È guerra tra le big tech: come attrarre e trattenere i talenti?

scritto da il 10 Luglio 2024

Post di Benedetto Buono, founding partner della boutique di consulenza strategico-relazionale Buono & Partners e Direttore del Professional Program in Business Networking della POLIMI Graduate School of Management – 

Apple continua a sottrarre a Google decine di dipendenti per la costruzione di Vision Lab, laboratorio di sperimentazione per l’intelligenza artificiale basato a Zurigo e nato anche a seguito di diverse acquisizioni da parte della casa di Cupertino di startup che lavorano nel campo, come FaceShift e Fashwell: è guerra aperta per accaparrarsi i migliori talenti tra le big tech.

Apple, infatti, come è stato raccontato da un’inchiesta condotta dal Financial Times, prima di svelare al mondo le opportunità derivanti dall’accordo stretto con OpenAI, sembrava essere rimasta indietro nella corsa al mercato dell’AI. E così, proprio per colmare tale divario con le altre big tech, ha sottratto decine di esperti di intelligenza artificiale ad Alphabet (casa madre di Big G). Apple, in modalità shadow, ha quindi creato un laboratorio europeo a Zurigo, in Svizzera, noto come Vision Lab, dove i tecnici sfilati a Google formeranno una squadra per ridurre la distanza con i rivali.

L’inchiesta ha quindi scoperto come Apple abbia preso di mira soprattutto gli esperti di Alphabet, sottraendogli in tal modo circa una quarantina di dipendenti. Possono sembrare questi numeri piccoli, ma se visti in ottica relativa, rispetto a profili così altamente specializzati e sui quali la competizione ad accaparrarseli è molto forte, si può percepire l’entità dell’impatto derivante.

Tra i dipendenti in questione, nelle cronache, è spiccato il nome di John Giannandrea, ex responsabile dell’AI e della ricerca di Google, passato ad Apple nel 2018 come vicepresidente senior delle divisioni machine learning e AI strategy. Mentre la maggior parte degli esperti di Apple lavora in California, alcuni sono già operativi nel nuovo laboratorio svizzero.

Reti professionali e reputazione: le basi per attrarre talenti

In molti hanno recentemente dedicato approfondimenti a questa vicenda e, sebbene questi articoli non si concentrino esplicitamente sull’aspetto del capitale sociale, la strategia sottostante suggerisce che la capacità di Apple di attrarre i migliori talenti da Google probabilmente sfrutti anche le reti professionali e la reputazione esistente rispetto ad alcuni nomi “celebri” assunti dalla Mela (al fine di attivare un effetto magnetico nei confronti di altri talenti che subiscono il fascino di quei nomi). Ad esempio, l’assunzione di figure di spicco come il già citato John Giannandrea, che in precedenza ha guidato gli sforzi di Google nell’AI e nella ricerca, può aiutare ad attirare altri professionisti di alto livello, anche attraverso le rispettive reti consolidate.

Tra l’altro, creando un ambiente in cui i migliori ricercatori di intelligenza artificiale possono collaborare su progetti all’avanguardia, Apple, per esempio, rafforza contemporaneamente il suo capitale sociale, rendendosi una destinazione attraente per i migliori talenti del settore tecnologico.

Il caso di Apple è solo l’ultimo in ordine temporale in una serie di notizie relative che si susseguono ormai incessantemente. La guerra dei talenti tra le organizzazioni, quindi, si fa sempre più dura e le aziende si devono attrezzare per contrastarla.

Intercettare talenti restando “sotto traccia”

La “War for Talent” (Guerra dei Talenti) è una terminologia che negli ultimi periodi è diventata di moda nella business community internazionale e rappresenta la competizione che oggi si osserva tra le aziende per reclutare e trattenere risorse ad alto potenziale, in grado di conferire rapidamente un vantaggio competitivo alle stesse. Questo fenomeno è diventato rilevante, piazzandosi al centro del dibattito finanziario globale, a seguito, per esempio, delle vicende intercorse al proposito tra i due giganti del tech Apple e Google.

Ma come si fa a individuare, intercettare e portare a bordo i talenti più ambiti, restando contemporaneamente “sotto traccia”, per non svelare i propri intenti strategici ai competitor?

Una risposta di grande valore può risiedere nell’utilizzo del capitale relazionale, asset strategico per eccellenza a disposizione delle organizzazioni. Quando questo tipo di capitale viene utilizzato ai fini del recruiting, si entra nel cosiddetto mondo dell’employee referral, che indica proprio l’utilizzo delle segnalazioni da parte dei propri dipendenti per individuare e assumere i migliori sulla piazza. Per un’azienda, infatti, avviare una nuova ricerca di personale non significa solo coprire una posizione vacante e aggiungere nuove risorse al proprio organico, ma anche inserire nuove competenze più specializzate.

In questo senso, chi meglio dei propri dipendenti è consapevole di cosa cerca l’azienda e dei requisiti che un possibile candidato dovrebbe possedere? Quando i dipendenti diventano la fonte più immediata e diretta di candidati, fungendo da ponte verso l’azienda, ecco che si parla di employee referral.

Caccia ai talenti, il metodo trasferito dalle banche d’affari al tech

Le grandi organizzazioni normano i programmi di employee referral e retribuiscono lautamente i propri dipendenti che vi partecipano. Se questa tecnica veniva utilizzata, fino a qualche tempo fa, prevalentemente nel mondo della consulenza e delle banche d’affari, oggi è largamente sdoganata ed utilizzata, appunto, anche nel tech. I vantaggi sono diversi e vanno dalla velocità al minor costo rispetto all’ingaggio di head hunter esterni, ma – soprattutto – il principale beneficio di ricorrere a questa attività risiede nella fiducia “intermediata”: se un dipendente segnala una persona esterna all’organizzazione, evidentemente nutre della fiducia nei confronti di quest’ultima, un gran bel segnale per il potenziale datore di lavoro.

Le assunzioni tramite referral hanno anche il vantaggio di “viaggiare sottotraccia”, aiutando a tenere un basso profilo e non comunicare al mondo che, in un preciso momento, la data organizzazione sta investendo su determinati profili professionali, come nel caso di Apple.

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Il logo Apple davanti allo Store di Manhattan (Reuters)

Il valore inestimabile della fiducia

Ma ciò che fa la differenza quando si vuole agire il capitale relazionale, anche nel caso di tecniche di employee referrals, è la fiducia tra gli individui coinvolti. La fiducia è la moneta di scambio delle relazioni e non può essere industrializzata né digitalizzata, perché è un valore umano. Il digitale, semmai, può diventare importante canale di supporto nel mediare quella fiducia, ma laddove si tenta di “comprarla e venderla”, allora si fallisce.

In generale, le tecniche di employee referrals – cha a livelli apicali di potere assumono i lineamenti della cooptazione – vivono e si nutrono di relazioni e rapporti reali e nel reale, proprio perché la fiducia è qualcosa che si può costruire, completamente, soltanto nella dimensione reale. Occorrono anni per costruire e consolidare la fiducia tra gli individui e, certamente, il digitale può fungere da importante collettore e canale per mantenere e manutenere quella fiducia nel tempo.

La riscoperta del capitale relazionale

La guerra dei talenti, nel futuro e già nel presente, si vincerà anche attraverso la fiducia e, quindi, attraverso una riscoperta e valorizzazione dell’immenso capitale relazionale che già è disponibile all’interno delle organizzazioni, attraverso i propri collaboratori attuali.

su X (già Twitter) @bennybuono