemi di intelligenza artificiale. Non basta avere accesso a un modello AI per sfruttarne appieno le potenzialità: è necessario comprendere a fondo i meccanismi di funzionamento, i potenziali rischi e le migliori pratiche per l’addestramento e l’utilizzo di questi sistemi. La necessità di addestrare l’AI con dati di qualità (e quindi la capacità di riconoscerli, o di crearli) è in quest’ottica la questione essenziale, ma ovviamente non unica.
Dal punto di vista dell’azienda, nasce la necessità di investire nella formazione del personale esistente o nell’acquisizione di talenti specializzati nel campo dell’intelligenza artificiale. Solo con un team di esperti in grado di gestire correttamente i modelli di intelligenza artificiale, un’organizzazione può sperare di evitare il rischio del “collasso dei modelli” e ottenere invece risultati affidabili e utili per il proprio business.
È come gestire processi e materie prime essenziali, ma che presentano pericoli e regole di utilizzo molto precise. Sono l’energia che muove l’innovazione e la redditività dell’azienda, a patto di essere usate con competenza e secondo ben definiti protocolli di sicurezza, senza i quali l’incidente è in agguato, e con esso il disastro economico (e non solo) che ne potrebbe conseguire.
L’importanza dell’integrazione tra intelligenza artificiale e naturale
Lo studio pubblicato su Nature sottolinea implicitamente un altro punto cruciale: l’importanza di integrare l’intelligenza artificiale con quella naturale umana. Per tutte le ragioni esposte, i modelli AI attualmente in circolazione, se lasciati a loro stessi, rischiano di diventare sempre più inefficienti e “stupidi” con il passare del tempo e delle generazioni di addestramento, danneggiando in modo pesante le aziende che li utilizzano, e l’ambiente in cui le informazioni sempre più artificiali e sempre meno intelligenti si riversano.
La soluzione a questo problema è semplice e complesso al tempo stesso: si trova nell’utilizzo combinato dell’intelligenza artificiale con quella naturale umana. Le aziende che riusciranno a implementare sistemi in cui l’intelligenza artificiale viene costantemente affinata e guidata dall’intervento umano saranno in grado di ottenere risultati sempre più efficaci e mirati ai loro obiettivi specifici. Trattata e affinata, generazione dopo generazione, da umani competenti e addestrati, l’intelligenza artificiale diventa sempre più efficace, invece che sempre più inquinata e inquinante.
Si tratta in ogni caso di una spirale che tende ad accelerare, ma la direzioni in cui si muoverà, dipende da chi utilizza l’AI, e come decide di farlo.
L’approccio “ibrido”, quando esistono le esperienze e le competenze adatte, come quelle che Takeflight sta sviluppando dal 2017, permette di sfruttare i punti di forza sia dell’intelligenza artificiale (capacità di elaborare grandi quantità di dati, velocità di esecuzione) che quella umana (creatività, pensiero critico, comprensione del contesto). Il risultato è un sistema che diventa progressivamente più efficiente e “intelligente”, anziché degradarsi nel tempo.
Quattro fattori decisivi per il futuro dell’intelligenza artificiale
Le conclusioni dello studio di Nature hanno qualcosa di decisivo da dire per tutti, non solo per le singole aziende, ma per l’intero futuro dello sviluppo e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Qualunque sia il rapporto che aziende, personalità e istituzioni hanno con questa rivoluzione tecnologica, vale la pena di considerarle attentamente. Riassumiamole:
1. Valore dei dati originali: l’accesso a dati genuini prodotti dall’interazione umana diventerà sempre più prezioso man mano che i contenuti generati da AI prolifereranno online. Le aziende che riusciranno a mantenere un accesso privilegiato a fonti di dati “puliti” avranno un vantaggio competitivo significativo.
2. Necessità di tracciabilità: sarà fondamentale sviluppare metodi per distinguere i contenuti generati da AI da quelli prodotti da esseri umani, al fine di preservare la qualità dei dataset di addestramento. Questo potrebbe portare alla creazione di nuovi standard e tecnologie per la certificazione dell’origine dei contenuti digitali.
3. Coordinamento nella comunità AI: potrebbe essere necessario un coordinamento a livello di settore per condividere informazioni sulla provenienza dei dati e garantire la sostenibilità a lungo termine dell’addestramento dei modelli AI. Le aziende potrebbero dover collaborare, anche con i concorrenti, per preservare l’integrità dell’ecosistema AI.
4. Vantaggio del “first mover”: le organizzazioni che per prime riusciranno a implementare sistemi efficaci per preservare la qualità dei dati di addestramento e integrare intelligenza artificiale e naturale potrebbero godere di un significativo vantaggio competitivo nel campo dell’AI.
Come sopravvivere all’AI? Un richiamo per le aziende e per il mondo
Per le aziende, il messaggio è chiaro: investire nella qualità dei dati, nelle competenze specializzate e nell’integrazione tra intelligenza artificiale e naturale non è solo una scelta strategica, ma una necessità per la sopravvivenza in un mondo sempre più dominato dall’AI.
Per il mondo nel suo complesso, lo studio pubblicato su Nature suona come un campanello d’allarme. È necessario un approccio consapevole e coordinato allo sviluppo e all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che tenga conto non solo dei benefici a breve termine, ma anche delle potenziali conseguenze a lungo termine di un uso indiscriminato di questa potente tecnologia.
Come la macchina a vapore, come l’introduzione della chimica nella produzione di nuovi materiale, l’introduzione dell’AI accelererà in modo che ancora possiamo prevedere solo parzialmente il progresso dell’umanità. È un’accelerazione che va governata, e utilizzata in tutte la sua potenzialità, neutralizzando con lucidità i rischi. L’AI è una immensa possibilità di sviluppo per tutti. Sarebbe criminale trasformarla in una catastrofe aziendale, o peggio generale.