2mila laureati in ingegneria informatica, dove vogliamo andare?

scritto da il 24 Giugno 2024

Duemila laureati in ingegneria informatica in Italia troppo pochi. I numeri non tornano: C’è la domanda di lavoro e, appunto, c’è l’offerta, la prima rappresentata da chi cerca talenti, mentre la seconda dai talenti stessi. Ci vengono in aiuto, a livello di vista dall’alto, le statistiche di Almalaurea relative a quanti hanno conseguito una laurea magistrale: nel 2022, in Italia, ci sono stati poco più di 2.200 laureati in ingegneria informatici, appena mille laureati in ingegneria elettronica, meno di 500 laureati in ingegneria elettrica e, qui c’è brindare, si fa per dire, 3.200 laureati meccanici. Questi numeri balzano all’occhio, se consideriamo i dati relativi, ad esempio, al settore dell’automotive dell’Emilia-Romagna: secondo l’aggregatore Innodata, in questa regione operano oltre 33mila imprese manifatturiere e più di 15mila aziende dell’automotive. Tante aziende, dunque, che hanno bisogno di professionisti da inserire.

FRANCESCO LEALI, UNIMORE: CERCASI LAUREATI STEM

I numeri, appunto, non tornano: «Non c’è solo la carenza di ingegneri, ma anche di profili tecnici a tutti i livelli – spiega a Econopoly Francesco Leali, professore ordinario di disegno industriale all’università degli studi di Modena e Reggio Emilia –. I dati ufficiali ci dicono che ci sono pochi laureati e che tra i laureati nelle discipline STEM (acronimo inglese di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) si registra una grande sofferenza in alcuni ambiti fondamentali per il sistema delle imprese: meno di 500 laureati in ingegneria elettrica all’anno in Italia sono, ad esempio, una cifra molto esigua rispetto alle esigenze del mercato».

Francesco Leali, professore ordinario di disegno industriale all’università degli studi di Modena e Reggio Emilia

Francesco Leali, professore ordinario di disegno industriale all’università degli studi di Modena e Reggio Emilia

MANCANO PASSERELLE TRA ITS E UNIVERSITÀ: 50% STUDENTI DELLE TRIENNALI ABBANDONANO

Dietro al grido d’allarme della carenza di profili STEM (con anche tante fughe di cervelli) ci sono diverse considerazioni da fare: «Nel nostro sistema formativo non ci sono passerelle in ingresso e in uscita e, dunque, perdiamo ogni anno un numero di studenti molto rilevante – prosegue Leali –. Chi fa un istituto tecnico superiore o ITS, ossia un percorso biennale per diventare un tecnico specializzato, non può accedere a un corso di laurea triennale, facendo ad esempio un anno aggiuntivo di studi. Inoltre, il dato che oggi è poco considerato è quello relativo al tasso di abbandono delle lauree triennali che, in molti casi, sfiora il 50 per cento: non esistono punti di osservazione su dove vadano questi studenti una volta usciti dal sistema formativo. Ciò che manca, dunque, è una visione d’insieme del sistema della formazione».

PIÙ IMPRESA NELL’UNIVERSITÀ E PIÙ UNIVERSITÀ NELL’IMPRESA

Dopo l’allarme, rappresentato dai 2mila laureati in ingegneria informatica in Italia e dai troppo pochi talenti che studiano le discipline STEM, ecco alcune possibili soluzioni. Anzitutto servono, come detto, delle passerelle tra i percorsi formativi realizzati dagli ITS di durata biennale e quelli universitari. Inoltre – aggiunge Leali – «serve un po’ più di impresa nel sistema universitario e un po’ più di università nel sistema della formazione delle imprese. La soluzione è quella della sempre maggiore integrazione tra il mondo accademico, la formazione tecnica e le imprese, con una prospettiva di un continuo aggiornamento. Oltre al raccordo, ci deve essere anche l’inserimento dell’insegnamento degli aspetti tecnico-industriali nella formazione secondaria come nei percorsi universitari».

