categoria: Il denaro non dorme mai
Esg, principio di economicità e sostenibilità (sostenibile)
Post di Gianfranco Barbieri, Studio Barbieri & Associati Dottori Commercialisti –
Da qualche anno abbiamo iniziato a interessarci in maniera crescente a tutto ciò che passa comunemente sotto l’etichetta ESG, osservando questo nuovo spettro che si aggira per l’Europa alla luce del nostro vissuto di consulenti dediti prevalentemente alla salvaguardia della continuità aziendale, e chiedendoci se il mainstream stia andando nella direzione di favorire oppure ostacolare lo sviluppo industriale e una crescita virtuosa. Oggi non possiamo ancora definirci esperti (ma quanti davvero possono?), tuttavia il vantaggio nella partenza ci mette nella posizione di aver seguito l’evoluzione del dibattito e poter esprimere un punto di vista ben sedimentato, che da un paio d’anni sintetizziamo con lo slogan “sostenibilità sostenibile”.
Sostenibilità sostenibile: riscoprire il principio di economicità
Nei primi tempi il dibattito era in mano per lo più ai teorici della decrescita felice. Poi, anche i più aggressivi speculatori di Wall Street hanno intravisto facili guadagni nel green deal e, dal manifesto di Larry Fink in poi, si sono buttati a capofitto nel nuovo oceano blu. Il quadro delle posizioni in campo si completa con la categoria dei barricaderi no green e, come sempre, con la folta categoria degli indecisi.
Comprese le evidenti fragilità delle due distinte fazioni, tentiamo una sintesi in senso hegeliano, per superare gli ostacoli che ancora portano tantissimi a guardare la materia con malcelato scetticismo. Proponiamo di riscoprire i maestri dell’economia aziendale italiana, in particolare Gino Zappa e il suo principio di economicità. In fondo tutto ciò che può servire per sviluppare in maniera sostenibile il tema della sostenibilità è già lì dentro. O, in altri termini, il discorso ESG cade in evidente contraddizione se trascura il vincolo posto da tale principio.
Interessi in conflitto: dall’imprenditore, ai manager, agli azionisti, ai clienti
Se l’obiettivo dell’imprenditore for profit è, da statuto, quello di massimizzare il valore della propria impresa, e per farlo deve in primo luogo preservarne la continuità, qualunque azione posta in essere va orientata e resa compatibile a quel fine.
Nello stesso modo in cui incentivare gli amministratori a rincorrere trimestrali aggressive va contro al principio di economicità perché spolpa il valore a lungo termine, non si può nemmeno pretendere che gli interessi degli azionisti, che nell’impresa hanno investito i propri capitali (o nel caso delle PMI molto di più), siano sistematicamente sacrificati in favore di altri stakeholders, che portano all’impresa interessi e aspettative, ovvero costi, anziché ricavi.
Discorso a parte meritano i clienti: ma qui l’utilità e i ritorni attesi sono chiarissimi, perché ricadiamo in investimenti in sostenibilità, più o meno di facciata, che servono a rendere più attraente l’azienda e i suoi prodotti. Nulla più che marketing fatto bene, quindi. Lo sbandierato bene del pianeta, sotto questa luce, è un mezzo e non un fine.
Investimenti buoni e no
Nella teoria economica classica il limite all’ingerenza nella gestione dei vari portatori di interesse è semplice: le esternalità negative vanno compresse e, dove non si riesce a eliminarle, ripagate. L’eventuale surplus di restituzione, se non giustificabile come forma velata di risarcimento dell’impresa nei confronti del sistema economico da cui trae vantaggi, dovrebbe restare circoscritta a una libera scelta dei soci azionisti nel se e nel quanto.
Gli investimenti che migliorano l’economicità, sotto il profilo dell’efficacia o dell’efficienza vanno bene, per gli altri, invece, in una gestione aziendale sana non ci dovrebbe essere spazio.
Diviene chiaro che l’efficienza energetica è innanzitutto efficienza, e nella misura in cui realmente riduca i costi, si può star certi che verrà perseguita senza bisogno di incentivi o sussidi. Di tutt’altra natura sono invece le scelte di politica industriale con l’obiettivo di trasformare il sistema produttivo, indirizzandolo verso scelte che difficilmente sarebbero spontanee. In quel caso, si deve ricorrere a bastone e carota, obblighi e sanzioni da una parte, incentivi e sussidi dall’altra.
Suggerimento finale sulla sostenibilità (sostenibile): facciamola semplice
L’uso accorto della pressione sociale da parte dei policy makers, che pure ha un suo costo di attivazione e una serie di effetti collaterali, ottiene l’utile esito di ridurre la spesa pubblica necessaria a ottenere il risultato desiderato, aumentando l’adesione spontanea e delegando a sentinelle volontarie una buona parte del controllo.
Per concludere, il suggerimento che ci sentiamo di dare è: facciamola semplice. Riportiamo al centro del dibattito il principio di economicità e mettiamo imprenditori e imprese in condizione di capire cosa si chiede loro di fare e quali sono le conseguenze delle proprie scelte. Ci sono furbi, ci sono opportunisti, ci sono delinquenti, ma le brave persone per fortuna sono sempre molte di più, e sono queste ultime che vanno rispettate e coinvolte per ottenere cambiamenti significativi.