Management oggi: come è cambiato e dove ci porterà

scritto da il 11 Luglio 2024

Quel che permette alle persone di realizzarsi, alle organizzazioni di ottenere risultati, alle comunità di evolvere è un alto livello di managerialità nei propri leader di riferimento. Negli ultimi decenni abbiamo visto il management trasformarsi in maniera radicale per alcuni aspetti, nel tentativo di adattarsi alle rapide evoluzioni tecnologiche, culturali, economiche e sociali. Soprattutto alcuni fattori, ai quali il management guarda con particolare attenzione, hanno subito variazioni significative e oggi assumono un ruolo sempre più importante.

1. Evoluzione tecnologica

In passato la gestione era basata su processi manuali e sistemi informativi limitati nelle loro funzionalità e caratteristiche. Le decisioni si prendevano anch’esse sulla base di un numero limitato di informazioni, spesso difficili da reperire, e con un tasso elevato di incertezza. Le comunicazioni avvenivano principalmente via telefono o posta elettronica (senza voler andare troppo indietro degli anni), con tempi di risposta lunghi con conseguenti attività macchinose e lente.

Oggi la tecnologia è al centro del management moderno e ha fatto irruzione sulla scena sotto forma di Intelligenza Artificiale (AI), Big Data, Cloud Computing che stanno rivoluzionando la gestione delle informazioni, la pianificazione strategica e l’operatività quotidiana. Le piattaforme di gestione aziendale e le applicazioni di collaborazione online facilitano il lavoro remoto e la comunicazione in tempo reale, rendendola veloce e spesso invasiva. Anche dati e informazioni sono diventati più facilmente accessibili e reperibili, e la difficoltà attuale è quella di riuscire ad analizzarli e discriminare quelli utili a prendere decisioni ponderate e solide. In breve potremmo dire che la tecnologia andrà utilizzata non come mezzo di dominio del lavoro e controllo dei dipendenti, ma strumento per migliorare e velocizzare i processi al fine di creare valore.

2. Strutture organizzative

Le strutture organizzative fortemente gerarchiche sono ancora molto presenti, soprattutto in alcuni settori di mercato, anche se c’è una spinta verso il superamento di quella rigidità muovendosi verso organizzazioni a capacità decisionale più distribuita. Arriviamo da una situazione che vedeva la divisione del lavoro nettamente definita, con i vertici aziendali che prendevano tutte le decisioni e le facevano circolare all’interno della struttura con approccio top-down verso i livelli operativi. Questo è stato spesso causa di lentezza, poca fluidità nei flussi di lavoro, pianificazioni strategiche difficilmente realizzabili con la burocrazia a intralciare il percorso di crescita del business.

Ci stiamo muovendo verso strutture organizzative più flessibili e piatte. I modelli “team-based” e la “networked organization” ad esempio permettono una maggiore agilità e adattabilità alle condizioni che variano costantemente e rapidamente. Le organizzazioni hanno già da tempo cominciato ad adottare approcci come il Lean Management e l’Agile per migliorare l’efficienza e la reattività. Ma la rapidità di variazione del contesto continua ad aumentare e il lavoro da fare per rendere le organizzazioni il più adattative possibile dovrà essere sempre considerato tra le priorità. Anche perché nel modificare e adattare le organizzazioni si rischia in maniera naturale di lasciare aree non presidiate, che poi si rivelano altamente dannose per l’esecuzione pratica del lavoro.

3. Cultura aziendale

Si possono applicare le teorie di gestione più moderne e implementare i tool più efficienti ma se in un’azienda non è presente una forte cultura manageriale risulterà impossibile ottenere grandi risultati, sia da un punto di vista dei profitti che per la vita delle persone che ci lavorano.

La cultura aziendale è stata per decenni focalizzata sulla produttività e sull’efficienza, talvolta a scapito del benessere dei dipendenti. La diversità e l’inclusione non erano priorità e l’attenzione alla responsabilità sociale era purtroppo limitata. Oggi la cultura aziendale deve enfatizzare l’importanza del benessere dei dipendenti, della diversità e dell’inclusione. Le aziende sempre più spesso promuovono valori come la collaborazione, l’innovazione e la responsabilità sociale, ma resta fondamentale essere autenticamente orientati a realizzarle in maniera pratica e non limitare il tutto a iniziative di marketing, dichiarazioni su pagine web o discorsi da conferenza. Le pratiche di “washing” ormai sono facilmente individuabili e si possono trasformare in un vero boomerang per l’immagine di aziende e professionisti, in un mondo ad alta comunicazione e visibilità.

Creare un ambiente di lavoro nel quale le persone riescano a esprimersi nel modo migliore e a crescere, un clima positivo e aperto caratterizzato da ascolto e condivisione fa una grande differenza nella corsa ai risultati. Molto di più del ricercare e trattenere i talenti, cosa secondo me sopravvalutata, intanto per la soggettività delle valutazioni sul talento, ma anche perché una giusta percentuale di turn-over fa bene sia alle persone che alle organizzazioni. Alle prime perché il cambiamento aiuta a crescere ed esplorare le proprie capacità, alle seconde perché hanno modo di includere professionisti con esperienze e visioni diverse che vanno ad arricchire il patrimonio culturale dell’azienda.