IL CASO VIRTUOSO DI MUNER IN EMILIA-ROMAGNA

Un caso virtuoso è quello rappresentato dal MUNER, acronimo di Motorvehicle University of Emilia-Romagna, ossia il campus universitario diffuso, che dal 2017 propone un’offerta formativa all’avanguardia nel campo dell’ingegneria del veicolo: «Nel nostro consorzio l’università mette a disposizione delle imprese competenze formative e le imprese mettono a disposizione il loro sistema di laboratori e la loro capacità di finanziare attrezzature didattiche all’avanguardia. Ciascuno può e deve fare la propria parte per favorire la formazione lungo tutto il percorso di carriera dei lavoratori», conclude Leali, membro del comitato direttivo del MUNER.

Matteo Barsotti, HR Italy & Iberia di CNH

Matteo Barsotti, HR Italy & Iberia di CNH

MATTEO BARSOTTI, CNH: IL SEGRETO È INVESTIRE IN COMPETENZE

Torniamo al punto di partenza: 2mila laureati in ingegneria informatica in Italia e altre lauree STEM sono troppo pochi. E lato aziende? Cosa si sta facendo per attrarre i talenti? «La tecnologia è sempre più un asset chiave per lo sviluppo industriale, ma la Motor Valley ha una peculiarità che la rende inimitabile a livello mondiale ed è il giusto mix tra tecnologia, innovazione, creatività, cultura ed eccellenza, che sono da sempre elementi distintivi del nostro tessuto imprenditoriale e del nostro Paese – commenta a Econopoly Matteo Barsotti, HR Italy & Iberia di CNH –. Chi crede in queste peculiarità deve investire sulle competenze, che sono alla base del paradigma vincente della Motor Valley e questo è quello che sta facendo CNH, tramite la collaborazione con diversi poli universitari d’eccellenza su tutto il territorio nazionale, tra i quali il MUNER».

IL PIANO DEL PRODUTTORE DI TRATTORI: SUMMER CAMP, MASTER, VISITE IN FABBRICA

Una leva fondamentale, secondo CNH, «sono le visite in azienda tramite i summer camp, la partecipazione a master dedicati al segmento, nel nostro caso il percorso off-road che inizierà a settembre in ambito Muner – nota Barsotti –. Oltre a questo, è fondamentale supportare il ruolo dell’open innovation, quel dialogo continuo tra aziende che consente, alle piccole di apprendere dalle grandi e viceversa, arricchendo il capitale umano, la creatività e le conoscenze necessarie alla costruzione nel nostro caso, di soluzioni sostenibili per l’agricoltura del domani. Dal nostro osservatorio riscontriamo una crescita nella forza attrattiva che il nostro settore può attivare, seppure di nicchia rispetto ai marchi più blasonati del territorio. I giovani sono sempre più interessati al ruolo che l’agricoltura può giocare al servizio della sostenibilità e li stiamo incoraggiando a vederla come una carriera professionale, dinamica ed entusiasmante, ad alto contenuto tecnologico in un contesto multiculturale e internazionale».

POSSIBILITÀ DI FARE RICERCA IN AZIENDA LEVA DI ATTRAZIONE

Non ultimo – conclude Barsotti – è lo sviluppo della ricerca come leva di attrazione dei talenti: «Nel nostro centro ricerca di San Matteo, il principale hub di ricerca trattori di CNH in Europa, (focalizzato sullo sviluppo, l’elettrificazione e la validazione prodotto anche tramite realtà virtuale) e nello stabilimento produttivo di Modena, ci occupiamo nel contesto della Motor Valley dello sviluppo dei trattori di domani, quelli che si muoveranno con soluzioni sempre più sostenibili a tutela delle future generazioni. È questa la nostra peculiarità che ci consente di attrarre talenti».