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Ci si può preparare per una crisi aziendale?
Post di Angelo Vergani, esperto nel campo del temporary e fondatore di Contract Manager –
Nessuno programma una crisi aziendale, succedono. Se ben gestite sono un volano per il rilancio dell’azienda, se non affrontate come si deve mettono in seria difficoltà il suo futuro. La sensazione che abbiamo è che il fenomeno della crisi si stia acutizzando, gli incessanti mutamenti che impattano sul mondo economico hanno creato turbolenze importanti e non siamo ancora del tutto consapevoli che oggi più che mai, bisogna prepararsi con molto anticipo rispetto ad eventi che sono diventati probabili.
Perché questo è un problema più grande ora rispetto al passato?
In primo luogo, vi è la crescente complessità dei prodotti e delle organizzazioni. Un nuovo prodotto oggi include controlli di tutti i generi: legali, informatici, di marketing. Le merci viaggiano per migliaia di chilometri e attraversano catene di approvvigionamento composte da molteplici intermediari e giurisdizioni multiple. Poi ci sono le guerre in corso che spostano letteralmente il traffico navale.
Infine, ci sono le aspettative degli stakeholder. I clienti, spesso in risposta a messaggi sui social media, sono più propensi a favorire o evitare il consumo di una certa merce per informazioni non controllabili e spesso fuorvianti.
Infine, la velocità delle operazioni commerciali – dalle comunicazioni rapide ai tempi più brevi per lo sviluppo dei prodotti – rende le crisi più probabili.
Ci si può preparare ad una crisi aziendale?
La risposta dovrebbe essere “sì”, ma la realtà è che le aziende cercano modi per prevenire le crisi ma quando nonostante tutto la crisi si manifesta pochi sono preparati ad affrontarla.
L’impreparazione ha conseguenze e contribuisce a spiegare perché le aziende travolte da una grande crisi spesso sottovalutano il suo costo finale da cinque a dieci volte. I dirigenti senior sono spesso sorpresi dalla rapidità con cui un problema apparentemente insignificante può trasformarsi in un evento che consuma e definisce l’azienda per gli anni a venire.
Dalle nostre esperienze, emerge l’utilità di analizzare una crisi distinguendo tra “minacce prioritarie” (le sfide legali, tecniche, operative e finanziarie interconnesse che costituiscono il nucleo della crisi) e “minacce complementari” (reazioni delle principali parti interessate alle sfide prioritarie). In sostanza, l’organizzazione non potrà iniziare il processo di ripristino finché non affronta le minacce prioritarie, ma affrontare prontamente le minacce complementari può fornire all’organizzazione il tempo necessario.
Quali sono le prime azioni da intraprendere?
Quando una crisi colpisce una delle prime azioni da intraprendere è quella di creare un team interfunzionale per delineare dettagliatamente le principali minacce prioritarie e complementari, consentendo all’azienda di formulare rapidamente decisioni cruciali sul percorso da seguire durante la crisi. Questo approccio aiuta l’organizzazione a determinare le priorità e a muoversi verso il recupero, anticipando gli eventi futuri invece di reagire solo agli sviluppi immediati.
Sebbene sia raro prevedere con esattezza gli sviluppi futuri, è altrettanto raro non cogliere la maggior parte delle conseguenze di secondo ordine. Anche se tendiamo ad essere ottimisti per natura, è importante riconoscere che avere una comprensione parziale della situazione è comunque prezioso nelle prime fasi di una crisi.
Questo fornirà una solida base per affrontare le principali sfide che influenzano l’esito della crisi: riuscire ad avere il controllo, razionalizzare la crescente emotività delle parti interessate, risolvere le minacce prioritarie che sono imminenti, analizzare e poi affrontare le cause profonde della crisi e riportare l’organizzazione a uno stato di stabilità nel lungo periodo. Alcune mosse sono legate all’immediatezza, altre invece si programmano e si pongono dei sistemi che indichino che il tragitto per uscire dalla crisi, è corretto.
Cosa succede nei momenti “caldi” di una crisi aziendale?
Durante una crisi aziendale, le normali regole operative dell’organizzazione vengono drasticamente sovvertite. I manager potrebbero agire in modo non coordinato, spinti dalle migliori intenzioni ma con informazioni incomplete o imprecise. Le reti informali fondate sulla fiducia e sui favori possono prendere il sopravvento sulle strutture formali di reporting. Alcuni dirigenti chiave potrebbero essere coinvolti direttamente nella crisi e incapaci di fornire una guida adeguata. L’incapacità di raggiungere un consenso può portare a strutture organizzative ingombranti, con decine di decision maker riuniti attorno a un tavolo, causando dispersione e disconnessione negli sforzi compiuti.
Ad un certo punto qualcuno deve farsene carico, ecco perché si può arrivare a dare una risposta efficace quando a guidare c’è un team ben gestito. Processi decisionali snelli, un leader senior a tempo pieno e un elevato livello di autorità decisionale sono requisiti indispensabili. Devono essere in grado di prendere e implementare decisioni rapidamente, mantenere la riservatezza e proteggere coloro che non sono coinvolti direttamente.
In questo modo, con un leader solido e riconosciuto da tutti, oltre che supportato dal cda, forma il team interfunzionale, che si occupa della crisi, coinvolgimento l’intera azienda e intervenendo rapidamente.
La prevenzione delle crisi è la risposta più opportuna oggi?
La prevenzione dei rischi resta un pilastro essenziale nella difesa aziendale contro i disastri, ma non basta più da sola. L’ambiente imprenditoriale odierno è caratterizzato da una crescente complessità, aumentando le probabilità di crisi aziendali. Tuttavia le aziende possono anticipare e prepararsi per affrontare efficacemente qualsiasi eventualità.