4. Stili di leadership

Rispetto alla leadership più autoritaria e diretta del passato, a un modello dominante di comando e controllo, dove i manager prendevano le decisioni e i subordinati eseguivano, i leader contemporanei tendono ad adottare uno stile di leadership trasformazionale, che assume forme differenti a seconda delle necessità. La “servant leadership” è a supporto dei collaboratori, mette l’accento sullo sviluppo personale dei dipendenti e sul facilitarne i compiti, sull’empatia e la costruzione di un ambiente di lavoro positivo. In questa forma la leadership diventa un processo di collaborazione piuttosto che di controllo.

Parliamo di veri e propri manager-coach capaci di responsabilizzare, delegare e motivare, invece di figure dall’approccio esclusivamente direttivo, a volte tendenti al micro-management e destinati a trasformarsi in colli di bottiglia per l’azienda nel tentativo perverso (e spesso inconscio) di sentirsi indispensabili. Autonomia, responsabilità, fiducia che velocizza le decisioni invece di cristallizzare tutta l’organizzazione e irrigidirla nella paura dell’errore, capacità di prendere rischi controllati. Sono alcuni degli aspetti sui quali i manager e i propri collaboratori devono accordarsi per trovare quell’equilibrio produttivo che fa muovere i team verso gli obiettivi.

Soprattutto adesso che il lavoro da remoto (o le configurazioni ibride e intermedie) comincia a prendere piede, in un trend che potrebbe portarlo ad essere la modalità preferita nel giro di alcuni anni, fiducia e responsabilizzazione diventano fondamentali. E i manager devono essere molto efficaci nel saper definire e assegnare obiettivi, in attesa che il lavoro venga finalmente misurato in base al loro raggiungimento anche da un punto di vista contrattuale, piuttosto che esclusivamente valutato sul numero di ore lavorate.

Tutto questo non è ancora realtà in tante aziende ma la linea è tracciata ed è l’unica possibilità per porre le basi sulle quali costruire un percorso fatto di risultati e soddisfazione per tutti gli stakeholder coinvolti.

5. Gestione del cambiamento

Se in passato il cambiamento era un evento straordinario e avveniva con lentezza tale da permettere di trovare le contromisure adatte, oggi le cose vanno diversamente. Il cambiamento è una costante e una necessità per le organizzazioni moderne e la capacità di intuirlo, assecondarlo, indirizzarlo è una competenza chiave per manager e aziende. Le tecniche di Change Management sono ampiamente adottate per facilitare la transizione e l’adattamento continuo.

Il manager moderno deve essere disponibile al continuo apprendimento, saper navigare tra complessità e incertezza, rimettersi costantemente in gioco al fine di cavalcare i continui cambiamenti interni all’organizzazione e quelli esterni dettati dai mercati. I migliori manager sono veri e propri leader trasformazionali abili nel comprendere, anticipare e sfruttare al meglio le dinamiche del proprio business.

6. Approccio globale

Il mondo nel quale viviamo è mutato in maniera talmente profonda non soltanto a causa degli sviluppi tecnologici ma anche dei fenomeni di globalizzazione. Prima le operazioni erano più localizzate e meno complesse dal punto di vista internazionale. Nell’attuale contesto fortemente globalizzato le aziende spesso operano con team e attività distribuiti geograficamente. E se anche non lo fanno in prima persona di certo hanno a che fare, prima o poi, con Clienti che sono così organizzati. Dunque la capacità di gestione delle differenze culturali e delle complessità del commercio globale è una parte essenziale del management contemporaneo.

Conoscere il mondo, i diversi approcci culturali, le dinamiche internazionali che hanno impatto sul proprio business diventa vitale per la sopravvivenza e può aprire opportunità che fino a qualche anno fa erano impensabili. La consapevolezza e la conoscenza di questo contesto complesso è indispensabile per intuire il futuro, abbracciare il cambiamento oppure provare a realizzarlo da protagonisti per essere competitivi nel panorama globale.

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(© Javier Larrea)

Conclusioni

Il concetto di management oggi è caratterizzato da una maggiore enfasi sulla tecnologia, la flessibilità organizzativa, il benessere dei dipendenti, la responsabilità sociale e la capacità di adattarsi al cambiamento continuo. Questi elementi distintivi segnano una netta differenza rispetto ai modelli di gestione del passato, più gerarchici, rigidi e focalizzati quasi esclusivamente sul controllo e sulla produttività.

Un’evoluzione che riflette le esigenze di un mondo sempre più complesso e l’importanza crescente di valori come benessere, innovazione, sostenibilità e inclusione. Una direzione compatibile anche con le tendenze delle nuove generazioni nate in un mondo digitale, più veloce e alla ricerca di un significato superiore del loro lavoro, che si integri con la vita personale in una forma caratterizzata da equilibrio e motivazione.

I manager devono essere in grado di favorire il cambiamento e accompagnarlo nella direzione dell’efficienza, ma con attenzione a creare ambienti di lavoro motivanti e vivibili per individui che, prima che professionisti, sono persone con le loro necessità di sentirsi sicure, motivate e realizzate nel tentativo di fornire il proprio contributo e creare valore per se stessi e le organizzazioni per le quali lavorano.

“La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica”. Questa frase di Adriano Olivetti l’abbiamo letta e riletta in tante situazioni. Credo sia arrivato il momento di trasformarla in realtà, grazie alla spinta dei giovani e a un management moderno che riesca finalmente ad accompagnare il mondo del lavoro (e non solo) nella transizione verso una realtà equilibrata, giusta e ricca di opportunità per gli individui e le organizzazioni che saranno abbastanza preparate da riuscire a coglierle.